C’è una Calabria che reagisce all’arroganza e spregiudicatezza della criminalità

La grande partecipazione alla Giornata dell’impegno e della memoria per ricordare le vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera, che si è svolta a Vibo Valentia, ha dimostrato che c’è una Calabria che reagisce all’arroganza e spregiudicatezza della criminalità e alle tante complicità che hanno infettato e infettano le istituzioni. Per sperare di sradicare il tumore mafioso, però è necessario avere il coraggio di denunciare e smascherare quella parte di Stato che alimenta la corruzione, il malaffare e che nutre il fenomeno mafioso.

Il 21 febbraio 2018 si è svolta a Vibo Valentia una delle più grandi manifestazioni degli ultimi decenni contro tutte le mafie, per ricordare le 972 vittime innocenti. Oltre 10 mila persone hanno risposto all’invito dell’Associazione Libera, riempiendo piazza Martiri d’Ungheria e tutto il corso Vittorio Emanuele III. Operai, impiegati, professionisti, pensionati, studenti, provenienti da ogni parte della Calabria per dire No alla violenza mafiosa, all’oppressione criminale, alle connivenze tra mafia e Istituzioni. Facce pulite, con una gran voglia di cambiare il volto di un territorio, assuefatto alle intimidazioni, alle logiche clientelari e di potere consolidati e privo di qualsiasi prospettiva di sviluppo e speranza per i giovani. Cambiare si può, come ricordava Don Luigi Ciotti, “scrivendo nelle nostre coscienze tre parole: la prima è la continuità dell’impegno contro le mafie, la seconda è la condivisione perché è il noi che vince, la terza è la corresponsabilità, cioè il chiedere alle istituzioni che facciano la loro parte e se non la fanno dobbiamo essere una spina per chiedere conto”. La quarta, aggiungiamo noi, è quella di costruire una classe politica che sia espressione di questi valori, che stacchi la spina al malaffare, alla corruzione, che tagli le ali agli avvoltoi che divorano le risorse del territorio e le indirizzi in opportunità di lavoro per i figli del popolo, valorizzando l’impegno e la meritocrazia.

Invertire la tendenza è possibile se avremo il coraggio di denunciare costantemente gli atteggiamenti ambigui, le collusioni, di smascherare le leggi costruite con i cavilli finalizzati a preservare il potere mafioso piuttosto che combatterlo. Male, anzi malissimo, hanno fatto quei dirigenti scolastici che non hanno consentito agli studenti di partecipare alla manifestazione, con la scusa di non perdere qualche ora di lezione. La partecipazione diretta stimola le emozioni di sofferenza per le vittime della mafia, sente lo spirito di solidarietà, esprime la condivisione di una lotta comune, aiuta a formare la coscienza del cittadino nello spirito della Costituzione, a sperimentare cos’è giusto e cosa è sbagliato; vale più di dieci ore di lezione in una Scuola trasformata in azienda dalle ultime leggi sciagurate.

Ma va detto con chiarezza che viviamo in due Stati: Il primo è lo Stato delle persone che hanno lottato e lottano sinceramente e convintamente contro il bubbone mafioso: i magistrati, le forze dell’Ordine, i sindacalisti, i giornalisti, le persone comuni che hanno dato la vita per contrastare il potere criminale; il secondo è lo Stato della connivenza, delle collusioni che opera in simbiosi con il potere mafioso, che si nutre dello stesso brodo, che vede coinvolti pezzi delle Istituzioni, professionisti, politici, nell’opera gigantesca di diffusione e radicamento degli affari illeciti. Vincere è possibile se diventa prioritario e costante l’impegno per smascherare i comportamenti e i personaggi del secondo Stato, denudandoli, isolandoli e colpendoli con leggi mirate, senza cavilli e infliggendo pene certe, appropriate e privandoli dei diritti civili. A quale Stato appartiene un Presidente della Repubblica che si rifiuta di testimoniare nel processo “Trattativa Stato-mafia”? A quale Stato appartiene un ministro della Repubblica, accusato di “omertà istituzionale” nello stesso processo? A quale Stato appartengono un capitano e un generale dei Carabinieri che trattarono con i capi di “cosa nostra” nel 1992 (sentenza Corte d’Appello di Firenze del 05/05/1998 contro il boss Tagliavia); A quale Stato appartiene un personaggio politico che, secondo la sentenza della Cassazione “ha finanziato la mafia dal 1974 al 1982” (Cass., Sez. I, 9 maggio 2014 n. 28225)?

Vincere è possibile quando questa coscienza prenderà il sopravvento, quando diventerà psicologia di massa e quando al vertice di ogni Istituzione verranno posti tanti Gratteri, al servizio della legalità e del bene comune.