Odi et amo. Ritorna Catullo e il teatro delle maschere nude di Pirandello con protagonisti Di Maio-Salvini.

Dopo don Lorenzo Milani ancora una condanna per parrhasia ad una docente di Palermo, Rosa Maria Dell’Aria. Non scholae sed vitae discimus, Non impariamo per la scuola, ma per la vita  (Seneca, Lettera a Lucilio) Nel diario di quest’anno scolastico si stanno scrivendo le ultime pagine. Ma il racconto che viene fuori sembra inverosimile: la sospensione, da parte dell’Ufficio scolastico provinciale, della docente Rosa Maria Dell’Aria, insegnante di Italiano e Storia all’Istituto industriale “Vittorio Emanuele III” di Palermo. La docente è rea per non aver vigilato nella proiezione di un video nel giorno della memoria, 27 gennaio, in cui si accostava la promulgazione delle leggi razziali del 1938 ai provvedimenti del decreto Sicurezza a firma di Matteo Salvini. Tradotto: aver cercato di aprire la porta della conoscenza ai suoi studenti. Stessa sorte, come si ricorderà, era toccata a don Lorenzo Milani per aver difeso l’obiezione di coscienza dei 31 ragazzi, applicando il principio della parrashia: il primato della coscienza e la responsabilità delle proprie scelte contro ogni forma di disumanità, come ha testimoniato nella “Lettera ai giudici” (1965). La storia di questo Paese sta pericolosamente virando verso “la zona grigia della banalità del male”. Ce lo ricorda ad perpetuam rei memorian, a memoria perpetua, Primo Levi, con “Se questo è un uomo”, ma anche quando affronta la dinamica del potere nella “zona grigia” un anno prima della sua morte (1987) ne I sommersi e i salvati : “Il potere è come la droga: il bisogno dell’uno e dell’altra è ignoto a chi non li ha provati, ma dopo l’iniziazione, che può essere fortuita, nasce la dipendenza e la necessità di dosi sempre più alte; nasce anche il rifiuto della realtà e il ritorno ai sogni infantili di onnipotenza”. Fa da eco il commento di Paolo Flores d’Arcais: “E’ nozione comune, dopo Freud, che l’uomo possieda una spinta a dimenticare, non sapere, rimuovere, ogni qualvolta la conoscenza o il ricordo siano scomodi, rischiosi, inquietanti. Si rimuove per difendersi, ma con ciò si rischia anche, poiché il rifiuto della lucidità è promessa di nevrosi” (La colpa di dimenticare, in “I sommersi e i salvati” 1991). È lo stesso padre della psicoanalisi a fornirci un’ulteriore chiave di lettura in Psicologia delle masse e analisi dell’io (1921): La massa è un gregge docile che non può vivere senza un padrone. È talmente assetata di obbedienza da sottomettersi istintivamente a chiunque se ne proclami padrone. La massa è impulsiva, mutevole e irritabile. È governata quasi per intero dall’inconscio. A seconda delle circostanze gli impulsi cui la massa obbedisce possono essere nobili o crudeli, eroici o pusillamini; essi sono però comunque imperiosi al punto da non lasciar sussistere l’interesse personale, neanche quello dell’autoconservazione” . Lo stiamo constatando, la Scuola e i docenti sono sotto attacco sia dall’alto che dal basso, forse perché tra i banchi si vive lo stare insieme e ancora si insegna a non avere padroni, ad esercitarsi nel confronto, nel dialogo e nella conquista delle libertà. Per questo la Scuola mette in luce le profonde contraddizioni che vive questa società che ha smarrito la diritta via, in particolare da quando sono penetrati nella vita delle persone i social. Così l’umanità si ritrova ad attraversare l’odierna oscurità infernale, quella labirintica, del minotauro che divora, senza il filo d’amore di Arianna che ci fa uscire alla luce. Ritorna alla mente l’ultima risposta di Marco Polo a Kublai Kan ne “Le città invisibili” di Italo Calvino: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce ne uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto da non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Parole incredibilmente profetiche che illuminano la vicenda che ha visto protagonista Rosa Mari dell’Aria e quanto accade in questa società dove va in scena l’eclisse della ragione e della coscienza risucchiata nel baratro dei social dominati dagli algoritmi che sono diventati i nuovi deus ex machina, per centrifugare i pensieri e le idee (non finisce di ammonirci il famoso dipinto di Francisco Goya “Il sonno della ragione genera mostri”). Allora è sempre più urgente andare lontano per cercare le risposte, in questo caso ritornare all’origine della parola “scuola”. È fondamentale scavare per aprire e scoprire come fanno i contadini con l’aratro per poter seminare; scavare e scoprire ciò che è sotterrato, ciò che è nascosto, come fanno gli archeologi. Questo lavoro “maieutico” è un parto di cultura, di verità e di luce, come ci insegna il significato etimologico alétheia , “dischiudimento”, “svelamento”, “scoprire ciò che è nascosto”. La verità della parola “scuola” sta dentro la sua derivazione greca, σχολή (scholè):  il tempo in cui ci si riposava dalle fatiche della vita quotidiana per dedicarsi allo studio, al ragionamento, alla riflessione, alla libertà, alla cura di sé e del sapere (sophia), che corrisponde all’otium dei latini dopo il negotium, l’attività lavorativa.  Ma c’è di più. Il provvedimento contro l’insegnante di Palermo ci racconta che fare l’apologia del fascismo è lecito (sono tanti gli episodi che lo testimoniano), manifestare contro invece è diventato un reato: in pratica si cancella lo spirito dei padri costituenti e della Costituzione. Ci chiediamo come sia stato possibile. È solo effetto della propaganda demagogica del populismo sovranista di Salvini e della deriva razzista e discriminatoria di cui è responsabile tutta la compagine governativa gialloverde ? O è solo l’effetto della mutazione antropologica che i social hanno portato al punto estremo di rottura? O forse ancora è questa pseudo libertà di eruttare il magmatico livore di una società che ha incubato nella pancia un virus fecondato da un modello individualista e narcisista, che si porta dentro tutta l’indifferenza verso la sorte degli altri esseri umani, con l’ideologia aridamente materialista dei consumi in cui la camera dell’eco dei social è diventata la dimora di un’incontrollabile delirio dell’ego? Certo quello che sta accadendo deve preoccupare, deve far riflettere sulla mutazione sociale e antropologica del “popolo”, come aveva analizzato e denunciato Pier Paolo Pasolini nei primi anni Settanta. In questi tempi di maggio in cui cominciano ad affiorare le lucciole sarebbe salutare rileggersi quanto aveva scritto quel lontano-vicino primo febbraio del 1975 con “L’articolo delle lucciole”  in cui ha proiettato le immagini e i comportamenti che vediamo imperversare sui nuovi palcoscenici mediatici. La sensazione è che in questo Paese ci sia la tentazione di rovesciare valori e principi che hanno fondato e costruito la Repubblica, logorare il tessuto democratico della convivenza civile; o meglio, nell’epoca della post verità, emerge il desiderio di resettare la capacità di compiere una riflessione di carattere storico-culturale sul significato delle parole come mattoni fondanti e fondamentali delle idee e del pensiero, sul ruolo della Scuola e dell’insegnamento tracciato nel nostro ordinamento costituzionale: come luogo di aratura, semina e cura per la maturazione culturale del pensiero e soprattutto della “dignità” delle persone. In sintesi la missione  di ogni Scuola – che non può relegarsi soltanto alle ore che si trascorrono in classe – è quello di tradurre tutto ciò che dimora nell’oscurità con il linguaggio della conoscenza: affinché possa diventare coscienza, luce. Ciò significa offrire e donare degli strumenti culturali per poter leggere il mondo e interrogarlo in una visione possibilmente aperta, capace di contemplare umanamente, eticamente e spiritualmente il prossimo, l’altro, per guardare e giudicare – senza pregiudizi –  non solo il presente con il suo imperante, assordante e babelico logos, diventato caos e delirio, ma soprattutto ciò che c’è dietro e dentro questo riverbero che acceca gli occhi e la mente. Perché nello specchio di questi tempi, si stanno sprigionando fumi molto tossici, che inquinano e avvelenano, non solo il corpo, ma in special modo l’anima. Tutto accade sotto i nostri sguardi narcotizzati, non più in grado di fermarsi e contemplare l’Infinito come aveva fatto Leopardi due secoli fa per oltrepassare la siepe con la potenza dell’immaginazione e “domandare la formula” che possa aprire nuovi e antichi mondi, per parafrasare il noto “osso di seppia” di Eugenio Montale “Non chiederci la parola”. L’impresa titanica sarebbe quella di mettere insieme le tessere del grande mosaico per leggere i segni e comprendere il disegno del futuro. Si dimentica spesso che nel Passato ci sono i segni del Presente e nel Presente è presente il Passato; ma, per poter guardare al futuro non si può prescindere sia dal passato, perché il futuro è da sempre legato al passato fin dalla sua etimologia. Infatti il termine latino futurum, si origina dal *fu che corrisponde alla radice tematica del tempo perfetto, cioè del passato). Come aveva intuito G. Orwell, nel suo profetico romanzo 1984 scritto nel 1948, e in cui enuncia la visione distopica del bispensiero o bipensiero,“Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato” (1984). Per questo sarebbe importante ritornare agli autori classici e ai principi e valori della civiltà dell’Umanesimo, per ri-umanizzazione il mondo in una chiave cosmopolita che metta al centro la dignità dell’uomo (Pico della Mirandola) e leggere in profondità il presente. Primo fra tutti Platone ne la Repubblica, con il mito della Caverna, per capire come questa nostra età è ancora chiusa nella caverna a guardare estasiata le proprie ombre. Ce lo insegna l’ultima opera di Nuccio Ordine (professore ordinario di Letteratura italiana all’Università della Calabria) “Gli uomini non sono isole. I classici ci aiutano a vivere (2018) dopo lo straordinario successo de “L’utilità dell’inutile” (2013), o il libro del grande latinista Ivano Dionigi (professore di Lingua e Letteratura Latina, Università di Bologna) “Il presente non basta” (2016) o il suo ultimo “Quando la vita ti viene a trovare. Lucrezio, Seneca e noi” (2018), e ancora si cita il libro di Maurizio Bettini (classicista e scrittore, docente di Filologia classico Università di Siena) “A che servono i Greci e i Romani?” (2017). Per questo, sulla questione incredibile della sospensione della professoressa di Palermo, sono significative le parole di Romano Luperini (ha insegnato Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Siena  ed è professore aggiunto all’Università di Toronto , che si possono leggere sul blog da lui diretto, “laletteraturaenoi”:  “I fatti di Palermo costituiscono una minaccia alla libertà dei cittadini e un attentato gravissimo ai diritti sanciti dalla Costituzione: la libertà di opinione e la libertà di insegnamento. Una insegnante è stata esclusa per quindici giorni dall’insegnamento e da parte dello stipendio (ridotto alla metà) per non aver vigilato su un video dei suoi alunni che accosta il decreto salviniano sulla sicurezza alle leggi razziali del 1938 (cosa peraltro pensata da almeno un terzo degli italiani). Il fatto è di una gravità inaudita. Chi riteneva i gesti di intolleranza del nostro ministro degli interni delle innocue pagliacciate deve ripensarci. Questo atto di forza vuole intimidire non solo una categoria (gli insegnanti) ma tutti i cittadini. E che si sia partiti dai docenti non è casuale: sono loro che devono insegnare il rispetto dei diritti, la democrazia, la tolleranza, i principi della Costituzione antifascista. La scuola da sempre è un terreno di resistenza. Per questo è stata colpita per prima. Questa prova di forza è solo un inizio, un ballon d’essai per vedere quanto avanti ci si può spingere sin da oggi nella fascistizzazione dello stato. Per questo esige una risposta pronta e decisa. Già gli insegnanti e gli studenti di Palermo, che sono subito scesi in sciopero, hanno reagito con decisione. Nessuno sottovaluti quanto è successo. Di qui in avanti nessuno è più sicuro e, come è successo alla insegnante di Palermo, chiunque può trovarsi la Digos in casa o in classe. Si sta procedendo alacremente verso uno stato di polizia, e bisogna resistere, resistere subito con gli strumenti della democrazia ma con il massimo di determinazione”. Chi scrive, nei diversi interventi su queste pagine, aveva già prefigurato questo scenario attraverso tutti i segni inquietanti disseminati lungo questi mesi a partire proprio dall’attacco spregiudicato e disumano  contro i migranti prendendo di mira il sindaco di Riace Domenico Lucano e tutto il sistema dell’accoglienza e della solidarietà, in cui l’attuale governo ha costruito la propaganda razzista, di intolleranza xenofoba, per far lievitare la parte peggiore che si era depositata nel fondo oscuro e barbarico di questo Paese. Adesso vedere il vicepremier Di Maio e i pentastellati che si scagliano contro Salvini in modo ipocrita e strumentale, per ragioni demagogiche di propaganda elettorale, dopo che sono stati complici in questo cieco e bieco progetto, ci fa capire che si considera il “popolo” italiano, tanto osannato (vedi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che si era proclamato “avvocato del popolo”) incapace di capire che “essere umano” è il paradigma della nostra esistenza, sotto il profilo etico, culturale e spirituale, in cui la parola essere  ha il doppio valore di sostantivo e di verbo, e quindi il verbo diventa sostanza e la sostanza diventa verbo. La memoria è diventata a brevissimo termine. Ci vorrebbe un altro Proust per far ritrovare il  tempo perduto in tutti questi giorni agli attuali protagonisti sulla scena politica, compresi quelli del recente passato. La narrazione attuale invece svela che ci siamo ritrovati in un mondo bipolare, schizofrenico e dissociato. Tutto questo lo stiamo sperimentando con le dichiarazioni di fuoco dei due dioscuri  Di Maio e Salvini, l’un contro l’altro armati. L’ipocrisia abita con grande allegria questo mondo social in scena sulla piazza della Terza Repubblica. Saranno fieri tutti i suoi epici artefici che spopolano su Rousseau e su facebook, o su twitter, i nuovi templi in cui si celebra quotidianamente il sacro rito della semina della post verità. Adesso per il capo politico dei pentastellati Salvini è diventato il principale avversario, il nemico da abbattere. Però l’indomito paladino della verità assoluta giura fedeltà al contratto scolpito sul Monte Sinai. Odi et amo, ti odio ma ti amo. Il vicepremier Luigi Di Maio avrà imparato la lezione del carme LXXXV del poeta latino Catullo. Che bella sceneggiata napoletana, che grottesca caricatura, che “grande pupazzata” avrebbe gridato Luigi Pirandello… Ma il Capitano Salvini tira dritto per la sua strada ed esibisce rosari e ogni sorta di simboli sacri nella sua crociata. Non si lascia intimorire dagli strali scagliati dagli astri che lo hanno illuminato sulla via del Nazareno e grida il suo verbo, anzi promette le “pandette” di Giustiniano. Non si lascia scalfire nemmeno dalla lettera che l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha inviato al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi sulle violazioni contenute nel nuovo decreto sicurezza bis e su cui si sono scontrati con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha portato al rinvio dello stesso Consiglio dei Ministri. E tutti attendono fiduciosi che la gran tempesta, scatenata dalla furia delle elezioni europee, avrà termine. Ritornerà la quiete tra le inquiete anime. Non si può tradire il grande patto scritto con il sangue dai due eroi per cambiare il destino di questo Paese: cioè trasmutare il Dna del popolo attraverso una profonda manipolazione eugenetica, per ottenere la superiorità fisica e metafisica dell’Homo digital italica salvinusdimaius. Non a caso fanno riflettere le prese di posizioni di alcuni esponenti Cinquestelle, che denotano un certo risveglio delle coscienze (le elezioni europee fanno miracoli!) in particolare Luigi Gallo, presidente Commissione Cultura M5S, che ha reso noto che il movimento ha presentato un’interrogazione parlamentare, sulla vicenda della sospensione della docente di Palermo:  “Piacciono solo i cittadini indottrinati? – Obbedienti e quindi incapaci di costruire un mondo migliore di quello che ereditano, di spingerci oltre i diritti già conquistati? Noi lavoriamo affinché gli studenti abbiano un pensiero critico, sviluppino ragionamenti indipendenti e imparino apensare con la propria testa. E il Ministero della Lega cosa fa? Li censura. Un atto veramente grave e per questo il M5S ha depositato un interrogazione a prima firma Vittoria Casa”. Anche la senatrice M5S Paola Nugnes, ha parlato di “regressione culturale e politica, propria di uno stato di polizia e non certo di un Paese democratico”. La risposta di Salvini è semplicemente dotta: “Non penso che sia opportuno che ci siano questi accostamenti irrispettosi. Rispetto le idee di tutti. Mi sembra strano che in una scuola il decreto sicurezza venga posto agli studenti come novella legge razziale di mussoliniana memoria. Mi sembra una forzatura sciocca, fuori dal tempo. La politica dovrebbe stare lontana dalla scuola, dovrebbe educare al confronto di idee diverse”. Evidentemente il ministro Salvini è troppo impegnato ad accogliere le diversità, comprese quelle delle idee, purché non siano diverse dalle sue. La risposta alle oculate osservazioni del ministro Salvini la leggiamo in coda sulla pagina di Concita De Gregorio, “Invece Concita” con la lettera di Antonio Sabia, insegnante precario della provincia di Potenza “Non c’è ministro senza un maestro” : Noi a scuola ‘facciamo politica’ ogni qualvolta spieghiamo il contrappasso dantesco, le conquiste di Alessandro Magno o il Principe di Machiavelli. A qualcuno sicuramente non piace, perché, come diceva Don Milani, noi stiamo formando i cittadini che in futuro cambieranno queste leggi. Farebbero bene a ricordarsi l’etimologia della parola che li qualifica: ‘minister’, servitore, dal latino ‘minus’, cioè meno, minore rispetto al ‘magister’, maestro, da ‘magis’, ovvero più, al di sopra. Perché non può esistere nessun ministro se non ci sono maestri, o professori, che facciano bene il loro mestiere. Cioè liberi (http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2019/05/21). Ed infine Katia Trombetta, sempre su “laletteraturaenoi” il blog diretto da Luperini che alla vicenda dedica diversi approfondimenti, chiarisce alcuni passaggi sulla responsabilità dell’atto, con Il bluff dell’uomo forte: sui fatti di Palermo non decide Salvini: “Cosa c’entra dal punto di vista degli eventi, vale a dire di ciò che dovrebbe avere la massima rilevanza, il ministro Salvini con la sospensione della professoressa Dell’Aria? Se vivessimo in un paese in cui l’obiettivo principale della stampa fosse quello di facilitare la comprensione della realtà, facendo chiarezza in merito a responsabilità, doveri e poteri delle istituzioni, sulla vicenda della sospensione dell’insegnante di Palermo forse non ci saremmo trovati ad attendere il pronunciamento del ministro dell’Interno. Soprattutto, avremmo trovato le sue prese di posizione a riguardo del tutto stonate e fuori luogo e anzi saremmo probabilmente portati a considerare i suoi interventi come una indebita ingerenza nel lavoro che spetterebbe a un altro ministro della Repubblica, in particolare al ministro dell’Istruzione. Secondo le ricostruzioni dei fatti che sono circolate sulla stampa, il provvedimento di sospensione dell’insegnante di lettere è stato disposto dall’Ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito di una segnalazione partita da Facebook. Stando a quanto riferiscono alcune testate on-line i contenuti postati da un attivista di destra sarebbero stati ripresi dal sottosegretario ai Beni Culturali, la leghista Lucia Borgonzoni, che sempre sui social network avrebbe dichiarato di aver segnalato i fatti a chi di dovere. Di qui gli accertamenti e la successiva ispezione, che hanno portato al provvedimento di sospensione per quindici giorni. Un provvedimento sui cui contenuti c’è ancora estrema confusione, dato che non si riesce bene a comprendere nemmeno se e chi lo abbia letto — ministri in testa — e tanto meno che cosa ci sia scritto. Ciononostante Salvini si recherà a Palermo con il ministro Bussetti per incontrare la professoressa Dell’Aria. In nome di che cosa, per fare cosa e dentro quale cornice istituzionale?”