Montecchia di Crosara, Pietro Maso chiede perdono al Papa lui gli telefona

Il telefono ha suonato. “Sono Francesco, Papa Francesco”. Il Pontefice ha chiamato Pietro Maso, l’uomo che massacrò i genitori il 17 aprile del 1991 a Montecchia di Crosara, in provincia di Verona, aiutato da tre complici. Per quell’efferato delitto Pietro Maso è stato in carcere 22 anni. L’uomo si racconta in una lunga intervista-memoriale al settimanale “Chi”. “Papa Francesco ha avuto compassione di me. Gli ho scritto una lettera che gli è stata consegnata dal mio padre spirituale, monsignor Guido Todeschini. E dopo pochi giorni il Papa mi ha telefonato. Lui e don Guido sono persone sante”. Così Maso che oggi ha 45 anni.

“Erano le dieci del mattino e suona il telefono. Ero con Stefania, la mia compagna, rispondo e sento: ‘Sono Francesco, Papa Francesco’. Preso dall’emozione dico ad alta voce: ‘Santità’. Era il 2013. Gli avevo scritto una lettera in cui dicevo ‘Chiedo scusa per quello che ho fatto, chiedo preghiere per i miei colleghi di lavoro che mi hanno accettato nonostante quello che ho fatto, chiedo una preghiera per chi opera per la pace”.

Pietro Maso, che in carcere ha avviato un processo di avvicinamento alla fede, racconta di aver goduto anche dell’intercessione di un altro Pontefice, Giovanni Paolo II. A monsignor Todeschini, “l’unico che mi tese una mano, Papa Giovanni Paolo II disse: ‘Vai avanti'”. Pietro Maso cerca poi di spiegare i motivi di quello che ha fatto e dice. “Adesso che ho scontato la mia pena lo posso dire: io non ho ucciso i genitori per soldi, perché i soldi li avrei avuti lo stesso. Dissi che il motivo era quello perché quando abbiamo commesso l’omicidio un mio amico si era fatto fare un prestito ed eravamo sotto con i soldi. Ma ho tentato altre volte di ucciderli. Io sono stato tanto malato da piccolo e i miei mi dicevano ‘Non andare a lavorare perché sei malato’, ‘Non uscire perché sei malato’, ‘Pensiamo a tutto noi’. E’ come essere gay e i tuoi non lo sanno. Ti vedono diverso, stai male e non capisci perché. Non ne puoi parlare liberamente perché i tuoi non vogliono. Stai in casa e soffri. Questo disagio potrebbe essere il motivo”. Il quarantenne veneto ha perso il lavoro e si è diviso dalla moglie Stefania. Si è trasferito in Spagna, dove vuole aprire una comunità di recupero. “Voglio accogliere chi ha sbagliato ed è in mezzo a una strada. Voglio dare un senso diverso alla mia vita. Solo chi è straniero capisce chi è straniero. Solo chi è in carcere capisce chi ci è stato”.