Roma Santa Cecilia, stagione 2015-2016. L’Europa è qui, all’Auditorium

“L’Italia vuole uscire dalle sue difficoltà? Si ispiri all’esempio di Santa Cecilia, al lavoro portato avanti da sir Antonio Pappano e dall’Orchestra e Coro dell’Accademia”. Così un notista francese commentando la recente impresa (fine maggio 2015) della compagine ceciliana e del suo direttore, quando sono scesi nella tana del lupo portando l’Ottava di Bruckner a Dresda, strappando il più lungo e unanime applauso che la Frauenkirche abbia mai udito tra le sue navate. Un lavoro imponente: di anno in anno le due stagioni romane – sinfonica e cameristica – si fanno più impegnative, più onnivore e al tempo stesso più equilibrate e solidamente orientate su precisi assi tematici. Il programma 2015-2016, appena presentato, è in crescendo rispetto al 2014-2015, già sorprendente per ampiezza e densità.

Inutile, perfino fuori luogo tentare schemi e sunti. Meglio leggerselo, il programma completo, sul sito dell’Accademia: Santa Cecilia ha fatto quest’anno un apprezzabile lavoro sul web, pubblicando l’intero calendario da sfogliare direttamente online o da scaricare. Qui saltiamo la consueta articolazione (sinfonica, cameristica, orchestra giovanile, conferenze…) alla ricerca dei Leitmotive, dei filoni, delle correnti sotterranee che scorrono sotto l’ordinata sequenza dei concerti.

Intanto ci sono veri e propri cicli – e che cicli –. A cominciare dall’integrale delle integrali, quella delle Nove Sinfonie di Beethoven. Che Pappano esegue ogni volta in abbinamento con partiture d’oggi o dell’epoca di Beethoven, affini per tema e spirito o per cultura e stile. Il concerto inaugurale (3-5-6 ottobre) dà il la partendo dal fondo, dalla Nona; cui il programma accosta – per restare in tema di liberazione, umanesimo e universale fratellanza – l’inedito Bread, water and salt di Luca Francesconi su testi di Nelson Mandela. La seconda parte (10-12-13/10) getta luce sulla koinè dell’evo napoleonico, sulle forme a cavallo tra Neoclassicismo e Romantik: di Beethoven si eseguono la Seconda e la Quinta, precedute dall’ouverture de L’Olympie di Spontini. Analogamente, nel terzo appuntamento (17-19-20/10), il Beethoven della Quarta e della Settima è posto a confronto con un’altra pagina emblematica del periodo, l’ouverture da Medea di Luigi Cherubini.

Quello delle Nove Sinfonie è un caso canonico, pronto per finire su cd. Ma di cicli “diffusi” e distribuiti sono piene le stagioni 2015-2016 di Santa Cecilia: i concerti per piano e orchestra di Mozart, specie quelli “col quattro”, i magnifici della serie K400, contemporanei di Don Giovanni, maturi, elusivi, finemente preromantici, qui affidati a mani diverse di grandi specialisti come Lonquich (a novembre), Radu Lupu (a dicembre), la coppia Jaap van Zweden – Benedetto Lupo (a febbraio), Wun Chung (a marzo).

Altro fiume carsico della nuova stagione è la presenza russa e slava: dagli interpreti (la serie dei pianisti: Luganskij, Pletnev,Trifonov, Matsuev) al repertorio (molto Čajkovskij, molto Stravinskij e poi Šostakovič, Glinka, Rachmaninov, Prokof’ev…). E c’è anche un rivolo piuttosto inusuale, quello che potremmo definire dei “secondi mestieri”: qui abbiamo Leonidas Kavakos, violinista tra i maggiori del nostro tempo, che impugna la bacchetta per dirigere un organico prima contenuto (con Haydn e Mozart) poi – con la Settima di Dvořák – la turgida orchestra tardo romantica. In senso inverso va sir Pappano, che il 17 dicembre siede al pianoforte per duettare con violino e violoncello in due sonate e in un trio di Brahms.

Non mancano tutti gli altri ingredienti d’un calendario sinfonico-cameristico di primissimo livello: le grandi produzioni (La Creazione di Haydn, la Quarta e la Nona di Bruckner, Così fan tutte in forma di concerto…), il moderno e contemporaneo in diverse salse (da Oedipus Rex di Stravinskij ai Kindertotenlieder di Mahler, dalla Pavane pour une enfante defunte di Ravel alRequiem di Fauré, dallo Schönberg del Concerto per violino al Novecento americano di Bernstein, Barber e Adams), l’omaggio alla musica da film che spazia da Aleksandr Nevskij di Prokof’ev al tutto Morricone diretto da Morricone (21-23-24 maggio) e alle musiche della disneyana Fantasia(a gennaio, fuori abbonamento).

Piatto ricco, grandi nomi, glorie consolidate e giovani solisti affermati, rarità e grandi pagine popolari, prime esecuzioni, nuove letture di testi sacri… E ci sarebbe da dire della Juniorchestra, delle conferenze, delle guide all’ascolto, di Santa Cecilia per le scuole… Ma c’è tutto suwww.santacecilia.it, comprese le informazioni pratiche, dai prezzi di biglietti e abbonamenti alle mappe delle tre sale dell’Auditorium. Qui preme ribadire che il critico francese con cui abbiamo aperto le nostre due chiacchiere non ha esagerato: scorri la stagione 2015-2016 di Santa Cecilia e pensi che l’Europa colta, ricca e capace (di restare se stessa e reinventarsi) abita qui, sotto le volte degli “scarabei” di Renzo Piano. Ha ragione lui: un esempio da seguire.