Detevilus project – ecco “Reborn”

Parte alla grande l’opera prima di Matteo Venegoni ossia Detevilus Project creatore ed esecutore unico di questo album il cui titolo “Reborn” è significativo per un artista dalla decennale esperienza che, in passato, ha prestato il suo contributo nei Nekrosun come chitarrista.

Il disco è un frullato di varie sfumature della musica metal, davvero ricco di richiami a queste che diventa una chicca per gli appassionati del genere. L’energia e l’intensità sono gli ingredienti base di praticamente tutti i brani dove spesso, ma non sempre, interviene a dare il tocco finale la voce di Venegoni con un vigoroso screaming e growls. La prima perla è “The Mirror Within” che rispetta la descrizione generale del prodotto dopo averci sedotto con una bella intro di piano. Davvero interessante anche il break col solo di chitarra elettrica dal sapore nordico.

Seguono altri due pezzi davvero bomba: Origins e Reborn. Il primo parte con un lungo preludio che sembra raccontare la storia di un’evoluzione musicale che muta nel corso dei minuti fino a crescere nel suo climax, a circa un terzo del brano, per tornare sulle ritmiche che (forse, ancora non lo sappiamo con certezza) caratterizzeranno l’intera pubblicazione. Le variazioni sono numerose e il brano suona come una degustazione delle numerose sfumature del genere totalmente strumentale. Come se fosse in contrapposizione ad Origins, troviamo Reborn, che ci introduce a se stessa con una intro di tastiera “sporcata” dal suono della chitarra elettrica che diventerà poi elemento dominante nel resto del pezzo. Il brano è stato il primo singolo estratto dall’album ed è ritenuto dall’artista il simbolo della sua rinascita musicale poiché descrive gli stati d’animo delle scelte artistiche fatte dal Venegoni. Da anche il nome all’intera opera. Entrambi i brani sono stati completati da video disponibili su Youtube.

Quello che segue non delude certo le aspettative dell’attento ascoltatore che porrà certamente la propria attenzione su brani come Dark Vibes, le cui colonne portanti sono costituite da energiche chitarre elettriche che sorreggono il peso di una strada fatta di suoni ricchi di intensità, o Warrior che appare la normale evoluzione del pezzo precedente dove troviamo molto interessanti le batterie.

Da menzionare Mus che sembra qualcosa di diverso rispetto ai brani che la precedono. Pur mantenendo un’anima indubbiamente “core”, esprime tanta dolcezza e diventa un piacevole intermezzo, anche necessario se possiamo dirlo, per una più interessata “lettura” di quello che seguirà.

Carve the Flesh è un altro pezzo molto intrigante per la complessità delle strutture e delle melodie da assaporare più e più volte col finale ricco di delay e riverberi.

Nei pezzi finali da segnalare Stream of Consciounsness, che ci allontana un po’ dagli orizzonti sonori dell’album predisponendoci meglio all’ascolto degli ultimi brani, Altered State che propone un arpeggio in ingresso in piena linea con i temi proposti nel disco abilmente miscelato alle chitarre elettriche dalle sonorità esotiche che trasportano abilmente e rapidamente l’ascoltatore verso la chiusura con Cradle, che vanta un’autentica delizia in intro e in outro, e Forgive Us che è forse il brano, sicuramente almeno per la metà, più distante dal main theme dell’intero disco dove Venegoni ci fa sentire la voce clean che l’artista deve (un consiglio) davvero riproporre in futuro perché è notevole. Il pezzo chiude tornando sulle linee dell’album seppur con toni molto meno accentuati ma con indiscutibili richiami metal.