FdI-An su inaugurazione anno giudiziario

“Una cerimonia autoreferenziale; il messaggio che arriva è di un pianeta giustizia lontano dalla società, dalla vita di tutti i giorni. Un acquario, per addetti ai lavori e pochi altri”. Così Luciano Petrullo, portavoce della segreteria politica Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale di Potenza, commenta l’inaugurazione dell’anno giudiziario nel capoluogo di regione

“La gente, la destinataria del primario servizio, la finanziatrice del meccanismo, e troppo spesso la prima vittima della giustizia, non c’è, neanche attraverso i suoi quotidiani rappresentanti, perché tali non sono più i politici e le istituzioni. La giustizia viene vissuta come una foresta inaccessibile e pericolosa. Troppe sentenze in rito, tuona, a ragione, il Presidente degli avvocati di Matera, in numeri significa la maggioranza dei provvedimenti, il che significa come il bene della giustizia oggetto del ricorso alla stessa, rimanga un ospite sgradito dei processi, in meno della metà dei casi oggetto di attenzione.

Del resto una politica legislativa tendente indiscriminatamente alla dissuasione al ricorso alla giustizia, con paletti di ogni tipo, tranelli, decadenze e, dolcemente alla fine, costi esorbitanti in costante aumento da anni, a fronte di un servizio – continua Petrullo – che in buona parte viene garantito da giudici onorari sfruttati dallo stato e senza che questo richieda loro formalmente alcun serio requisito, non può avere come conseguenza che il distacco più totale che corrisponde a una sostanziale mancanza di fiducia nella giustizia stessa. E questo, in uno stato di diritto, è grave, se non un dramma.

E così la cerimonia avanza stancamente, con slogan vecchi come il tempo (la Basilicata non è a rischio criminalità organizzata, slogan che non convince più nessuno), le rivendicazioni del Governatore sulla modifica dello sblocca Italia, o il suo grido di dolore per una visione da “terra dei fuochi” della Basilicata da parte della televisione di Stato.

Timidamente le forze politiche si appellano al rappresentante del governo perché non scompaia la Corte di Appello, se non proprio la Regione Basilicata, in una atmosfera che è pregna della consapevolezza che tali obiettivi difficilmente potranno essere impediti.

Un senso generale di stanchezza, poche note che richiamino l’attenzione, o la curiosità, o che suscitino una qualche emozione. Uno strano periodo quello che stiamo vivendo, nel quale le passioni, i valori, le certezze scompaiono poco alla volte.

Non basta, insomma, inasprire le pene, perché la società torni a provare vergogna e indignazione per le malefatte quotidiane da parte soprattutto di chi dovrebbe agire in nome del popolo sovrano – perchè questo è il male dei nostri giorni, l’indifferenza e la mancanza di indignazione, perchè si ammette tutto come possibile e da digerire-. Quello che occorre è la sanzione sociale, l’unica, ormai, con processi così lenti, che può ghettizzare il malaffare nella vita di tutti i giorni. La sanzione sociale che non prevede omertà di sorta, che scatta a ogni dubbio di illegalità, che indigna e che, di conseguenza, cala come un peso insostenibile sulle spalle di chi commette reati, cosa che la giustizia non fa più, riuscendo finanche a essere percepita come stelletta al valore, al sacrificio, all’altruismo.

Un popolo per essere tale deve difendere i grandi valori e condannare, moralmente, qualsiasi manifestazione di illegalità, anche la più piccola, senza aspettare che una costosa e elefantiaca giustizia rimetta le cose a posto; perché la giustizia non rimette le cose a posto, attuata dopo tanto tempo, lascia cicatrici incredibili. Solo un senso etico spiccato di un’intera popolazione può essere la base dello Stato che tutti dicono di volere, ma che nessuno si preoccupa di costruire”.