La strategia anticrisi dell’agricoltura bergamasca

Multifunzionalità, filiera corta e servizi connessi all’attività agricola sono le strade scelte da una parte significativa dell’agricoltura bergamasca per rispondere alla crisi che colpisce il settore da oltre 5 anni: è quanto emerge da uno studio effettuato dall’Osservatorio economico di Confai Academy analizzando i dati rilevati periodicamente da Regione Lombardia sull’andamento dell’agroalimentare  italiano.

“Dal 2009 ad oggi – rende noto Enzo Cattaneo, segretario generale di Confai Academy – si è verificata una crescita importante delle cosiddette ‘attività connesse’ all’attività produttiva agricola in senso stretto, dall’agriturismo alle diverse forme di filiera corta. Benché il fatturato totale del settore primario orobico sia rimasto nel quinquennio sostanzialmente ancorato alla soglia dei 570 milioni di euro, il volume d’affari di tali attività secondarie è passato da 72,4 a 77 milioni di euro”.

Secondo l’analisi realizzata dall’Osservatorio economico dell’ente di formazione, l’accresciuto peso dell’agricoltura multifunzionale sarebbe legato alla volontà delle imprese agricole bergamasche di diversificare per ridurre i rischi.

“A fronte di una crescente imprevedibilità dei prezzi delle materie prime e dei prodotti agricoli sui mercati internazionali – afferma  Leonardo Bolis, presidente provinciale e nazionale di Confai – molti imprenditori hanno ridotto il proprio impegno nei comparti delle commodity e deciso di investire in attività più a valle della filiera, in grado di generare flussi di cassa più rapidi e certi, anche se a volte meno consistenti”.

Della cosiddetta agricoltura terziaria o di servizio fanno parte anche i servizi di coltivazione in conto terzi erogati dalle imprese agromeccaniche professionali, computati a parte rispetto al resto dell’agricoltura multifunzionale. “Nella Bergamasca – ricorda Cattaneo – il comparto dei servizi agromeccanici realizza complessivamente un volume d’affari stimato in quasi 90 milioni di euro: questa è la conseguenza del fatto che molti agricoltori preferiscono terziarizzare la maggior parte delle operazioni colturali per non doversi sobbarcare investimenti troppo onerosi in termini di parco macchine”.