Matteo Salvini chiede un accordo entro lunedì oppure il voto

L’intesa sulla formazione del governo Lega-Movimento 5 Stelle potrebbe saltare. Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono agli antipodi e non è facile mettersi d’accordo. “Sono stati fatti significativi passi in avanti – hanno fatto sapere i due -, nell’ottica di una costruttiva collaborazione tra le parti con l’obiettivo di definire tutto in tempi brevi e dare presto una risposta e un governo politico al Paese”. Leghisti e grillini hanno chiesto a Mattarella tempo fino a lunedì. Tuttavia Salvini non è certo della chiusura dell’accordo. “Abbiamo chiesto due, tre giorni al presidente Mattarella per chiudere tutto. Altrimenti si vota”. Oggi i responsabili tecnici delle due formazioni si sono incontrati per definire una possibile programmatica comune basata su alcune priorità, così riassunte da Salvini. “Si sta lavorando su legge Fornero, lavoro, sbarchi, legittima difesa. L’immigrazione e la sicurezza saranno due tematiche fondanti del programma del governo”.

La posizione di Giorgia Meloni

FdI sta elaborando lo strappo leghista. Il suo sostegno dipenderà dal premier che verrà indicato e da cinque punti “imprescindibili” del programma di centrodestra. “Voglio rispondere a questa domanda pubblicamente e non con trattative sotterranee che non ci sono mai appartenute. In primo luogo la nostra scelta non può prescindere da chi sarà il presidente del Consiglio, perché è evidente che chi guida il governo ne caratterizza l’azione” ha postato Giorgia Meloni su Facebook. “Ci sono tre No e tre Sì, per noi irrinunciabili: no a patrimoniale e a qualsiasi introduzione di nuove tasse; no a ius soli; no alla possibilità dell’adozione per coppie dello stesso sesso. Sì a Flat Tax immediata al 15%, blocco dell’immigrazione, aumento del 15% delle risorse per il comparto difesa e sicurezza, incremento dei militari nei luoghi a rischio. Sì a destinare il 50% di investimenti in nuove infrastrutture al Mezzogiorno”. La strada è in salita. Il Capo dello Stato ha sempre pronta la lista Belloni. Ora che non c’è più l’alibi Berlusconi il possibile fallimento sarebbe tutta colpa dei due rampanti leader populisti.