Regione che vai fisco che trovi

Nel 2014, per i 5 tributi più rilevanti (Imu, Tasi, Irap, addizionali regionale e comunale Irpef) una piccola impresa del Sud ha versato nelle casse delle Amministrazioni locali in media 10.985 euro. Una somma che però lievita fino a 11.933 euro per effetto dell’indeducibilità dell’Imu dalla base imponibile Irap, un’autentica tassa sulla tassa, con un prelievo complessivo per addetto pari a 2.387 euro. A riferirlo è Rosa Gentile, vice presidente nazionale di Confartigianato con delega al Mezzogiorno citando i dati dell’Ufficio Studi Confartigianato che in vista della presentazione della Legge di stabilità che dovrebbe intervenire anche sulle tasse locali, ha calcolato l’impatto delle imposte sulle imprese. E’ proprio il caso di affermare – dice Gentile – “Regione che vai, fisco che trovi” in quanto le nostre elaborazioni mostrano le differenze del prelievo nelle diverse aree del Paese. A livello del Mezzogiorno, si passa dai 9.467 euro come prelievo medio in Sardegna ai 12.547 euro in Campania (in Basilicata 10.317 con un prelievo complessivo per addetto pari a 2.063 euro). E tra le 47 province con peso maggiore per il prelievo su impresa-tipo per addetto, i tre quarti sono province del Sud. La forbice dei tributi locali si apre anche tra le province: i piccoli imprenditori più tartassati sono quelli di Napoli che per Imu, Tasi, Irap, addizionali Irpef regionale e comunale nel 2014 hanno pagato 12.613 euro, Salerno con 12.560 euro, Reggio Calabria con 12.518 euro, Caserta con 12.505 euro, Cosenza con 12.500 euro, Catanzaro con 12.499 euro, Benevento con 12.490 euro, Roma con 12.372 euro, Crotone con 12.347 euro e Rieti con 12.250 euro. Al capo opposto della classifica, il fisco è più clemente con gli imprenditori di Aosta con 8.216 euro. La situazione messa a nudo da Confartigianato impone scelte immediate. “Ridurre la pressione fiscale – sottolinea la vice Presidente di Confartigianato – è la priorità per i piccoli imprenditori. Tra tasse locali e prelievo dello Stato centrale paghiamo troppo e in modo troppo complicato. Confartigianato continua a chiedere una riforma che riduca la pressione fiscale che grava sulle piccole imprese, quelle che meno beneficiano della riduzione dell’Irap. Va ridotta la tassazione sugli immobili produttivi (capannoni, laboratori, macchinari, attrezzature) che non possono essere considerati alla stregua delle seconde case. e va abolito il groviglio IMU/TASI/TARI, che come nel gioco delle tre carte vede sempre vincente il banco. Dal Governo ci attendiamo che realizzi quanto ha promesso a fine giugno: attuare nella legge di Bilancio i decreti della delega fiscale rimasti in sospeso. Riguardano la determinazione dei redditi delle imprese in contabilità semplificata secondo il criterio di cassa e non di competenza. Così che le tasse si paghino sulle fatture incassate e non su quelle emesse come succede oggi. Poi l’introduzione dell’Iri, la nuova imposta sul reddito di impresa che consentirebbe anche alle piccole imprese di avere una aliquota come quella Ires al 27,5% e non quella progressiva Irpef. E la definizione del nuovo regime forfetario”.