Salvini e Di Maio fuori dai giochi: nasce così il governo giallorosso benedetto da Grillo

Grillini al centro della scena corteggiati sia da Matteo Salvini sia dai pontieri dem. Ma il futuro del nuovo Governo passa dalle sorti interne degli uomini di Grillo. Sarà un esecutivo con il Pd con la conseguente fine della leadership di Luigi Di Maio? O una riedizione gialloverde?. I grillini, con la benedizione di Beppe Grillo, definiscono il leghista un “barbaro”, “un interlocutore non più credibile e inaffidabile” e tutto lascia pensare che lo sguardo sia rivolto al Pd. “Una fonte molto vicina ai vertici a metà mattinata anticipava ciò che sarebbe successo: Oggi è una giornata decisiva”. Lo scrive huffingtonpost. Matteo Salvini ufficialmente chiede ai grillini di essere riaccolto mentre loro, riuniti nella villa di Beppe Grillo a Marina di Bibbona, riflettono. Nessuno dice più che il forno con la Lega sia davvero chiuso. Oltre a Luigi Di Maio e ai capigruppo D’Uva e Patuanelli, c’è Alessandro Di Battista, tra i primi a dire che l’alleanza con la Lega vada interrotta, ma nello stesso tempo acerrimo nemico del Pd renziano. Roberto Fico, l’esponente più a sinistra del Movimento, parla costantemente con il capogruppo Pd Graziano Delrio dal primo momento in cui il negoziato con i dem è stato avviato. Paola Taverna, nonostante una frattura nei rapporti con Di Maio, ora ha di nuovo un ruolo di primo piano. Presente anche Davide Casaleggio. Ad aprire a un’alleanza con il Pd era stato proprio Beppe Grillo. E il fondatore non ha cambiato idea. Anzi, mette in guardia il capo politico da possibili trappole leghiste. Ma Di Maio ha la strada stretta. Il negoziato con il Pd non è affatto facile. Il segretario Nicola Zingaretti per ora chiede discontinuità, sia negli uomini sia nel programma. Il rischio, per il capo pentastellato e per l’intera classe dirigente, è quello di essere messi da parte. Ma tanti angoli si possono smussare. Tuttavia l’idea di tornare con la Lega, in questo momento indebolita e disposta a cedere molto, stuzzica il vice premier grillino perché in fondo, come dice un esponente esperto di trattative, “quelli lì (i leghisti ndr) pur di non stare tre anni all’opposizione sono disposti a tutto”.