La pittrice Celeste Fortuna espone a Tropea con una personale

La pittrice Celeste Fortuna, reduce da una importante esposizione internazionale che si è svolta a Parigi, espone a Tropea con una personale, nei locali della galleria del Club degli artisti “La Fenice”, dal 2 all’8 settembre (a partire dalle 19.00). L’artista che vive a Vibo Marina propone delle opere i cui temi sono raccontati attraverso una ricerca per recuperare le impronte più autentiche della Calabria. I dipinti si caratterizzano per il loro particolare linguaggio espressivo-cromatico e per il contenuto antropologico. Lo spirito è quello di far sentire l’anima di ambienti umili ma improntati alla bellezza di una esperienza che appartiene alla cultura delle tradizioni locali.

Fortuna

Ci sono domande fondamentali che interrogano l’esperienza esistenziale e il senso stesso della vita. La nascita dell’arte cerca di rispondere al mistero che circonda il mondo, come hanno fatto i nostri antichissimi progenitori, da creature ancora senza arte né parte, perché privi delle conoscenze che la scienza ha rivelato, chiedendosi chi abbia creato il Creato. Così sono nati i miti, le divinità e tutte quelle creature fantastiche come le Muse, le nove sorelle figlie di Mnemosyne e Apollo, che hanno ispirato gli artisti, i poeti, i musicisti e dato vita alla cultura. La cultura e le arti (nella loro doppia declinazione del significato ditecne, come arte e tecnica), sono la risposta al mistero che abbraccia l’uomo come creatura disarmata che contempla incantato, affascinato, meravigliato, ma anche con timore e angoscia, il mondo senza conoscerne il fine, di fronte al mistero della morte, di fronte all’infinito. Immaginiamo che dietro la nascita dell’arte ci sia un’ispirazione generata dai più disparati motivi, che può essere un istinto, un’intuizione, una vocazione innata, una forte emozione, ma anche una voce che cresce dentro e che improvvisamente fuoriesce come se fosse un’eruzione vulcanica.

Celeste

Da una prospettiva così vasta, restringendo il campo, si rileva che sono tanti gli artisti che si muovono sui diversi territori, in diverse realtà e ambienti, che cercano di decifrare il linguaggio arcano del mondo e che probabilmente – amiamo pensare – sentono l’ispirazione delle mitiche muse. E così traducono queste voci in colori, in suoni, in parole, in forme, in figure, in gesti. In particolare la pittura porte dentro di sé l’archetipoche ha attraversato la preistoria e la storia, a partire dai primi disegni come le pitture rupestri, da Altamira (tra i 16 e i 14 mila anni), Lascaux (17.500 anni), fino al bove di Papasidero in Calabria (grotta del Romito, circa 10 mila anni).

Questo desiderio primitivo di comunicare inventando dei segni, per trasfigurare e declinare un sentimento, si traduce ancora, forse con quella sua potenza originaria, ma anche carica emotiva.

In questo viaggio tra lontano passato e tempi che incombono con la velocità della luce nella realtà virtuale e dei social media, l’arte riesce a fermare questa corsa sfrenata verso il vuoto e far rifluire, come un corso d’acqua limpido, il tempo, lo spazio, la geografia, il paesaggio, la memoria, la storia, l’anima.

Tra i tanti artisti che sentono questa vocazione, che coscientemente o inconsapevolmente, resistono a questa deriva nel vortice del contemporaneo che ha paralizzato il sentimento del tempo, e che responsabilmente si impegnano a dare una visione della vita e della realtà con occhi diversi e ci invitano a sensibilizzare lo sguardo per restituire alla nostra esperienza un senso più profondo ai passi che ci portano a tracciare un cammino, si iscrive l’itinerario di una pittrice che ha già nel nome un destino, come la nota locuzione latina nomenomen, “nel nome è inscritto il destino”. Nella sua storia biografica infatti si è ritrovata una identità anagrafica che è già un progetto, Celeste Fortuna. Per lei vale l’antico adagio che “l’uomo è artefice della sua sorte”(homo faberfortunaesuae), ma anche l’assunto che il faticoso lavoro supera tutte le difficoltà(Labor omnia vincitimprobus, Virgilio, “Le Georgiche”). Lei ha avuto la “fortuna” di nascere in una terra che nella sua etimologia esprime già il fine per cui nasce l’uomo, Calabria, che significa “Faccio sorgere il bello” e ha scelto di restare nella sua Vibo Marina, per non tradire il suo genius loci. Non è nata pittrice, ma si è scoperta, da grande, artista. Chiamata dalla Muse a dipingere, lei ha risposto con i suoi colori, con i suoi paesaggi, con le sue emozioni e con il suo linguaggio pittorico che l’accompagna da oltre trent’anni, iniziando per gioco da bambina, ma da adulta ne ha sentito il forte richiamo, tanto da dedicarsi con passione e amore, seguendo un percorso personale. Ecco perché labor omnia vincitimprobus. L’abnegazione e l’amore riescono a superare ogni difficoltà e aprire porte e spazi impensabili o che si presentano, a prima vista, impossibili. In questo suo percorso che l’ha vista protagonista fin dai primi anni Novanta in tantissimi concorsi, mostre personali e collettive, ottenendo importanti riconoscimenti (un elenco lunghissimo da citare), testimonia come la sua vena creativa sgorga come un effluvio incontenibile.Le sue tantissime opere si trovano in collezioni pubbliche e private in tutta Italia e all’estero, in particolare in Germania, Irlanda, Inghilterra, Portogallo, Malta, Giappone, New York, Melbourne. A luglio ha partecipato ad un evento straordinario a Parigi che si è svolto in due prestigiose luoghi espositivi “L’EspaceMitterand e l’EspaceCopernic”. L’italia è stata rappresentata con una selezione di artisti (tra cui la nostra Celeste): pittori, scultori, fotografi e artigiani che si sono confrontati con artisti europei in uno scambio culturale senza precedenti, per mostrare al mondo l’Arte intesa nella sua accezione più pura di condivisione e universalità fra popoli. L’iniziativa, ideata e proposta dall’artista francese Olivier Hodapp(per la Calabria la direzione artistica è stata di Francesca Vena, Rita Mantuano e Gianfranco Pugliese).

Quello di Celeste Fortuna è senza dubbio un impegno culturale che lei esprime anche come promotrice e organizzatrice, nelle vesti di presidente della neonata associazione “NoveArt”, ispirata proprio alle nove sorelle, le Muse, che il mito greco ha collocatosul monte Parnaso.

Da sabato 2 all’8 settembre l’artista che vive a Vibo Marina (Vibo Valentia) esporrà con una personale a Tropea, galleria “La Fenice”, corso Vittorio Veneto. Ad organizzare l’evento il Club degli artisti “La Fenice” di cui è presidente la pittrice Marcella Romano, che presenterà la mostra.

Sono opere recenti, di genere figurativo, che ripresentano il paesaggio del territorio. All’interno di questa esposizione ci sono anche opere che per la prima volta l’artista ha deciso di esporre, parte di una ricerca che si prefigge di voler unire la pittura classica con quella cromatica, caratteristica delle forme espressive contemporanee. La ricercaè protesa al desiderio di recuperare le tradizioni più autentiche della Calabria e le opere contengono un segno e un messaggio antropologico, per far sentire l’anima di ambienti umili ma improntati alla bellezza di una esperienza che appartiene alla cultura contadina, caratterizzata da una vita semplice, in armonia con i ritmi della natura, del rispetto dell’ambiente, di cura e amore verso la terra e la natura. Ci sono infatti opere che ritraggono donne rappresentate in chiave fiabesca, donne dallo sguardo dolce ma forti e determinate, come la personalità di Celeste Fortuna.

Al valore estetico, questa artista associa la dimensione etica, antropologica ed ecologica. Basti soffermarsi sui temi che affronta e sull’uso cromatico dei colori, per rintracciare questa tensione espressiva che si compone di valori estetici che invitano a rivivere una realtà che è stata tradita, ingannata, mistificata, dalle Sirene del consumismo e dal fenomeno che Pasolini aveva definito come “mutazione antropologica” con la distruzione delle culture locali, in particolare quella contadina. L’artista vibonese ha identificato la verità di quel mondo e l’inganno dei nuovi modelli che hanno inquinato e corrotto quella bellezza fatta di umanità, semplicità e umiltà. Ne definisce, in controluce, la nuova resistenza che passa attraverso l’ecologia dei comportamenti e dei sentimenti, attraverso un gioco fantastico che non perdono il contatto con la “leggibilità del mondo”, per parafrasare un testo del filosofo Blumemberg.

Significativo quanto racconta il critico Pasquale Solano. Nel suo blog spiega che la pittura di Celeste Fortuna “offre una variegata panoramica, in cui la sua fantasia cromatica, esplode in una euforia di colori” e in “cerchi concentrici che addirittura vanno a provocare dei favolosi riflessi ipnotici. Sono presenti sempre dei fiori, nel loro gentile simbolismo naturale, arricchiti da effetti scenografici, che tendenzialmente esaltano e valorizzano ogni dipinto”.

Questa analisi va approfondita. Se si fissa l’attenzione su questi dipinti in cui classicità e modernità dialogano, si intravede come i colori, per la particolare tonalità cromatica e per la loro composizione formale, danno l’impressione di danzare e creare una sinfonia visiva che evoca una memoria ancestrale,depositata e decantata con il tempo nell’anima: così il sentimento ritrova una arcana corrispondenza e risente la tessitura luminosa che ha segnato e disegnato l’esperienza di chi nell’infanzia ha vissuto in sintonia con i colori della natura; e questa fusione armonica tra i colori dei fiori, le forme e le figure che richiamano il il movimento dei corpi celesti, rimanda e suggerisce, in modo simbolico-allegorico,ad una spiritualità non dichiarata, ma evocata, perché la combinazione cromatica e il gioco armonioso dei colori, trasfigurano l’esperienza della visione nella contemplazione del bello: si percepisce l’emanazione di una segreta energia che manifesta la sacralità dell’atto creativo e della stessa creazione. In questa corrispondenza segreta si coglie la sensibilità estetica dell’artista, che intuisce la bellezza del dono con un processo emotivo, istintivo, artistico che capta e traduce il messaggio con il linguaggio cromatico. Per entrare in questa dimensione estetica ed antropologica della ricerca artistica di Celeste Fortuna in rapporto al suo genius loci, le parole di un filosofo del paesaggio, Raffaele Milani, ci illuminano: “Nella natura, è lo spirito a formare la bellezza, è il Genius Loci a fornire l’incanto delle aggregazioni plastiche, lineari e coloristiche. La materia formata dallo spirito che percepiamo e di cui avvertiamo in anticipo, quando esso appare nel suo ordine superiore, gli interni elementi: la figura, il colore, il movimento. (…) L’uomo riconosce alla naturale statuto dell’arte, la quale appare frutto dell’ingegno del luogo, della sua interna abilità capace di creare cose meravigliose.”(R. Milani, L’arte del paesaggio, Il Mulino, 2001).

artista Celeste

La pittura, per questa artista, diventa così linguaggio cromatico e figurativo capace di attingere alla fonte sacra della memoria a cui appartiene il suo immaginario simbolico, ricreando un mondo fatto di persone e di luoghi carichi di umiltà e umanità, che si trasfigura nella semplicità dei temi e dei soggetti, ma che rappresenta il frutto maturo di una ricerca etico-estetica.