I grillini hanno nostalgia di Salvini: Di Maio pensa alle urne

La lotta all’evasione fiscale si deve fare ma non si deve trasformare in una “guerra tra poveri”. Luigi Di Maio ora ha nostalgia di Matteo Salvini. Il governo delle tasse, il Conte bis, nato con i dem, rischia di affondare definitivamente i grillini. Il premier è piuttosto irritato per “un’eccessiva cautela da parte dei 5 Stelle sulla lotta all’evasione”. L’ex vice premier grillino non ci sta. Chiede il carcere e la confisca per chi evade più di 100 mila euro ma non vuole penalizzare gli italiani. “In passato abbiamo assistito a uno stato forte con i deboli e debole con i forti, uno Stato che preferiva accanirsi su commercianti, artigiani, parrucchieri, elettricisti, invece di andare a rompere le scatole ai colossi finanziari, alle multinazionali, ai grandi evasori”. Luigi Di Maio contesta il limite del contante, che scenderà gradualmente a mille euro nel 2022 e l’obbligo del Pos con le multe ai commercianti. Se passassero si darebbe “un segnale culturale devastante”. Critiche anche sulla stretta per la partita Iva. “Saremmo d’accordissimo ad abbassare il cuneo fiscale, ma che senso ha farlo dando 40-50 euro in più ai lavoratori dipendenti e prendendoli dalle partite Iva che si spezzano la schiena giorno e notte, senza welfare, garanzie e sanità?”. Meglio prenderli, dice, aumentando le concessioni autostradali. Di Maio fa i suoi calcoli, punta a tutelare il suo bacino elettorale. E avvisa il premier: “siamo in una repubblica parlamentare dove decide il Parlamento”. I grillini specificano di avere “espresso liberamente, come sempre, la propria posizione. Non si tratta, quindi, di ultimatum o minacce come scrivono i giornali. Il presidente Conte ha tutta la nostra fiducia e siamo sicuri che la nostra posizione verrà presa in considerazione da tutti. Ribadiamo il massimo sostegno all’azione di governo”. Il Governo arriverà a mangiare il panettone? Come scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera “Di Maio sta con Renzi perché insieme hanno interesse a logorare Conte e il Pd di Zingaretti. Palazzo Chigi e Nazareno…stavano già elaborando un piano B”. Secondo la ricostruzione giornalistica “stavolta sì che il premier si dimetterebbe, e il leader dem lo asseconderebbe, ritirando la delegazione da Palazzo Chigi e dichiarando l’indisponbilità ad altre opzioni di governo, con l’obiettivo di andare subito alle urne. Prima che il referendum formalizzi il taglio dei parlamentari e prima che le Camere modifichino il sistema elettorale. In tal caso si voterebbe con il Rosatellum, che per Renzi e Di Maio è criptonite, siccome li costringerebbe a schierarsi in un sistema di alleanze”. “Il piano B è più di una suggestione: il premier e il leader del Pd sono garanti degli attuali equilibri ma sono anche garantiti da questi equilibri. Qualsiasi nuova soluzione li porrebbe ai margini. La priorità è l’approvazione della manovra, per quanto entrambi abbiano capito che il Parlamento rischi di trasformarsi in un far west, dove il protagonista della rottamazione si potrebbe metterebbe alla testa di una battaglia di retroguardia”. Ma osserva Verderami la situazione è caotica. “L’unico decreto in esame al Senato — quello sull’Ilva firmato da Di Maio — sconta la fronda dei grillini guidati dalla Lezzi, che da ministro aveva approvato il provvedimento. I Cinquestelle sono così spaccati che lo stallo si proietta sulle nomine, compresa la Cdp, dove addirittura l’opposizione potrebbe diventare maggioranza”.