Confcommercio: “Per Tari primato negativo a Potenza”

Potenza è il primo capoluogo di provincia per “misura dell’inefficienza” nell’applicazione della Tari (la tassa relativi ai rifiuti). Lo scarto percentuale rispetto al fabbisogno standard ammonta a più 70%, con una spesa storica di 14.470.798 euro e un fabbisogno di 8.504.864 euro. E’ quanto si rileva da un Rapporto di Confcommercio Imprese per l’Italia che precisa che iI “Fabbisogno Standard” rappresenta la spesa media per la realizzazione di un determinato livello di Sevizio contestualizzata in relazione alle caratteristiche del bacino demografico territoriale nonché del servizio stesso. In particolare il crescente peso della fiscalità locale si abbatta su commercianti, titolari di bar, ristoranti, piccole e medie attività di servizi della città di Potenza: lo scarto percentuale per queste categorie è pari al 143% rispetto alla bassa producibilità di rifiuti, del 15% rispetto alla media producibilità e del 35% rispetto ad alta producibilità. Tra gli altri dati negativi forniti nel Rapporto di Confcommercio: la percentuale di differenziata al 2015 a Potenza pari al 20% (media Italia 39%), il costo totale specifico del servizio pari a 0,57 euro/kg (media nazionale 0,42 euro/kg); il costo totale pro-capite pari a 230 euro/abitante (media nazionale 208 euro/abitante). Per Confcommercio Potenza siamo di fronte ad un’autentica “mazzata” per le imprese all’insegna dell’inasprimento fiscale più generale e della sperequazione. E’ lo stesso Comune ad ammettere che l’attuale sistema di raccolta non consente l’attribuzione in modo certificabile delle produzione di rifiuti alle singole utenze e che, nelle more del previsto regolamento ministeriale sui criteri/correttivi per la realizzazione di sistemi di misurazione puntuale dei rifiuti conferiti, non è possibile applicare la TARI con tariffa corrispettiva e pertanto “è necessario confermare l’utilizzo di un sistema presuntivo basato sull’applicazione parametrica”. Dunque, poiché nel Comune di Potenza non è stato adottato un sistema di rilevazione delle quantità di rifiuti individualmente prodotte dal singolo utente e non risulta possibile commisurare le quantità di rifiuti conferite dalle due categorie di utenza sulla base di comprovati dati statistici, nella ripartizione dei costi fissi e variabili fra le utenze domestiche e quelle non domestiche, l’Amministrazione Comunale del capoluogo ritiene “legittimo” tenere conto della rispettiva percentuale di partecipazione al gettito dell’anno precedente. Ma – rileva Confcommercio – già lo scorso anno l’incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti per alcune tipologie di impresa è stato salatissimo: incrementi tariffari che vanno dal 57% all’88% per ristoranti, pizzerie, pub, bar, pasticcerie, ortofrutta, pescherie, fiori e piante, pizza al taglio, etc. (con una incidenza che va da 19,39 a 33,53 euro/mq) e, per contro, un decremento tariffario del 19% per le attività industriali con capannoni di produzione (con una incidenza tariffaria di soli euro 6,86/mq.) ed una riduzione delle tariffe applicate a “banche ed istituti di credito” (- 14%) Per piccole imprese, per lo più individuali e di famiglia, sono incrementi molto rilevanti e ingiustificati che – commenta Fausto De Mare, presidente Confcommercio Potenza – derivano essenzialmente dall’adozione di criteri presuntivi e potenziali e non dalla reale quantità di rifiuti prodotta; una pesante penalizzazione per il sistema delle imprese della distribuzione e dei servizi di mercato che impone la necessità di rivedere al più presto la struttura dell’attuale sistema di prelievo sulla base del principio “chi inquina paga” e ridefinire con maggiore puntualità coefficienti e voci di costo distinguendo, in particolare, tra utenze domestiche e non domestiche e tenendo conto anche degli aspetti riguardanti la stagionalità delle attività economiche. Bisogna, poi, ridisegnare gli indici e le voci di costo che determinano i coefficienti in termini di ripartizione tra quota fissa e variabile e tra componente domestica e non domestica. Il Rapporto Confcommercio individua casi significativi di Comuni per quanto riguarda la scontistica, nonostante in generale le imprese del commercio hanno a disposizione un ridotto numero di agevolazioni e riduzioni ed ha approfondito le best practices adottate da alcuni Comuni relative a queste agevolazioni. Di qui la sollecitazione a formalizzare specifiche linee guida tecnico-operative per individuare un range di costi a totale copertura del servizio, affinché anche questa voce possa venire imputata, da parte del Comune, in maniera uniforme. In particolare, occorre individuare e definire in maniera puntuale: 1. costi del servizio: introdurre il riferimento ai costi standard o a un preciso range dal quale i Comuni non possano discostarsi; 2. utenze domestiche e non domestiche: prevedere criteri oggettivi per la ripartizione del peso del tributo; 3. coefficienti: superare la logica presuntiva e introdurre coefficienti di produttività determinati sulla base di campagne di pesatura che rispecchino la reale produzione di rifiuti; 4. agevolazioni/riduzioni: introdurre criteri premiali per la raccolta differenziata e riconoscere le differenze di qualità del rifiuto prodotto (alleggerendo il carico sulle attività economiche a elevata produzione di rifiuto differenziato) e di quantità (considerando la stagionalità di alcune attività).