Reggio Calabria, confiscati beni per 214 milioni agli imprenditori Pietro Siclari e Pasquale Rappoccio

I due, messi sotto vigilanza speciale per tre anni e sei mesi, sono ritenuti contigui ad esponenti della ‘ndrangheta legati alle cosche Tegano e Condello di Reggio Calabria, Alvaro di Sinopoli, Barbaro di Platì e Libri di Cannavò. Complessivamente sono stati confiscati, in Calabria e Lombardia, 220 beni immobili tra appartamenti, ville e terreni, 9 società e 22 rapporti finanziari.

Dalle indagini dei finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza e degli uomini della Dia e da un’analisi economico-finanziaria, sarebbe stata accertata una palese sproporzione tra l’ingente patrimonio individuato ed i redditi dichiarati dagli imprenditori, tale da non giustificarne la legittima provenienza.

Sono state analizzate le articolate operazioni societarie effettuate da Pietro Siclari e Pasquale Rappoccio e dai rispettivi nuclei familiari, le quali, nel corso dell’ultimo ventennio, hanno determinato un arricchimento decisamente anomalo, se rapportato alla lecita capacità reddituale dichiarata dai soggetti investigati.

Pietro Siclari, noto imprenditore nei settori edilizio, immobiliare e alberghiero, era stato tratto in arresto il 17 novembre 2010 per estorsione perché, è scritto nell’ordinanza, “avvalendosi anche della forza di intimidazione derivante dagli stretti rapporti con alcune delle cosche mafiose della provincia di Reggio Calabria, avrebbe minacciato di morte un parente di un suo dipendente e costretto quest’ultimo a formalizzare le proprie dimissioni dall’azienda rinunciando alla propria liquidazione. Tale episodio risale al mese di agosto 2006, quando, successivamente ad una rapina avvenuta il 4.8.2006 presso la sua azienda, ha cercato di sfruttare la conoscenza di noti esponenti della criminalità organizzata per individuare gli autori del delitto. Queste sue ricerche lo hanno condotto al presunto basista della rapina, figlio del proprio dipendente, nei cui confronti ha poi attuato le ritorsioni estorsive descritte”. La vicenda giudiziaria si è conclusa con la sentenza di condanna alla pena di anni otto di reclusione ed euro 2.500,00 di multa, emessa in data 08/07/2013 dal Tribunale di Reggio Calabria.

Su Pasquale Rappoccio, invece, già presidente e proprietario della squadra di pallavolo femminile reggina “Medinex”, militante nella massima serie, nonché socio della “Piero Viola”, prestigiosa società sportiva che ha vantato decenni di presenza nel massimo campionato di basket italiano, è un soggetto incensurato, ma che, tuttavia, secondo gli inquirenti “sarebbe coinvolto in importanti procedimenti penali volti a contrastare lo sviluppo e la penetrazione delle potenti cosche di ‘ndrangheta negli ambienti imprenditoriali e finanziari reggini. Significativa è definita la sua presenza a un matrimonio, prova della sua considerazione all’interno della cultura che contraddistingue gli ambienti mafiosi”.

Sempre secondo le accuse diverse sarebbero le iniziative imprenditoriali che lo vedrebbero coinvolto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta, tra le quali si evidenziano, a titolo esemplificativo, le cointeressenze societarie nel lussuosissimo “Grand Hotel de la Ville” e nel “Piccolo Hotel s.r.l.”. Inoltre, Rappoccio, come emerge nell’ambito del procedimento “Reggio Nord”, sarebbe tra gli ideatori e suggeritori del meccanismo formale atto a schermare l’operazione di acquisto da parte della cosca Condello della lucrosa attività commerciale “Il Limoneto”, storico locale di riferimento della movida reggina.