Dal Porcellum al Rosatellumverdinum: selezionata la nuova specie protetta

“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” (“Il Gattopardo”, Giuseppe Tomasi di Lampedusa). “Se voti no non cambierà nulla” – “Cambiare l’Italia finalmente si può” (slogan per il referendum confermativo della riforma costituzionale Renzi-Boschi del 4 dicembre 2016). “Pupi siamo, caro signor Fifi! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo” (Luigi Pirandello, “Il berretto a sonagli”).

I miti ci accompagnano e ci raccontano lungo i binari convergenti della novella storia. E pare proprio che questa, nella nostra Bella Italia, sia una stagione particolarmente feconda di corsi e ricorsi mitici. Più la storia va avanti e più il tempo ci riporta molto indietro, allo sgorgare del mistero che ha partorito i miti. Esemplari quelli presenti nel libro dei libri, l’Odissea. Come sono fiorenti e vivi quei racconti così arcani! Uno su tutti si impone con una straordinaria forza immaginifica e profetica: quello della maga Circe che trasforma i compagni di Ulisse in porcellini.

Denis VerdiniC’è una verisimiglianza incredibile e sorprendente tra le magiche trasformazioni dell’isola abitata dalla seducente dea dai riccioli belli, capace di compiere sortilegi, e le mutazioni genetiche che vanno in scena in questi tempi innominabili, e in particolar modo nel regno di MonsCitorium. Si racconta infatti, che in un tempo molto remoto un eroe delle saghe nordiche, Cal de Rolis, ha dato vita ad un Porcellum; ma poi – per oscure divinazioni di qualche sacerdotessa che si aggirava tra le segrete stanze di un palazzo abitato dalle Grazie – è stato fatto accoppiare con la specie Italicum, un antico genere di suinus che si è evoluto, per selezione soprannaturale, durante il miracoloso regno di Ber LuscoNis – passato alla storia per le sue virtù demiurgiche – dando origine ad una nuova specie che si è affinata sotto il regno del Magni Ficus Lorenzis. Il mito narra ancora che dopo i vaticini sortiti dalle urne del referendum, in quel lontano 4 dicembre del 2016 durante l’era del Giglio magico, per l’eterogenesi dei fini, la dea dai riccioli belli, “nell’impasto aggiunse veleni funesti perché del tutto scordassero la patria terra … e li percosse con la sua verga e li rinchiuse nel porcile. Ed essi di porci avevano e testa e voce e peli e tutto il corpo, ma la mente era intatta, come prima. Così quelli piangenti furono rinchiusi; e a loro Circe buttò ghiande di leccio e di quercia e corniolo, quali sempre mangiano i porci che dormono per terra”.

Una seconda fonte del mito racconta che alla corte dei Medici queste metamorfosi si siano ulteriormente trasformate in fenomeni incomprensibili e sono accaduti dei prodigi incredibili, come quello operato da un frate filantropo che ha mutato i fiorini in verdini, avendo appreso l’antica arte alchemica di mutare il vile metallo in oro immacolato.Ma dopo avvenne che per non tradire la sua invincibile armata, il Magni Ficus ha chiesto lumi al novello cavalier errante don Chisciotte de l’ArCor. E questo coraggioso hidalgo, a furia di combattere contro fantasmi e mulini a vento nel corso la sua folle cavalcata alla ricerca de l’arca perduta, dopo aver espiato il fio per aver concupito la sfinge egizia, incontrando la mora Aldonza Lorenzo, ribattezzata Dulcinea della Selva, ha fatto da padrino al Rosatellum, figlio prediletto della passione travolgente tra il Porcellum e la nuova specie ottimamente selezionata e pasciuta dal Magni Ficus. E si racconta anche che a creare questo sacro connubio sia stata la bella addormentata nei boschi, dove il Porcellum e l’Italicum hanno potuto gustare le ghiande, le castagne e altre prelibatezze che solo le selve della feconda Etruria potevano offrire in abbondanza.

Prima ancora, sempre tra i lauti pascoli della mitica Etruria, sembra sia nato il fatale patto GentiLeonis, ispirato dalla Muse Eliconie che abitano i colli fiorentini, per mettere in atto il ratto segreto della divina Elena. Così l’astuto Odisseo ha escogitato un cavallo fumante per addomesticare la mostruosa chimera, e invece dei ferri corti sotto gli zoccoli dell’alato Pegaso, lo stalliere de l’ArCor, gli ha consigliato di conficcare delle rotaie, con il motto “Destinazione Italia”. Che genialità! Doveva essere cambiata, trasformata, mutata e rottamata la natura di questa orribile creatura. Forse qualcuno ancora rammenta l’élanvital di quei bei tempi! “Se voti no non cambierà nulla”, “Cambiare l’Italia finalmente si può”. E come per magia, tra i sette colli della cupida lupa, appare l’agognata metamorfosi: e sono sortiti tanti porcellini, della più evoluta specie di suinusItalicus, il rosatellumverdinum.

A mo’ di apologo, in questa favola inverosimile, i cui protagonisti sono i soliti ignoti, siamo certi che il predestinato Magni Ficus Lorenzis – lupus in fabula -nei suoi epici trascorsi puerili, avrà anche giocato,fanciullino,tra i campi elisi della Toscana. In quei fiorenti pascoli di rime, sinestesie, analogie,allegorie, simboli, e altre retoriche figure e figuracce,avrà incontrato delle umili myricae, anche se il maestro Virgilio lo aveva ammonito che“non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici (non omne sarbusta iuvant humiles quemyricae, Buc. IV). Così ha iniziato a comporre versi onomatopeici cinguettando con grande frenesia durante il suo soggiorno primaverile tra le bucoliche e fastose dimore dei Chigi; e dopo aver proliferato grugniti nelle urne del referendum, adesso fischietta, per dare un nuovo ritmo metrico alla locomotiva, rievocando i versi della canzone di Guccini: “E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano/ che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano:/ ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,/ sembrava avesse dentro un potere tremendo…”

Fischia, poi se ne infischia, e infine fischietta orgoglioso di sé il Magni FicusLorenzis,al secolo MatTheusde Florenzia, perché si diverte a guardare i tanti porcellum che grugniscono con i magnifici impasti sotto le querce e i lecci delMonsCitorium, dopo averlo riempito di prezioso letamecon polline rosatellum, grazie al suo pollice verde, anzi verdinum. Come pascolano sperando di restare sempre tra la specie protetta delsuinisitalicusrosatellumverdinum, avendoappreso la lezione della fattoria degli animali di Sir George Orwell, dopo la morte di Vecchio Maggiore e la presa del potere di Napoleon. Quanta letteratura e quanta cultura da manualecencellisè stata concepita nelle camere di questo ostello di innominati convertiti dall’umile popolana Lucia, dimora prediletta dei bravi cavalieri che ancora sognano di conquistare il vitello d’oro per offrirlo a quella benedetta donnache il padre Dante,con profetica visione, habattezzato: “Ahi servi Italia,  di dolore ostello/ nave sanza nocchiere in gran tempesta/ non donna di provincie, ma bordello!”. Eppure è successo che tutto questo ben degli dei “è grasso che schola dal sé nato”.

Ma il fiero, generoso e furioso cavaliero don Chisciotte de l’ArCor,con la nuova maschera del picaro, seppur caduto tra le trame delle oranti e caste vestali,che hanno implorato il divino SilVius de le Grazie, illuminato dai segreti codici sull’antica fratellanza del vegliardo Mar Cellum de Lutris, pur disarcionato nella sua esilarante armatura da Re Giorgio Napoleon, per aver osato tradire “le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,le cortesie, l’audaci imprese,che furo al tempo che passaro i Mori d’Africa il mare”,con indomito e inusitato valore ha richiamato il suo fedele scudiero con la promessa dell’isola del tesoro,e lo ha rimesso in sella al cavallo fumante. E in questi tempi deliranti, con la lancia in resta,cantano esultanti:“Il “potere” è l’immondizia della storia degli umani/ e, anche se siamo soltanto due romantici rottami,/sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte:/siamo i “Grandi della Mancha”,/Sancho Panza… e Don Chisciotte!