A Castelsaraceno nasce il Museo della Memoria, delle Tecniche e dei Saperi pastorali

L’amministrazione comunale di Castelsaraceno ha approvato il progetto definitivo per l’allestimento del Museo della Memoria, delle Tecniche e dei Saperi pastorali. Un inno alla storia di Castelsaraceno che oggi brulica più a tavola che nei manuali, più nella tradizione orale e nell’esperto passaparola dei nonni ai nipoti che nel tramandare un’attività semi-nomade che è una delle cifre stilistiche passate della vita a Castelsaraceno.

Una narrazione che canta la formazione di Castelsaraceno, prima ancora che come borgo medievale frutto dell’incastellamento dell’Età di mezzo, attraverso una via di passaggio che definiva proprio il territorio castellano. Un melting pot di genti che battono la strada dei tratturi della transumanza, ricalcando un antichissimo sentiero che risalirebbe all’Età del Bronzo.

Per rendere operativo un progetto ideato anni fa, amministrazioni fa, è stato necessario un investimento di 355.602,68 Euro, una somma finanziata dal P.S.R. Basilicata 2007/2013 sulla Misura 323 “Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale” e dalla “Struttura di Progetto Val d’Agri” del Dipartimento di Presidenza della Giunta Regionale.

Rispettivamente, un fondo europeo ed uno regionale per la valorizzazione e la promozione delle risorse culturali, ambientali e agroalimentari locali.

La società vincitrice dell’appalto per l’allestimento della struttura museale è la Space S.p.a., un team di professionisti, con un’esperienza trentennale nella produzione e nella fruizione culturale, nella spendibilità di un prodotto culturale reso appetibile grazie all’utilizzo di sofisticati canali tecnico-informatici.

La società pratese ha proposto una programmazione di promozione (ideazione e progettazione grafica del sito internet, realizzazione di locandine) e una lungimirante organizzazione spaziale della struttura, un involucro architettonico quadripartito nella Stanza del tempo, dello spazio, del sapere, della Memoria: immergersi nel passato per recuperare un sapere spazialmente e temporalmente determinato nel campo sterminato della nostra Memoria.

Oltre a questi spazi concettualmente essenziali per definire l’identità del Museo, saranno a disposizione di chi vorrà far visita al museo etno-antropologico, delle possibili summer school organizzate, un’aula arredata di 10 pc e una sala conferenze con una capienza di 100 persone.

L’allestimento tecnico andrà a costruire la cornice di un quadro contenutistico impostato e rifinito dal coordinamento scientifico del progetto, nella persona del professor Ferdinando Mirizzi, direttore del Dipartimento delle culture europee e del Mediterraneo dell’Università degli Studi della Basilicata, con cui il Comune ha formalizzato specifica convenzione. Dai saperi popolari dei pastori a fenomeni storici e millenari che hanno caratterizzato Castelsaraceno (per esempio, il fenomeno migratorio del XIX secolo e il rito arboreo della ‘ndenna), il materiale su cui lavorare, attraverso la ricerca bibliografica, sul “campo” dell’artigianato locale, e il coinvolgimento delle persone anziane, attualmente il 60% delle risorse umane del paese.

In realtà, le risorse umane su cui il progetto vuole investire sono i giovani.

Rendere il progetto del Museo esecutivo vuol dire creare posti di lavoro, formare nuove professionalità che si realizzino nel proprio territorio, riabbracciando il senso di appartenenza a una storia e una geografia che si riconoscono come proprie e proprio attraverso questo riconoscimento ci si ingegna per promuovere quel bagaglio di esperienze all’esterno, in un pacchetto turistico che faccia della cultura, del passato riscoperto la propria bandiera del marketing.

Creare un contenitore culturale di questo spessore vuole altresì dire consolidare un patrimonio, materiale e immateriale, che sia condiviso dalla cittadinanza, la quale in questa partecipazione si rafforza come comunità.

Se un bambino assiste all’intervista del proprio nonno o della nonna del suo amico di banco – trasmesse su più pannelli di sala – sulle tecniche e gli strumenti di lavoro pastorali proiettati in 3D, sugli aspetti culinari di un’economia che ormai pullula come le primule rosse, e poi si trova immerso nella scìa di odori che rievocano gli aspetti tipici della comunità, allora magari portata a termine la fase obbligatoria della scuola penserà di investire su quei volti, quei profumi e creare un’azienda agroalimentare, zootecnica nel paese che poi trovi nel Museo uno dei punti nodali per commercializzare e pubblicizzare il prodotto. A prescindere da un investimento del genere, comunque quel bambino apprezzerà l’artigianato e la manualità, non intendendola semplicemente attraverso il touch di un dispositivo mobile.

Il lavoro di ricerca, di elaborazione del materiale (grafico, artigianale, divulgativo) e di promozione del servizio museale, delle sue collezioni, dovrà chiudersi entro fine anno.

La struttura vuole tramandare, nel senso etimologico del “mandare oltre”, una possibilità culturale che stimoli opportunità economiche per il territorio, magari un mercato contadino gestito con un contratto di servizio al privato da parte dell’ente pubblico o un albergo diffuso che vada a colmare l’handicap di ospitalità che ad oggi ci caratterizza.

Ma perchè un privato investa energie e risparmi, perchè si crei un’armoniosa partnership, è necessario che un progetto di sviluppo turistico sia autorevole, credibile.