Napoli. Discussione su Armadio della vergogna nazista

L’Armadio della vergogna (insieme di documenti sui crimini nazifascisti conservati in un armadio rinvenuto solo nel 1994, con le porte verso il muro, nella sede romana della Procura militare) è stato oggetto di discussione nelle commissioni Cultura e Scuola del Comune di Napoli che hanno invitato, insieme all’assessore alla Cultura Nino Daniele, il senatore Giovanni Russo Spena, che fu membro e relatore di minoranza della commissione bicamerale di inchiesta che se ne occupò tra il 2003 e il 2006, due cultori della storia, Enzo Delehaye, promotore di una petizione online sull’argomento, e il professor Aragno che ha dedicato studi e pubblicazioni alla storia della Resistenza a Napoli, prima e dopo le Quattro Giornate, Aurelia del Vecchio e Nino D’Antonio dell’Istituto italiano per la storia della Resistenza.

Nel febbraio del 2016, la Camera dei Deputati ha pubblicato e reso disponibili nei propri archivi online 13 mila delle molte pagine che compongono i 696 fascicoli rinvenuti nel cosiddetto armadio della vergogna, fascicoli tra i quali ben 72 riguardano Napoli e i crimini commessi dai nazifascisti durante l’occupazione, ha spiegato Enzo Delehaye, promotore di una petizione online con la richiesta di acquisire digitalmente l’intera documentazione (oltre che nell’archivio della Camera, copia dei documenti si trova nell’archivio del Tribunale militare di Napoli): questo materiale consentirebbe di documentare la storia in gran parte occultata e dimenticata dei crimini commessi a Napoli e nella regione dai nazifascisti, e rimasti impuniti; consentirebbe anche di andare oltre la retorica sulle Quattro Giornate, come ha spiegato il professor Aragno. La resistenza di Napoli all’occupazione nazista non è riducibile ai moti che ebbero protagonisti gli scugnizzi: fu resistenza a tutti gli effetti, iniziata ben prima, a ridosso dell’armistizio dell’8 settembre e durata anche oltre la liberazione di Napoli, fu una resistenza organizzata, come quella del Nord, di cui la storiografia ufficiale non ha conservato traccia, così come non sono stati mai approfonditi i molti crimini dell’occupazione nazifascista, tranne che per qualche eccezione, come quella della storica Gabriella Gribaudi che, però, non rivelò la collocazione del materiale da lei consultato per ricostruire la storia del processo al comandante delle truppe tedesche occupanti; lo stesso vale per i collaborazionisti italiani contro i quali furono intentati processi, non molti rispetto alla consistenza del fenomeno, conclusisi con l’assoluzione, ha ricordato ancora Aragno.

Sui crimini documentati i processi non furono mai celebrati, e questo perché quei documenti, rubricati come “archiviazioni provvisorie”, furono di fatto nascosti. Gli “armadi della vergogna” sono la metafora di una memoria lacerata, ha spiegato Giovanni Russo Spena che ha raccontato il lavoro e le conclusioni a cui giunse la commissione bicamerale d’inchiesta di cui lui stesso fu uno dei relatori di minoranza. Fu un lavoro approfondito, nel corso del quale i commissari poterono accedere anche agli archivi della Nato ed interrogare personalità chiave degli anni del dopoguerra, un lavoro che mise in rilievo, tra l’altro, le responsabilità politiche che avevano fatto da sfondo, tra il 1958 e il 1960, a quelle archiviazioni provvisorie: una realpolitik che, mentre la Germania stava ricostruendo il proprio esercito nell’ambito della Nato, voleva evitare nuove lacerazioni, e un calcolo, spiegato dall’onorevole Andreotti alla commissione, che sconsigliava di ricorrere a richieste di estradizione dei criminali nazisti in considerazione delle molte richieste di estradizione che sarebbero arrivate all’Italia, ad esempio dalla Jugoslavia, per i crimini commessi dagli italiani. La commissione bicamerale concluse i propri lavori facendo anche delle proposte, e tra queste quella di aprire gli archivi rendendoli consultabili, una modalità per rinnovare la memoria storica su episodi tragici, come le stragi di Sant’Anna di Stazzema, delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto.

Napoli Armadio della vergognaUtile approfondire il contesto geopolitico nel quale una malintesa Ragion di Stato ha di fatto messo la sordina alle responsabilità di episodi tanto gravi, ha detto l’assessore alla Cultura Nino Daniele, aggiungendo che Napoli, Medaglia d’Oro della Resistenza, darà ogni contributo possibile per fare luce su quel periodo. Decisivo, questo approfondimento, anche per la consigliera Quaglietta (PD), per la quale l’apertura degli archivi può contribuire alla crescita della coscienza civile dei giovani, e per il presidente della commissione Scuola Felaco che ha proposto di coinvolgere il Sindaco, conoscendone la sensibilità, per chiedere a nome della città che tutta la documentazione sia resa disponibile. Importante sostenere anche con fondi comunali la ricerca storica e divulgarne le conclusioni, ha suggerito la presidente della commissione Coccia concludendo i lavori, come è importante non perdere il filo rosso che, dalla resistenza al nazifascismo alle denunce di stragi di Stato e depistaggi degli Anni Settanta, ha contribuito a svelare menzogne storiche e mantenere viva la memoria.