Persi nel viaggio, fra sogni e realtà

“ … gli incontri casuali, le attese, il mondo di dentro perso in un sogno e il mondo di fuori che scorre diviso in tanti fotogrammi …. Statici.. “ E’ notte fonda e s’ode il respiro del mostro che tutto fagocita e ci sono situazioni di attesa, nel quotidiano divenire appena al di là della linea scura che sera il giorno dalla notte, il reale e il sogno, durante le quali è come se le singole esistenze rimanessero sospese, in attesa di qualcuno o di qualcosa. Solitamente di una buona parola, di un grazie, di un’esistenza, di un approdo, di un arrivo a una stazione desolata nella corsa terrena al traguardo incerto. Questa non è vita, non è una vita, ma una sorta di attività strumentale e vicaria, simbolo di un’avventura umana e vicende riflesse. E’ inevitabile rassomigliare a vagoni e rotaie delle stazioni e dei polverosi scompartimenti – microcosmi in cui di continuo si compongono e si separano improvvisate familiarità- rapportati alle stagioni, ai fatti, agli eventi e alle occasioni del vivere. Ci potremmo fermare in una stazione e riflettere, sul globale scorrere del tempo, accelerato o ritardato come le immagini che scorrono fuori dal finestrino, mischiandosi e confondendosi alla velocità della vettura in cui siamo, del treno che ci porta via. E’ un massacro dei sogni, è un flagello dell’umano! Gli attimi lunghi un’eternità, o le eterne attese di un solo attimo, nel momento conclusivo di ogni viaggio che a sua volta è partenza verso un’altra meta. E che in noi c’è spirito di avventura, c’è ansia di scoperta, c’è voglia di conoscere, di amare, di volere, di desiderare … e questi sono altri viaggi possibili nel pendolarismo dell’anima e del corpo che si identifica nei desideri. Eppure anche lì è viaggio, se lo stesso può suscitare ricordi riproporre sensazioni,emozioni evocate da ogni viaggio; la propria esistenza sospesa durante i mille passaggi in treno dell’infanzia, dell’adolescenza talvolta dell’ancora lunga stagione della maturità. Che come sempre trasforma la memoria in bilancio o inventario, cui attingere nei momenti più duri della coscienza. Riemergono così le occasioni perduti, l’amore perduto o mancato, le amicizie che tali non erano, gli incontri saltati… per una minima frazione di tempo perché in quegli spazi di vicevita tutto scorre lentamente e ugualmente senza alcuna emozione. Basta una coincidenza un posto vuoto che viene occupato in cuccetta, di una poltroncina numerata, di un pezzo di pane caldo, di un bicchiere di vino, scambiati con la stessa simultaneità delle parole. Gesti dell’umano, di una umanità in movimento su treni fanno parte e ne caratterizzano la sostanziale diversità con il resto del mondo; con quelle comparse ammucchiate dietro lo spazio del finestrino, rapide nel loro scorrere come fotogrammi di un lungo film che altro non è che la rappresentazione realistica della loro vita. Meglio allora stare dentro o fuori, sentirlo come proprio il pacato meditare da scompartimento, o escluderlo come inutile frazione d’esistenza? Al punto che i giorni , i mesi e gli anni che scorrono lenti e veloci dentro e fuori le rotai finiscono per corrodere la vita, o ancora peggio per scambiarla con una permanente vicevita che è supplenza di ragione e sentimento, e dunque rischiosa ipotesi di rassegnata arresa al nulla. Quello che oggi imperversa e regna sovrano su una umanità distratta da troppa immondizia fuori e dentro l’umanità ormai quasi distante.