Pisa piange Gianfranco Raspolli Galletti

Gioco del PonteClasse 1925, da quasi quarant’anni autore di testi in vernacolo pisano, è mancato presso l’antica casa di famiglia a Titignano, dopo un breve periodo di malattia. La scomparsa di Galletti colpisce in modo particolare il mondo del vernacolo pisano, di cui Galletti è stato indiscusso protagonista sia come cultore e studioso che soprattutto come poeta.

Oltre cinquecento sonetti raccolti in innumerevoli riviste e svariate pubblicazioni, spesso corredate da illustrazioni memorabili, costituiscono un lascito fondamentale per la letteratura vernacola pisana iniziata nel 1872 coi “Cento sonetti” di Renato Fucini e ricca ormai di centoquaranta anni di storia. Galletti, dopo la Laurea in Medicina agli inizi degli anni Cinquanta, per circa quaranta anni aveva esercitato la professione di medico di famiglia nel proprio paese natale, Titignano, stimato ed apprezzato per la sua competenza, umanità e dedizione verso i pazienti di ogni ceto. E’ proprio durante la sua attività di medico di paese che ebbe modo di assistere a macchiette vernacole particolarmente gustose, che lo indussero a scrivere i primi sonetti verso il 1977.

Nel 1980 esce “I sonetti der Galletti” – ormai una rarità bibliografica nell’edizione originale – e di lì a poco si sarebbe avuta una fioritura di nuovi scrittori vernacoli che ha animato per circa tre decenni il panorama culturale nostrano. Dopo il pensionamento, nel 1991, Galletti ha avuto modo di dedicarsi a tempo pieno al vernacolo: ha presieduto giurie, pubblicato saggi, tenuto lezioni e incontri, valutato ed incoraggiato le nuove leve di questa materia solo apparentemente facile e leggera. E’ stato la vera colonna delle riviste del settore, “Er Gobbo” di Adami e soprattutto il trimestrale “Er Tramme” diretto da Benozzo Gianetti che ancora oggi offre agli appassionati fresche pagine di linguaggio pisano.

Nel 2012 ha pubblicato il libro “Robba vecchia e Robba nova”, una raccolta di sonetti selezionati dalla propria sterminata produzione, con illustrazioni di Nicola Gorreri e prefazione di Lorenzo Gremigni. Brillante, simpatico, dal genio irrefrenabile e dalla lingua pungente, Galletti era considerato da tutti un maestro e il padre del vernacolo contemporaneo. Caso unico tra i poeti vernacoli, Galletti aveva ricevuto nel 2011, proprio in quanto poeta dialettale, l’attribuzione del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica con nomina presidenziale.

Il funerale presso la Chiesa di Titignano lunedì 29 settembre alle ore 15.30.

Ecco due suoi celebri sonetti, uno spiritoso e l’altro malinconico:

Credi e ‘un indagà Per fanni dì una messa alla mì zzia, mòrta di fresco, dar Curato ‘ndiedi. Mi ‘hiese mille lire e gliele diedi; ma prima di lascià la sagrestia,

vòrsi sapé come qquarmente sia che co’ vadrini ‘r cèlo si rimedi. – Non indagare! – fece ‘r prete – Credi! – e aprì la porta per mandammi via.

Ora, o fu la ‘orrente o fu ‘r peccato, scòrsi una vedovella sur sofà dall’uscio dello studio spalancato.

– Lei lì – dissi fra me – cosa ci fa?! – Ma mi sovviense ‘r motto der Curato e mi ‘onvinse: “Credi e ‘un indagà!”

Rïordi passati La rincontrai ‘na sera … Sì, era lei. Mi guardò. – Come stai? – n’ho dimandato. – Io m’accontento … e lei? – Mi dai der lei?! Di tempo proprio tanto n’è passato…

Insegni? – Ho smesso – Gia ‘n penzione siei? – Faccio la nonna: la bimba ha sposato… – Vòrse sapé di me; chiese de’ miei, ma di noartri due nun s’è parlato.

Le labbra un giorno avide di baci, avvizzite dar tempo e dar rossetto.