Mutilazioni genitali femminili: puntare su sensibilizzazione

In concomitanza con la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, 6.02, l’assessora provinciale alla sanità, politiche sociali e pari opportunità, Martha Stocker, rammenta l’incidenza del fenomeno facendo presente l’importanza della sensibilizzazione e della consulenza a livello locale per contrastarlo.

L’infibulazione e altre mutilazioni genitali femminili in varie realtà culturali nel mondo costituiscono una pratica obbligatoria che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Le donne che lo subiscono ne vivono le pesanti conseguenze sia a livello fisico che psicologico per tutta l’esistenza, e in molti casi periscono dopo l’intervento. Tale rituale è praticato in vari Paesi dell’Africa e dell’Asia benché molti Governi abbiano introdotto norme per contrastare il fenomeno. A livello mondiale ne sono colpite 140 milioni di bambine e donne, cifra che ogni anno aumenta di circa tre milioni. Secondo le stime in Italia vi sarebbero ogni anno alcune migliaia di bambine con background migratorio a rischio; infatti componenti influenti nell’ambito delle famiglie immigrate intendono mantenere salde le tradizioni sociali che vedono una profonda disparità di trattamento di donne e bambine. Anche in provincia di Bolzano, come fa presente l’assessora provinciale alla sanità, politiche sociali e pari opportunità, Martha Stocker, si presume vi siano donne che hanno subito simili mutilazioni genitali e bambine che potrebbero subirle. Per tale ragione, come prosegue, è di fondamentale importanza l’attivazione di misure di sensibilizzazione e di informazione. Solo sttraverso il dialogo e la consulenza si può indurre una modifica dell’impostazione culturale che approva queste pratiche.

In Italia, grazie alla Legge 9 gennaio 2006, n. 7 le donne sono tutelate da questo tipo di pratiche. La legge, infatti, in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995 nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine. Il Codice Penale (art. 583-bis e 583-ter) prevede la reclusione per chi esegue tali pratiche.