Era d’Aprile

Era d’Aprile Di Vincenzo Calafiore 12 Aprile 2017 Udine ( da: Le chiavi di casa ) “ Se un giorno dovessero chiedermi se ho vissuto. Risponderei: l’ho solo respirata la vita! Perché? Perché non ho potuto amare o non ho saputo amare! “ ( vincenzo calafiore) “ E’ impossibile rimanere lontano da lei, mi avrà fatto qualche sortilegio perché è impossibile per uno come rimanere fedele a una donna e ora trovarmi a desiderare solo che lei, solo lei! Non è stato possibile sfuggire al suo fascino mediterraneo, come del resto ai suoi occhi, quelle poche volte che ebbi la possibilità di guardarli in tutta la loro bellezza ne rimasi affascinato tanto da ricordarli per parecchio tempo dopo. In aprile il mare si lascia avvicinare molto di più degli altri mesi, al mattino è talmente splendente che a fatica si riesce a tenere gli occhi aperti, lui barbaglia gli occhi degli uomini per confonderli e non fargli trovare così il posto dove gettare le reti. Poi è un cangiare colori e di luce continuo fino a sera quando lo si sente solo respirare tanto si distende fino a diventare piatto, liscio come l’olio e quello è il momento magico in cui emana tutta la sua magia. Gli uomini la sentono addosso, l’avvertono dentro e se ne vanno a piedi scalzi lungo la riva, camminano e l’ascoltano! Lui gli racconta storie di tempeste e di navi affondate per vendicarsi dei suoi cavalieri trafitti da lucide fricine e fatti morire a testa in giù appesi per la coda all’albero maestro dagli uomini come trofei, come prede catturate dopo lunga battaglia. Hai mai guardato gli occhi di uno spada appeso per la coda? In quegli occhi grandi e tondi come il mondo ci puoi vedere tutte le profondità del mare, ma anche il dolore. Chiedigli a uno spada a cosa sta pensando mentre col suo sangue colando si unisce al suo mare.. Chiedigli a cosa e dove guardano i suoi occhi. Io quegli occhi li ho guardati, in ginocchio, mentre la vita lo abbandonava diluendosi nel mare. C’è così tanta tristezza. C’è così tanto amore che se ne va. Ma io una donna così leggera e svaporata come una nuvola la cercai per dare senso e meraviglia alla mia vita di fughe e lunghe traversate come se fosse mare, come fosse aria; e lei ora a dispensare sogni, a mescolare colori, a farmi luce o tenebra, a darmi sorriso che prima non c’era. Era stato un giorno d’aprile e il mare era liscio come una tavola, e barbagliava gli occhi, come uno piaggiatore andavo per mare ad ascoltare storie che venivano da lontano, avanti e dietro di me gabbiani curiosi mi seguivano e mi guardavano incuriositi come fossi uomo. Ma io non sono uomo, non l’ho mai voluto essere, come dice il mare l’uomo è il mio peggiore nemico! Io sono come il mare mi vuole fare. E lei veniva da un altrove lontano, esile e adolescente come un’alba di un april odoroso, passandomi vicino mi guardò con quegli occhi grandi e tondi come gli occhi di uno spada. Aveva in se l’odore che lascia di se una tempesta, nell’aria che respirai e che raggiunse il cuore; come un incantesimo non andai dove il mare voleva che andassi, ma la seguii come una barca segue la corrente in una dolce deriva. Quando su uno scoglio seduta a guardare il mare mi disse: Oggi c’è più mare, c’è più vita! Aveva in bocca le mie stesse parole e pensai che a posarla su quella spiaggia fosse stato il mare come un grazie, come un dono come fosse un angolo di cielo raggrumato agli orli degli occhi miei che non smisero più di amarla. Se questo gli uomini lo chiamano Amore, io lo chiamo vita. Se lei è ancora mare che in me suscita tempeste e lungi silenzi, tenere emozioni, ecco perché l’amo ancora adesso in queste mie geometriche distanze, in questi miei manti di silenzio! Lei viene ogni volta e come mare mi solleva, mi fa scoglio o riva, legno su cui salire e riposare, aria che lei respira come fossi mare, come fossi eterno.