Premio Telaio 2014 al regista Fabio Mollo e a Norina Ventre Mamma Africa

Premio TelaioIl premio letterario “Il telaio” 2014, giunto all’ottava edizione,  è stato assegnato al regista Fabio Mollo e a Norina Ventre, l’anziana donna conosciuta come “Mamma Africa”. La cerimonia di consegna si è svolta nei giorni scorsi (Piazza Italia). A consegnare il riconoscimento il sindaco Giuseppe Navarra e l’assessore alla Cultura Luisa Ferrazzo. Durante la cerimonia, a scandire i diversi momenti, i canti e i racconti della cantastorie Francesca Prestia con il suo gruppo, un repertorio che ha narrato la condizione delle donne nelle diverse epoche e realtà storico-sociali, come la Ballata di Lea (dedicata a Lea Garofalo), Mare Nostrum (ispirata alla drammatica epopea di una donna etiope costretta a fuggire dalla propria terra e che ora vive in Calabria), o Melusina, canto ispirato all’omonimo racconto di Alvaro sul tema dell’identità violata. Storie e significati che hanno caratterizzato anche il lavoro portato avanti dai premiati.

In primo piano il giovane regista calabrese Fabio Mollo (Reggio Calabria), che attraverso il cinema racconta la condizione esistenziale periferica al limite che sperimentano le nuove generazioni che vivono in Calabria, in una duplice e contrapposta  esperienza: da un lato il degrado etico-sociale, la mancanza di prospettive, l’oppressione psicologica e materiale legata alle organizzazioni criminali; dall’altra il desiderio di evasione e di emancipazione e la lotta per la conquista di spazi in cui poter esprimere un’identità obliata. Questo contrasto genera nel racconto cinematografico una tensione drammatica, dove si intrecciano sentimenti umani e poetici. Leitmotiv il mare, con il suo dialogo catartico. Il vasto orizzonte che si apre di fronte fa riemergere le radici profonde di una memoria ancestrale e mitica che partorisce una realtà immersa in una dimensione onirico-simbolica. Questa trasfigurazione viene rappresentata attraverso la poetica dello sguardo: che va a penetrare in profondità la visione della vita e delle realtà, come emerge nel suo primo lavoro, il cortometraggio “I giganti” (proiettato nel corso della manifestazione e girato a Reggio nel 2006), ma in modo mirabile ed esplicito, nella sua opera di esordio, “Il Sud è  niente” che racconta l’odissea di una ragazza adolescente verso la scoperta della identità negata (in cui è possibile cogliere sia il simbolo della condizione femminile che quella della Calabria), con il desiderio di liberare il proprio destino, emblematicamente prefigurato nella traversata a nuoto dello Stretto, in una sorta di viaggio di rigenerazione esistenziale e spirituale e di presa di coscienza della propria condizione familiare, sociale e umana. Attraverso l’occhio cinematografico di questo giovane regista, la Calabria si spoglia e si racconta con uno sguardo dirompente, disincantato e incantato nello stesso tempo, capace di un potere maieutico, che dà una chiave di lettura sorprendente, disvelante e arcana: una profondità epica che attraversa la storia umana, sociale, politica e raggiunge l’archetipo, facendo conoscere un’altra verità, e restituendo all’anima di chi vive in questa terra una visione mai prima indagata, sia storicamente che ontologicamente, in cui emergono immagini potenti, e dove il male e il bene in lotta richiamano ed evocano sentimenti  ed emozioni che si condensano nel desiderio di libertà; un percorso ed una ricerca che approda e si ispira al mare, in cui  sembrano risuonare le parole dei primi versi de “L’Uomo e il Mare” di Chalrles Baudelaire: “Sempre il mare, uomo libero, amerai!/perché il mare è il tuo specchio; tu contempli/ nell’infinito svolgersi dell’onda l’anima tua …”

In questo quadro si rispecchia anche il lavoro di solidarietà portato avanti da Norina Ventre ( per motivi di salute non è potuta essere presente alla cerimonia), ex insegnante in pensione, una donna che ha dedicato parte della sua vita all’assistenza dei disperati che si trovano a Rosarno, dando risposte umane e materiali a parecchi dei migranti che vivono come reietti sparsi nella Piana di Gioia Tauro.

Il telaio, strumento che crea intrecci, ha messo insieme il filo della creazione, dell’arte, del viaggio nella coscienza e nell’anima, con quello della solidarietà: quello della giovinezza e del linguaggio visivo cinematografico, con quello antico dell’ospitalità, dell’accoglienza, dello sguardo verso gli altri, che provengono da un mondo altro ma che è il nostro mondo; un tessuto di identità diverse in cui la spola è stata mossa dal canto e dal racconto dell’unica cantastorie donna calabrese, capace di far risuonare le storie delle donne calabresi che lottano per l’affermazione per la propria identità e dignità, in tutta Italia, come testimonia il primo premio alla ventesima edizione del  concorso nazionale dedicato a Giovanni Daffini, (nel centenario della nascita della grande cantante di musica tradizionale italiana, consegnato a Motteggiana in provincia di Mantova, a giugno scorso) dove impegno, ricerca, arte, letteratura, si intrecciano nella creazione di un linguaggio emozionale , capace di comunicare in modo diretto, immediato, attuale, attraverso la voce e la musica, una sensibilità umana ed etico-politica, in una dimensione antropologica e spaziale collettiva, rievocando, non solo la memoria e la condizione dei popoli e delle loro singole identità perdute, ma la storia dell’uomo che interroga il proprio destino in una terra come la Calabria, dove chi si trova ad abitare sperimenta quotidianamente lo sradicamento esistenziale, come paradigma della condizione dell’uomo post-moderno,  che incontra il destino di altri esseri umani, combattuti tra la disperazione e il bisogno di riscatto. Queste dinamiche si colgono sia nella geografia umana degli occhi della gente che nella antropologia del paesaggio, distrutto dai terremoti, ma anche dallo scempio urbanistico con costruzioni orribili e uccidendo il diritto delle generazioni future a godere della bellezza. Ma vi è anche l’altra storia, di tanti uomini e donne che lottano per generare il bene comune, che sanno dialogare con la memoria più antica e autentica custodita nelle sue più profonde radici, e che si esprimono nel presente con passione, amore, impegno, responsabilità, dono e messaggio da consegnare al futuro, come sanno fare gli alberi secolari, che elevano la propria chioma al cielo per attingere l’energia solare e la luce, ma avendo radici che penetrano in profondità la terra. Come si evince dal valore affermazioni del giovane regista nel suo intervento di ringraziamento per il premio, in cui è possibile cogliere la sua poetica. Egli ha sottolineato che è tornato in Calabria “in tutti i sensi”, dopo un percorso molto lungo e articolato, avendo fatto “molta gavetta”. “Per me era importante tornare in Calabria ed esordire come tutti gli altri, ha osservato Mollo, spiegando che “il film è il prodotto di un cast, in cui convivono anima e passione”. Per tali ragioni, ha aggiunto, “lo condivido con tutti gli altri”. Importanti, per comprendere la sua estetica e il suo impegno etico, il senso delle sue ulteriori affermazioni: “Ho provato a raccontare una Calabria diversa, una terra e un popolo che sono stati raccontati poco al cinema, e quando è stato fatto sono stati rappresentati sempre con uno sguardo alieno e che giudica. Io non volevo giudicare, ma provare a raccontare in modo sincero, soprattutto la speranza e il desiderio di cambiare. E’ una luce nuova che ho scorto nei giovani calabresi che volevo fotografare e raccontare al mondo”. Un film fatto “con niente” con una risonanza internazionale che gli ha dato “un’emozione pazzesca”.  Per il regista è stato “un  regalo bellissimo” che gli dà la possibilità di lavorare sul territorio. E a proposito del titolo Mollo ha rivelato: “Inizialmente si chiamava Il sud è tutto, poi quando avevamo visto quanti soldi avevamo, abbiamo deciso di chiamarlo Il sud è niente”; questo è il motivo divertente; il motivo sincero è che dentro vi è  “l’idea di poter raccontare questa nuova generazione al mondo, il manifesto di una mentalità di rassegnazione e sconfitta alla quale siamo stati educati: non vale la pena lottare per cambiare il Sud. Non è così, lo sappiamo. Ci vuole il coraggio a dirlo ad alta voce. Non è vero che il Sud è niente: il Sud è tutto e ve lo vogliamo dimostrare.”

 A presentare e a spiegare il significato del premio il direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese, Gilberto Floriani. Si riporta il testo delle motivazioni, letto rispettivamente dall’assessore Luisa Ferrazzo (per Norina Ventre) e dal sindaco Giuseppe Navarra (per Fabio Mollo).

“Esempio di umanità, solidarietà, generosità e per il coraggio dimostrato in terra vittima di violenze e soprusi nei confronti dei più deboli. Una donna di grande sensibilità che da anni contribuisce a rendere più vivibile e umana, per quanto possibile, la vita di queste persone sfruttate, spesso schiavizzate da un sistema crudele in cui vengono meno i diritti fondamentali dell’uomo, in primis la dignità e la libertà, in questa terra di Calabria che ha spesso dimenticato che i primi immigrati della storia contemporanea sono stati proprio i calabresi”.

“Con la forza evocativa di sguardi e paesaggi di periferia feriti dall’abbandono e dal niente, il cinema di Fabio Mollo esprime una resistenza emotiva e culturale al senso di sconfitta storica che spesso rende i figli del Sud incapaci di liberarsi da una retorica della maledizione genetica. Il Sud è niente” film di esordio del regista, è il racconto di tante identità schiacciate dal silenzio, dall’immobilismo culturale, identità travolte dalle logiche mafiose di gestione del potere e del consenso ideologico. Le strade del Sud sono attraversate da una disperazione di giostre arrugginite, di corse in moto per non andare da nessuna parte o per stare dall’altra parte, da corpi che si respingono e confinano nella latitudine del niente. In questo cono d’ombra e in un luogo dell’anima così vicino al nulla, Fabio Mollo riesce a creare la bellezza e il senso di libertà che coincide con gli abbracci del  mare, sa costruire una risposta sincera e profonda  al silenzio della coscienza e del coraggio, e ci dimostra come spesso l’auto riflessività del sud, declinata dal martirio o dalla difesa ad oltranza della nostra terra, sia un male nel male. Regista e sceneggiatore di talento, storico del cinema, figlio del Sud e del mondo, per la sua straordinaria curiosità intellettuale ed umana, esprime con al sua arte e la sua profonda umanità,  le energie migliori della sua terra e sa trasformarle in materia pulsante, sa rifondare le viscere e le ragioni. Il premio a Fabio Mollo è il riconoscimento del suo amore per la cultura, del valore profondo che sa dare alla parola spesso ferita dall’abuso di inutili proclami. Cultura è sapere attendere la parola che salva, cultura è appassionarsi della ferite di un’anima, o delle miserie di un secolo o delle necessarie rivoluzioni  di un popolo con la consapevolezza che prendere parte, è il senso di ogni vita che chiede direzione ragioni volontà e coerenza”.