31 le imprese lucane che al 30 giugno hanno portato i libri in tribunale

Dal primo gennaio 2009 al 30 giugno scorso i fallimenti in totale sono stati 372. Lo evidenzia l’Ufficio Studi Confesercenti che ha rielaborato su scala regionale il rapporto, aggiornato al secondo trimestre 2015, realizzato da Cribis D&B, la società del gruppo Crif specializzata nella business information. Una notizia parzialmente positiva per le imprese: dopo un lungo periodo in cui il totale dei fallimenti è risultato in continua crescita, nei primi sei mesi dell’anno il numero si è fortemente ridotto. Il primo semestre del 2015 in media nel Paese sono fallite 53 imprese ogni giorno (considerando le sole giornate lavorative), poco più di 2 imprese ogni ora. rispetto a giugno 2009 la percentuale dei fallimenti è in aumento del 58,8%, contro il +79% di un anno fa, un altro dato che sottolinea un segnale di ripresa economica. Con l’edilizia è sempre il commercio al dettaglio – commenta il presidente di Confesercenti Potenza Prospero Cassino – il settore più colpito. Per questo – aggiunge – l’82% degli imprenditori, a giugno, dichiara di non aver intercettato l’inversione di tendenza. Più di uno su due, il 51%, non rileva miglioramenti rispetto al 2014, mentre il 31% sostiene di avere subito un nuovo calo. Solo il 17% delle imprese vede segnali di miglioramento. Il perdurare dello stato di difficoltà si ripercuote sulla capacità di investimento delle imprese: solo il 18% ha dichiarato di aver assunto a tempo indeterminato nuovo personale, e la metà ha potuto farlo solo grazie ai nuovi sgravi contributivi. Ma l’80% segnala di non avere ancora l’esigenza o la forza per prendere nuovo personale. Queste le proposte per arrivare ad un’inversione di tendenza: “Servono sgravi fiscali per i commercianti – afferma il presidente di Confesercenti – in particolare nelle zone colpite dalla desertificazione commerciale e, soprattutto, un piano di rilancio dei centri storico a cominciare da quello del capoluogo di regione. “Riteniamo – aggiunge – che ancora una volta la nostra politica abbia sottovalutato questi aspetti e abbia ignorato lo stato di agonia che in cui si trovano le nostre imprese. Per questo riteniamo che sia arrivato il momento di passare all’azione”. Sui Fondi strutturali europei ci giochiamo le prospettive di rilancio produttivo e sociale e – continua – i protagonisti potranno essere i Comuni ovviamente dotandosi di una concreta progettualità. Di qui un lungo elenco che punta a sviluppare i sistemi integrati delle strutture urbane delle città e zone interne; rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione; migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo; tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse; promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete; promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori; promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione; investire nell’istruzione, formazione e formazione professionale, per le competenze e l’apprendimento permanente; rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un’amministrazione pubblica efficiente.