Chiesa contro i grillini: con reddito di cittadinanza cittadini parassiti dello Stato

Il reddito di cittadinanza viene bocciato dalla Cei. Per la Conferenza Episcopale Italiana emerge il rischio di “attenuare la spinta a cercare lavoro o a convincere a rinunciare a offerte di lavoro che prevedano una retribuzione non distante da quanto previsto”. E’ quanto afferma la Cei, in audizione alla Camera sul decretone. “E’ enorme il rischio di aumentare queste forme di cittadinanza non solo passiva ma anche parassitaria nei confronti dello Stato”, aggiunge. “Sappiamo bene che il lavoro lo crea l’impresa, nella misura in cui risponde in modo adeguato al suo dovere di solidarietà. L’efficienza, pienamente rispettosa dei principi e delle regole di sostenibilità sociale e ambientale, oltre a costituire il motore di una azienda ben organizzata e a fruttare dunque profitto, diventa allo stesso tempo un contributo concreto alla giustizia sociale”. Così don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro 
della Cei, e Sergio Gatti, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, in audizione a nome della Conferenza episcopale italiana presso le Commissioni riunite Lavoro e Affari sociali nell’ambito dell’esame del disegno di legge recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. Per la Cei “promuovere una cultura d’impresa significa investire sulla capacità di essere protagonisti della propria vita”. “Pur essendo rilevante che il decreto oggetto di conversione agganci la lotta alla povertà e alla marginalità alla lotta alla disoccupazione e alla mancanza di lavoro degno, il ventaglio delle politiche attive del lavoro deve essere ulteriormente ampliato e quindi oggetto di ulteriori provvedimenti organici e sistematici”. Per favorire l’occupazione “uno strumento prezioso, diremmo indispensabile, è la formazione di qualità” e “la buona formazione professionale è in grado di fornire le competenze più richieste dalle imprese”. Per questo, “nel provvedimento in esame andrebbe inserito un investimento diretto e esplicito per la formazione”.