Limbadi: da simbolo negativo a modello di rinascita per il Vibonese e per la Calabria

Nicola Rombolà

E’ urgente raccontare e scrivere una nuova storia per Limbadi, a partire dalle prossime elezioni amministrative. Dopo un periodo drammatico di crisi e incertezza a causa del Covid 19 e dopo due anni di commissariamento del Comune, è fondamentale guardare il futuro con occhi diversi. Ad ognuno di noi, cittadini di Limbadi e della Repubblica italiana, tocca la responsabilità di  pensare al destino delle nuove generazioni e dare loro la possibilità di vivere in un ambiente in cui possano respirare un’aria pulita e crescere in armonia. Questo significa che abbiamo davanti una sfida epocale da affrontare e che bisogna gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Il nome di Limbadi nell’immaginario collettivo locale e nazionale, è associato alla presenza opprimente del clan dei Mancuso. Come agire affinché chiunque nasca e decida di vivere nel suo territorio, non debba sentirsi marchiato da questa narrazione negativa e distorta? In prima istanza è necessario demolire i vecchi e consunti retaggi  e svestire quei logori panni indossati per decenni, che emanano cattivi odori.

I cittadini di Limbadi non sono figli di un dio minore predestinati ad essere folgorati dalla novella Medusa (‘ndrangheta) che pietrifica con il suo sguardo magnetico. Mediaticamente è comodo creare degli stereotipi e vendere un prodotto preconfezionato che proietta lo spettacolo del brutto e della brutalità ad un pubblico affamato di luoghi comuni generati da un complesso di inferiorità entrato nell’inconscio e nelle viscere, costruito sull’ideologia del capo, del padrone o del presunto salvatore della patria.

Per questo, attraverso un impegno etico, collettivo e civile, con coraggio e passione, è necessario avviare un laboratorio politico-culturale che abbia nel suo DNA una rivoluzione ecologico-sociale, che parta dai giovani, dalla scuola, dalla Chiesa, dal mondo delle associazioni. Perché dalla sorte del Comune di Limbadi dipende il destino del Vibonese e della Calabria. Se soffre un dito soffre l’intera mano e se patisce una mano patirà tutto il corpo, come testimonia il poeta persiano Sa’di di Shiraz negli illuminanti versi impressi all’entrata del Palazzo dell’ONU. Il destino di Limbadi non appartiene soltanto alla sua comunità, ma a tutti coloro che lottano per restituire giustizia e dignità ad ogni essere umano, come è ribadito nell’art. 3 della Costituzione. I cittadini del Comune di Limbadi sono parte integrante di un Paese che ha una Costituzione, delle leggi e delle istituzioni democratiche. E se in questo territorio si è generato un tumore significa che la responsabilità è anche dei rappresentanti istituzionali che non hanno saputo dare le risposte adeguate per curare questa malattia, o per complicità o per incapacità o per indifferenza. Non si può pensare che sulle fragili spalle di un uomo malfermo si possa caricare un peso enorme. E’ troppo comodo scaricare le colpe sugli altri, con il solito rituale del capro espiatorio. 

Limbadi non è un’isola di un altro mondo, non è formata da cittadini che sono portatori di una mutazione genetica pericolosa per la salute pubblica. Ogni bambino che vi nasce (compreso i figli dei Mancuso) ha gli stessi diritti degli altri bambini che nascono altrove: deve crescere in un ambiente sano e armonico e poter vivere la gioia, la spensieratezza e imparare il linguaggio della bellezza e non certo il lessico spregevole, volgare e aggressivo che impera negli ambienti criminali (e non solo, se pensiamo a quello che succede sui social). Non è accettabile la discriminazione: umanamente, eticamente, cristianamente, spiritualmente. E ci dobbiamo ribellare ad ogni ingiustizia e rivendicare i sacrosanti diritti, per tutti, universalmente.

Le istituzioni democratiche e la società civile, dal mondo della Chiesa a coloro che si dichiarano intellettuali ed educatori (docenti di ogni ordine e grado, scrittori, artisti, imprenditori onesti,  o semplici e liberi cittadini), non possono chiamarsi fuori da questa sfida e da questo impegno per il bene, per la giustizia e contro ogni forma di corruzione, criminalità e discriminazione sociale e umana. Tutti si debbono sentire chiamati in causa e aiutare Limbadi a redimersi avviando un progetto politico e culturale che può essere esemplare per tutto il Paese. Ma questo vuol dire anche che bisogna far partorire, con l’arte maieutica della cultura e dell’incontro, un movimento che prenda consapevolezza delle proprie risorse ed essere protagonista di una nuova stagione di rinascita. La sfida è impari? Si tratta di credere e avere una visione del futuro e di ciò che si muove dietro e dentro i fenomeni. Solo l’attesa della luce può dissipare le tenebre: “un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”, aveva affermato Nelson Mandela. Il faro è rappresentato dai principi sanciti nella Costituzione e nel messaggio evangelico.

Il tessuto e la struttura sociale e civile di Limbadi parte da basi che nel tempo si sono consolidate e sulle quali si può investire per ribaltare il modello mediatico negativo. La comunità ha dimostrato, nonostante la presenza asfissiante del clan dei Mancuso e dei suoi affiliati, la capacità di creare, produrre e di mandare avanti una economia sana. Inoltre ha conservato nei decenni il valore dell’educazione, cioè ha mantenuto in piedi una struttura pedagogica eccellente, a partire dalla prima infanzia, costruita con passione e professionalità dai dirigenti e dal personale scolastico tutto. Senza contare che ha stretto dei forti e saldi legami con la Chiesa. E come ha ribadito in diverse occasione il Commissario straordinario, il prefetto Antonio Reppucci, solo una piccola percentuale di cittadini non paga le tasse, e ciò significa che è presente una coscienza civile esemplare. Dunque il terreno su cui seminare è fertile ma anche roccioso per poter edificare un nuovo progetto.

I cittadini di Limbadi devono prendere consapevolezza di queste importanti risorse umane e materiali. Allora è fondamentale uscire da quelle logiche che in questi decenni non hanno fatto altro che perpetrare divisioni, sterili ambizioni personalistiche, senza alcun progetto e visione politica e culturale, ma solo per il desiderio di contrapposizione e di essere protagonisti di se stessi. E’ chiaro che se vincono queste logiche si perde tutti: e perdono principalmente le nuove generazioni. Invece deve prevalere la coscienza e la responsabilità etica. Sul territorio di Limbadi ci sono tanti tesori nel campo dell’agricoltura, dell’artigianato, dell’industria. Il paesaggio è dominato dalla maestosa ricchezza degli ulivi con tanti oleifici e aziende rurali. C’è tanta gente onesta che si impegna con sacrificio per dare un futuro dignitoso ai propri figli e che lotta affinché questi giovani non debbano fuggire da disperati. E’ venuta l’ora di dire basta ad una storia che non racconta la luce ma solo le tenebre. Questo manifesto-appello continua il coraggioso lavoro culturale e politico di impegno tracciato con il movimento di Carlo Tansi, “Tesoro Calabria”. Nasce da quella importante esperienza per le elezioni regionali, con la forte denuncia contro quei poteri intrecciati con la criminalità organizzata, che hanno colonizzato e inquinato le istituzioni da 50 anni, determinando un profondo degrado ambientale, ecologico, politico, culturale, etico e civile, per ridare dignità e bellezza ai tantissimi calabresi onesti che subiscono oltraggi e menzogne da parte dei soliti mercenari e predoni che continuano a depredare i tanti tesori che ha la Calabria.