Vibo Valentia, la giornalista francese Marcelle Padovani ha incontrato gli allievi del liceo Classico e artistico Morelli-Colao

Qual è l’eredità di Giovanni Falcone? La giornalista francese corrispondente del Nouvel Observateur, Marcelle Padovani, autrice del libro “Cose di Cosa nostra”, ha incontrato gli allievi del liceo Classico e artistico Morelli-Colao. Ne è nato un interessante dibattito in cui è emerso lo straordinario valore del giudice nella lotta alla mafia fino all’estremo sacrificio, nella strage di Capaci.

È sicuramente tra i libri che hanno segnato la fine della storia della prima Repubblica e l’inizio della seconda. Una pietra miliare nella storia della mafia. Tra le sue pagine si scopre un uomo simbolo della lotta alla mafia, integerrimo servitore dello Stato nella sua massima espressione, a difesa dei suoi valori fondamentali. Di questo libro, “Cose di cosa nostra” si è parlato al Liceo classico-artistico “Morelli-Colao” nell’ambito dell’incontro “Marcelle Padovani presenta Giovanni Falcone”. Un libro, ristampato per commemorare i vent’anni dalla strage di Capaci, che sa parlare alle nuove generazioni. E il dibattito che è scaturito tra gli studenti e la giornalista-scrittrice francese ha offerto diversi spunti di ulteriore approfondimento sul fenomeno, con uno sguardo diverso e una interpretazione più consapevole degli eventi passati, alla luce dei nuovi e più preoccupanti fenomeni che stanno contrassegnando la storia italiana a 25 anni dalla strage di Capaci. La Padovani, nel suo intervento introduttivo, ha rievocato la figura di Giovanni Falcone e le diverse peripezie che ha vissuto prima di poter scrivere il libro insieme al giudice; ha inoltre tracciato un ritratto della personalità di Falcone ma anche la storia di una amicizia. La corrispondente del “Nouvel Observateur” ha ricostruito il clima “ostile” che si respirava a Palermo, mettendo in luce la capacità di Falcone di cogliere le dinamiche più sottili e i messaggi occulti che bisognava decodificare in una realtà come Palermo in cui vigeva un clima di omertà e gli esponenti politici – ma anche i responsabili della giustizia – facevano molta fatica a parlare di presenza mafiosa. Il particolare fiuto di Falcone, entrato nel “Pool antimafia” fin dal suo nascere (di cui faceva parte anche Paolo Borsellino), voluto da Rocco Chinnici (ucciso nel 1983, a cui subentra nel 1984 Antonino Caponnetto) all’indomani dell’uccisione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa (3 settembre 1982), si è capito quando ha scommesso sull’affidabilità di Tommaso Buscetta, l’uomo-chiave che viene considerato il primo pentito della mafia che ha permesso di ricostruire le dinamiche interne a Cosa nostra. Un racconto evocativo che ha fatto rivivere gli ultimi tempi della vita di Falcone alla vigilia della strage di Capaci, il 23 maggio 1992 (in cui hanno perso la vita anche la moglie, Francesca Morvillo e la sua scorta, Vito SchifaniRocco DicilloAntonio Montinaro) compiuta dai vertici di Cosa nostra per cercare di fermare un lavoro che aveva dato come esito le storiche condanne al maxi processo di Palermo (con 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione) fondamentale nella lotta alla mafia e che, come ha sottolineato la giornalista francese, quella esperienza continua a fare scuola in tutto il mondo. Un’occasione straordinaria per i ragazzi del Liceo classico e artistico per confrontarsi con una delle giornaliste che si sente italiana, nonostante le origini francesi (nasce in Corsica e vive a Roma) profonda conoscitrice della politica in Italia fin dagli anni della strategia della tensione (i famigerati anni Settanta), ma anche la storia della criminalità organizzata calabrese, come dimostra il film di cui è autrice (insieme a Irène Richard), dedicato alla storia di Marianna Rombolà, “Une femme et la mafia”, donna che riceve il premio “Femme d’Europe” nel 1988, per il suo impegno contro la mafia a seguito dell’uccisione del marito (Vincenzo Gentile, medico, democristiano e sindaco della città di Gioia Tauro, ucciso l’8 maggio 1987 dalla ’ndrangheta). Le domande da parte degli studenti si sono concentrate non solo sulle vicende raccontate nel libro, ma anche su questioni relative all’uso dell’informazione e del linguaggio, ai pregiudizi per quanto riguarda i meridionali, la diffusione della criminalità organizzata nelle altre regioni, il mutamento che in questi ultimi anni ha avuto la criminalità che si è insinuata nelle istituzioni e le connivenze politico-istituzionali e la trattativa stato-mafia. La Padovani, alla fine del dibattito, ha elogiato gli studenti per la capacità non comune di fare domande che hanno richiesto delle risposte non semplici e dimostrando come i temi affrontati nel libro, siano stati analizzati con consapevolezza e con acume.

La Padovani  con il dirigente scolastico Suppa, mons. Fiorillo lo studente autore del ritratto e i docenti Fiamingo e Melecrinis

Il significato e l’importanza dell’incontro con la Padovani è stato sottolineato dal dirigente Raffaele Suppa e dal docente Tommaso Fiamingo che ha promosso l’iniziativa e che si è svolta all’Auditorium martedì 5 aprile (rientra nel progetto di Educazione alla Legalità). Ad aprire gli interventi il referente provinciale di Libera mons. Giuseppe Fiorillo, che ha esortato gli studenti ad essere seminatori “di veri semi, semi buoni da seminare, come i sogni, per creare un mondo più giusto” e non certo diventare “seminatori di sabbia”: “Il nostro compito – ha ribadito con accorato sentimento il sacerdote di Libera- è quello di far fiorire i semi buoni, mentre la sabbia acceca”. Nel corso del suo intervento ha ricordato i 900 martiri che sono stati menzionati nel corso della “Marcia della memoria” organizzata da Libera del 21 marzo che si è svolta a Messina, con la presenza del fondatore dell’associazione che si batte contro le mafie, don Luigi Ciotti, che “hanno seminato per dare testimonianza viva alla memoria di Giovanni Falcone, affinché si possa costruire un mondo più giusto”. Mons. Giuseppe Fiorillo, ricordando il libro anche di Enzo Biagi, “Disonora il padre”, ha spiegato che la generazione dei padri ha fallito “se il mondo è disseminato di tante troppe ingiustizie e di violenze”, e quindi “tocca ai figli cambiare rotta per realizzare il sogno in cui l’umanità sia cristianamente affratellata e non, come accade con le tante mafie che proliferano, piena di odio, di nemici, di discriminazioni e di ingiustizie”. L’incontro coordinato da Anna Melecrinis (docente di Storia e Filosofia), è stato suggellato dalla consegna di un ritratto della Padovani realizzato dall’allievo del Liceo Artistico Mattia Barbalaco, che lo stesso ha consegnato alla giornalista. Si segnala infine l’intervento di Franca Falduto (coordinatrice provinciale Consulta degli studenti).

Studenti del liceo Morelli Colao all'Auditorium