Profumo di gelsomini

“ … non sai cos’è, ma la senti dentro è un rumore sordo, lento e continuo alla fine ti lascia completamente svuotato di vita. Non sai cos’è, eppure ha voce tagliente come una lama, non fai mai in tempo di ascoltarla che           ha già tolto ogni ricordo, ogni sogno, e rimane solo che la voglia di piangere…. “

                                                                           Vincenzo Calafiore

La “ morte “ peggiore è la solitudine imposta, quella che quando meno te l’aspetti ti viene rovesciata addosso, è come essere in balia di un mare grosso, di onde alte che per diletto ti portano in cima e poi ti lasciano cadere nel loro ventre tagliente e spumeggiante.

Questa è una di quelle notti da vicolo dei miracoli, è una notte che vedo lontana, mentre ascolto la musica leggera che viene dal mare, c’è un vento freddo che viene da lontano…. I ricordi si ammucchiano sulla riva in attesa di un colpo di mare che li riporti in vita.

Sapessi Tu, quanto ti Amo!

Sei come il vino bevuto da solo a un tavolo, che mi prende la testa, in questo tempo mio sbandato, sono come uno lasciato in un parcheggio vuoto in capo al mondo, questo mondo che sempre meno capisco, sempre meno amo, sempre più mi allontana, sempre più desiderio di andare via.

E’ una notte in cui ti ho attesa e mi confondono i tuoi seni che conosco a memoria che le mie mani cercano e sanno poco adesso dell’amore … è un inganno della mia mente.

Sei quella musica leggera, così leggera da farmi sognare l’amore che non c’è su questo treno che sta correndo veloce su binari lunari, mi porta via da te col mio biglietto senza ritorno.

Guardo laggiù e vedo il mare, e penso a cosa ci sia laggiù oltre quel blu…. Ma

ho perduto l’ultima marea e non ce la faccio più a tornare ho in me un altro mare che nasconde tempeste, sono ormai un uomo che non capisce che bisogno ci sia di partire, per poi tornare sulla stessa riva, forse se Tu mi aiuteresti ce la potrei fare.

C’è il bisogno di raccontarsi per sopravvivere alla morte felice, delle favole, e che il mondo mio non è sempre uguale, i luoghi dove io abito hanno un’anima che formano la mia.

Lì mi sento a mio agio, sereno, senza passato … e immagino di essere io stesso un luogo, un luogo dove poter vivere …. Ma “ vivere” vuole l’amore e l’amore forse non mi conosce o non vuole conoscermi, o sono io a non conoscerlo. Fisso l’orizzonte, un orizzonte lontano, come per cercare un mio doppio felice.

Ti avvicini e cerchi la mia testa da accarezzare, poggi la tua sulla mia spalla, come per dire: qualcosa rimane, non tutto è andato perduto.

Mi abbracci come per confermare che noi due, io e te, non siamo scomparsi ma siamo qui come un “ Ego Sum “ …

dimmi quanti anni di solitudine ho?

Mi alzo e vado alla finestra, quasi per acciuffare l’ultima luna, come fosse l’ultima marea, per viaggiare, per raccontare ai nomadi dei miei deserti che c’è una città in cui gli uomini raccolgono i gelsomini per profumare i veli della notte!

Dimmi chi sono io?

Sai, sono stanco di mezze menzogne, di schermaglie, di parole buttate lì a casaccio come per riempire un rigo; l’anima vuole un cuore che batti piano, un cuore che sappia portare ovunque amore, ma è così difficile? L’amore vuole un cuore, un cuore per cui varcare i silenzi, un cuore che lo sappia riconoscere al buio, nel sole, nelle distanze, nelle lontananze.

Amami, non abbandonarmi in un parcheggio in capo al mondo, vuoto perfino di vento.