Il peso del manifatturiero al Sud

L’artigianato manifatturiero al Sud deve recuperare il gap con il centro-nord sul valore aggiunto per abitante. Lo evidenzia uno studio di Confartigianato. Dall’analisi del valore aggiunto dell’artigianato manifatturiero per abitante, le Marche si classificano al primo posto con un valore aggiunto di 1.704 euro per abitante, seguita da otto regioni con valori al di sopra della media nazionale di 885 euro per abitante tutte del centro-nord mentre al Sud l’Abruzzo raggiunge 858 euro per abitante, il Molise 838 euro/ab, la Basilicata 675 euro/ab, la Puglia 496 euro/ab e fanali di coda sono Campania e Calabria rispettivamente con 316 euro/ab e 311 euro/ab. Il maggiore peso delle imprese manifatturiere – commenta Rosa Gentile, vice presidente nazionale Confartigianato con delega al Mezzogiorno – influenza positivamente la crescita economica grazie alla maggiore produttività: il settore manifatturiero, infatti, presenta una produttività del 24,2% superiore a quella del totale economia. Per un’idea più precisa del “peso”, l’Abruzzo supera 1 milione 140 mila euro, in Basilicata sfiora i 400 milioni di euro, in Campania va oltre 1 milione 850 mila euro, in Puglia sfonda il tetto dei 2 milioni di euro. Quanto al numero di addetti dell’artigianato manifatturiero nelle regioni meridionali: Abruzzo (5.975 imprese, 18.128 addetti), Basilicata (2035 imprese, 5.264 addetti), Calabria (6008, 13.595), Campania (13581, 32531), Puglia (14596, 42263). “Il futuro del made in Italy – afferma Rosa Gentile – sta nel talento e nelle mani dei ‘nuovi artigiani’. Molte professioni rischiano l’obsolescenza, in particolare in contesti produttivi come quello attuale, sottoposte ad innovazioni scientifiche e tecnologiche costanti e talvolta repentine. Nella attuale società della conoscenza diventa necessario progettare professioni ampie e robuste che abbiano capacità di innovazione, che possano mantenere un’identità professionale malgrado l’inevitabile cambiamento di ruoli, percorsi, processi formativi che una persona può realizzare nella sua vita lavorativa. In questo contesto l’artigiano tradizionale – continua la vice presidente nazionale di Confartigianato – deve diventare un lavoratore che possiede capacità pratiche e specialistiche, storiche e tradizionali, che però integra sempre di più con conoscenze specialistiche digitali, in particolare conoscenze ed abilità informatiche. Fa uso di tecnologie digitali, di social-media, di networking ed integra le competenze specialistiche e tecniche con competenze come le capacità di lavorare in gruppi, di innovare costantemente il suo processo ed il suo prodotto, di negoziare con altre professioni, di costruire reti con fornitori e clienti, di comunicare utilizzando mezzi ad alta innovazione. Confartigianato ha correttamente messo in luce in una recente analisi sulle Smart City fatta dal suo Ufficio Studi (La città intelligente artigiana. Il contributo di Confartigianato alle città intelligenti in Italia) che gli artigiani sono nei fatti “l’ultimo miglio della Smart City”: dovunque ci sono reti serve chi cabla e manutiene; l’innovazione energetica richiede istallatori; la rivoluzione ICT richiede artigiani digitali. Solo nei 124 principali comuni italiani, le imprese artigiane attive nei settori associati alle Smart City sono ben 335.390. Per questo motivo – cita il rapporto – “Le MPMI artigiane si candidano a rappresentare l’ultimo miglio delle città intelligenti, il reticolo di competenze e soluzioni, tanto innovative quanto concrete, in grado di implementare rapidamente e con efficacia ogni nuova visione di governance e di servizi alle comunità urbane, garantendo al contempo diffusione capillare e contatto con i cittadini”.