Al Vespro

Al Vespro

Di Vincenzo Calafiore

04 Luglio 2020 Udine

“…. al vespro pian pian

tornano a riva a flotte gabbiani stanchi

di lunghe traversate;

la spiaggia si riempie.

E’ un tempo seduto ad aspettare il rostro a sera

la mente si riempie, folate di ricordi, viene

voglia di sdraiarsi e addormentarsi e svegliarsi

in un’altra alba, un altro equo.

E la marea?  La marea chi le riserverà il bacio?

Allora mi accuccio nella sabbia calda

In attesa di un lasciapassare per l’immenso … “

                                 ( Cit.) Vincenzo Calafiore

Queste notti di luglio passate a guardare il cielo, una finestra lontano dal mondo; s’ode il respiro acerbo dell’anima e il respirare lento del tempo che scivola piano, in queste notti di luglio io ti penso ad ascoltare le mie parole che vanno dritte al cuore, in questi momenti con l’aria che muore alle labbra serrate, conosco bene la mia vita che tanto ha di te nei barlumi di speranze che vanno sempre più affievolendosi in un amore vissuto e voluto da solo.  

C’è nell’aria un odore dolce e cruento nella lontananza di dolcezze e lunghe attese, è la lentezza del pensiero coagulato ai bordi di un’esistenza quasi immaginaria.

Non possono certo bastare i ricordi di braccia e corpi intrecciati e labbra di rosa spina appena increspate dal desiderio.

Non bastano per lasciarsi andare al desiderio di un ritorno che sa già di saluto, amore di rimpianto e di ritorno che conosce la mia vita e non poterne parlare, se non alle stelle che da lassù mi schiacciano sul deserto attorno, e il silenzio del vuoto.

E’ così difficile il ritorno in queste notti ferite da non lasciarsi andare, in queste notti da solo che non si vede il futuro, non si può ascoltare, ma solo ricordare i profumi e le essenze di un amore tanto vicino da poterlo toccare.

Sento che guardando il vuoto mi giungono antichi malesseri, tracce di antiche battaglie di una lunga attesa persa nel nulla.

Ti sento così vicina con quel corpo tanto amato, con quegl’occhi così a lungo guardati, con quelle labbra accarezzate in punta di labbra.

Guardo lì fuori, lo spettacolo di stelle che vanno sfumando all’orizzonte, tra poco la luce taglierà il cielo, accende di candore le nuvole, si confonderà con esse, mi sembra essere il loro pastore, parto e ritorno: tu non ci sei da tempo!

Non ci sei più.

Ho voglia di non pensare, di andare lontano lontano, salire, come un bambino col suo cavalluccio di legno, sopra quelle nuvole bianche che insegue un sogno e vuole seguirlo, raggiungerlo, in vicinanza del mare, prima che si nasconda nell’acqua.

Sento un nodo alla gola, anche questa volta sono riuscito a trattenere il pianto, penso ad altro come faccio quando sono in difficoltà, il singhiozzo sfuma lentamente in un dolore che il tempo probabilmente addolcirà, magari reso piacevole, ma mi porterò dentro per sempre, amore senza rimpianto senza confronto.