1.665 casi di violenza registrati in tutta la Toscana dal Codice Rosa nel primo semestre 2014

codice rosaDal primo gennaio 2014 il Codice Rosa è presente  in tutte e 16 le aziende toscane (le 12 aziende sanitarie e le 4 aziende ospedaliero-universitarie), e i dati rilevati dalle aziende confermano l’importanza di proseguire nell’azione intrapresa per il riconoscimento e l’emersione del fenomeno dei maltrattamenti e abusi commessi nei confronti delle fasce deboli della popolazione.

Questi i dati dal 2012, anno in cui, dopo l’esperienza pilota di Grosseto, il Codice Rosa è stato introdotto nelle Asl toscane. Nel 2012 (anno in cui il Codice Rosa era presente in 5 aziende) sono stati registrati 1.455 casi. Nel 2013 (Codice Rosa presente in 10 aziende), 2.998 casi. Nel primo semestre 2014 (tutte e 16 le aziende toscane), 1.665 casi, di cui 1.472 su adulti (1.367 maltrattamenti, 64 abusi, 41 stalking), e 193 su minori (164 maltrattamenti e 29 abusi).

“Con l’estensione del progetto Codice Rosa a tutte le aziende toscane – dice l’assessore al diritto alla salute Luigi Marroni – in ogni azienda è ora attivo un gruppo che opera raccordandosi con la realtà territoriale dei consultori, si armonizza con la storica rete dei centri antiviolenza e delle associazioni di volontariato, con le Forze dell’ordine e le Procure della Repubblica per l’attività di indagine e repressione dei reati”.

Nei dati rilevati nel primo semestre 2014, negli adulti la percentuale maggiore di incidenza riguarda il sesso femminile con l’84%, le fasce di età più colpite sono quelle 30-39 e 40-49 anni, la cittadinanza è italiana nel 72% di casi. Nei minori, la maggiore incidenza riguarda il sesso femminile nel 52% di casi, ma a differenza degli adulti, nei minori la distinzione non è altrettanto netta; le fasce di età più colpite sono quelle 7-11  e 12-14 anni e la cittadinanza è italiana nel 70% dei casi.

Il “percorso rosa” identifica un percorso di accesso al pronto soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, senza distinzione di genere o età che, a causa della loro condizione di fragilità, in particolare nell’ambito delle relazioni affettive e/o di fiducia, più facilmente possono diventare vittime di violenza altrui, trovandosi in situazioni psicologicamente subordinate: donne, uomini, bambini, anziani, immigrati, portatori di handicap, vittime di discriminazioni razziali, religiose o omofobiche, donne sottoposte o a rischio di pratiche di mutilazioni genitali femminili.

Il lavoro di squadra si è rivelato indispensabile per mettere in rete tante competenze diverse – medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, magistratura, forze dell’ordine, associazioni, centri antiviolenza – ed ha consentito di far emergere gli episodi di violenza, dare sostegno alle vittime e perseguire i responsabili.
In particolare le problematiche dei minori sono emerse nella loro terribile evidenza, riconoscere  i “segni” non sempre palesi di maltrattamenti o abusi è difficile e richiede l’occhio attento del personale. Grazie ad un’azione formativa specifica, svolta in collaborazione con il Meyer, il personale del pronto soccorso è in grado di contribuire al riconoscimento dei casi e raccordarsi  con le forze dell’ordine e le Procure per  interrompere storie di violenze troppo spesso collocate  all’interno delle mura familiari.
Tutto questo è stato possibile grazie alla professionalità , alla motivazione ed alla collaborazione continua di tutti i professionisti che compongono la “squadra regionale” .