Morto Peter Green, una delle figure più leggendarie della storia del rock

Musica internazionale in lutto per la morte di Peter Green, uno dei chitarristi più influenti e amati del rock anni ’60 e ’70. Peter Green, co-fondatore dei Fleetwood Mac e poi leggendario solista, è morto a 73 anni. Si è spento “pacificamente nel sonno”. Lo ha comunicato la sua famiglia.

Peter Green, il cui vero nome era Peter Allen Greenbaum, era nato a Londra nel 1946. Salì alla ribalta nel 1966, quando fu chiamato a sostituire Eric Clapton nei Bluesbreakers di John Mayall, la blues band inglese più celebre degli anni Sessanta. Insieme a Mick Fleetwood e John McVie, anche loro nella band di Mayall, e al chitarrista Jeremy Spencer decise di formare un nuovo gruppo destinato a fare la storia. I Fleetwood Mac entrarono in scena imponendo uno stile legato al blues, ma nel giro di un paio d’anni Green decise di abbandonare la band per divergenze personali e artistiche. Il 20 maggio del 1970 tenne il suo ultimo concerto con la band.

Il chitarrista, alle prese con problemi di instabilità mentale decise di intraprendere una carriera solista e di abbandonare la strada del blues per dedicarsi a una forma musicale inedita e totalmente d’avanguardia. Il suo esordio solista, The end of the game, rimane uno dei dischi più coraggiosi e sperimentali dell’intera storia del rock. Dopo quell’album, i suoi problemi mentali lo trascinarono in un vortice che lo portò a sparire dalle scene per tutto il decennio.

Dopo ricoveri e degenze Green tornò sulle scene nel 1979 con l’album In the skies. Si tratta di un disco rilassato, godibile, ma lontano parente del frenetico e visionario suono di dieci anni prima. Dal suo rientro l’arista pubblicò una serie di dischi di morbido blues privi di grande ispirazione. Dopo una nuova pausa, durata più di dieci anni, Green si ripresentò sulle scene nel 1997 con una nuova band, The Splinter Group, che riuniva vecchie glorie della scena inglese come Nigel Watson e Cozy Powell. Dopo l’album omonimo, con gli Splinter pubblicò altri sette dischi, rimanendo nel solco di un blues gradevole ma privo di grinta, in cui però il Robert Johnson Songbook restituì dignità a una stella che si è spenta troppo presto. Nel 1988 entrò a far parte della Rock And Roll Hall Of Fame insieme ai Fleetwood Mac.