Pisa, 25 aprile, il sindaco ricorda Zakir Hossain

«Il 25 aprile – ricorrenza della liberazione del territorio italiano dall’occupazione nazista e della sconfitta definitiva del  fascismo, giorno in cui fu proclamata dal CNL l’insurrezione nazionale  – è una di quelle date che si devono ritenere cruciali per la storia di un popolo e della sua patria: i riferimenti , i valori e i sacrifici che essa ricorda sono tessuto connettivo della nazione  e dello stato italiano». Così il Sindaco di Pisa durante la cerimonia ufficiale tenutasi nell’Atrio di Palazzo Gambacorti alla presenza delle autorità civili e militari e di molti cittadini.

«Per Pisa – ha proseguito il primo cittadino – non è un festeggiamento isolato ma il culmine di un percorso che dura tutto l’anno e coinvolge tutta la comunità a partire dai giovani. E proprio nei giorni scorsi quando la città è stata teatro di un tristissimo episodio di violenza di cui è rimasto vittima un giovane padre di famiglia di nazionalità bengalese, aggredito e ucciso alla fine del suo turno di lavoro, ci è stato di conforto aver visto risaltare l’attaccamento della comunità pisana, a quei principi di pace e civile convivenza che nascono dalla consapevolezza delle radici».

«La crisi produce smarrimento, sfiducia , allenta il legame tra la cittadinanza e le istituzioni, favorisce il sorgere i movimenti populisti quando non apertamente antidemocratici – ha concluso il Sindaco – Abbiamo bisogno di un nuovo Risorgimento che sia di tutta l’Europa, di nuovo occorre essere audaci e coraggiosi, consapevoli che non vi è alternativa al declino degli stati e del continente senza unità e ruolo dell’Europa. In questo senso, mettendo sul tavolo le grandi questioni all’ordine del giorno, possiamo davvero essere degni e che i resistenti e i costituenti ci hanno lasciato». Presenti alla cerimonia anche Francesco Tagliente, Prefetto di Pisa,  Andrea Pieroni, Pres. Provincia di Pisa, Ranieri Del Torto Presidente del Consiglio Comunale, Giorgio Vecchiani, Pres. ANPI Provinciale Pisa e l’Assessora Marilù Chiofalo.

La mattinata si è conclusa con due piccole proiezioni e dimostrazioni di linguaggio innovativo con cui diffondere la memoria. Due i progetti  che il Comune di Pisa sta supportando e che si stanno rendendo concreti. Il primo è proposto dall’ ANPI che sta creando, a partire dai luoghi della città,” museo diffuso della memoria” attraverso il quale ognuno potrà organizzare il prorpio percorso nella memoria. Il progetto sarà presentato ufficialmente il 2 settembre prossimo ma i realizzatori , Erica Artei e Daniele Fadda, hanno già anticipato che si tratterà di una applicazione con i qr-code attraverso i quali partendo dal luogo fisico si potranno avere informazioni storiche, racconti e testimonianze. Il secondo progetto è quello creato dal regista Lorenzo Garzella che con il suo Aquario della memoria ed il Memory Sharing sta rivoluzionando il modo di accedere e di valorizzare i ricordi di tutta la comunità.

Le foto di Matteo del Rosso (Biciclettata resistente, Deposizione corona d’alloro Caduti Corfù e Cefalonia, Deposizione Corona dall’alloro atrio Palazzo Gambacorti e cerimonia).

Il discorso del sindaco Marco Filippeschi – Il 25 aprile è la ricorrenza della Liberazione del territorio italiano dall’occupazione nazista e della sconfitta definitiva del fascismo, fu il giorno in cui Milano e Torino furono e in cui il CNL proclamò l’insurrezione nazionale. E’ un giorno molto importante per la storia di un popolo e della sua patria: l’antifascismo, la Resistenza, i sacrifici e i valori che ci ricorda sono le basi su cui posa l’edificio della nostra Repubblica e l’ispirazione della Costituzione. Per Pisa l’anno 2014 è il 70mo dalla Liberazione, un anno speciale. Simbolicamente, in questo giorno vediamo passaggi essenziali per la nascita di un’Italia nuova, in una fortissima accelerazione che ebbe nella tragedia della Seconda Guerra Mondiale il catalizzatore: il formarsi di una coscienza unitaria di opposizione al fascismo e al nazismo, fino alla lotta armata di partigiani e soldati, per il riscatto, dopo l’8 settembre 1943, dopo il tradimento del Re e di un’intera classe dirigente; la maturazione di una visione democratica del nuovo stato che sarebbe sorto dalla vittoria sul nazifascismo; la semina e la crescita dei principi che sarebbero stati alla base della nostra Costituzione, nutriti da sentimenti e ideali che la dittatura fascista non era riuscita a sopprimere. Gli stessi ideali del maestro Carlo Cammeo – che riposa nel nostro Cimitero Ebraico – e di Piero Gobetti, di Don Giovanni Minzoni e di Giovanni Amendola, di Carlo e Nello Rosselli e di Antonio Gramsci, dei martiri dell’antifascismo, dei perseguitati, di chi si oppose all’avvento della dittatura e di chi lottò nel ventennio che culminò nella catastrofe nazionale d’immani proporzioni.

La nostra città è legata a questa celebrazione, per le profonde, incancellabili, ferite subite durante la guerra, per la valenza del movimento di liberazione che ha visto protagonisti – anche in questa terra – il popolo e le forze armate, per i tanti caduti e i tanti eroi che si sono immolati per la libertà. Questo è il giorno simbolicamente più importante di un lavoro creativo e impegnativo che si snoda lungo tutto l’anno, soprattutto da alcuni anni a questa parte; da quando, pezzo dopo pezzo, si è rilanciato un grande lavoro sulla memoria e sulla sua condivisione, come sforzo di una comunità che vuole, quotidianamente, riconoscere le sue radici vitali e coltivare i valori della democrazia, della pace, della solidarietà, della convivenza civile.Ne sono prova il coinvolgimento delle scuole e dei giovani in molteplici iniziative di studio e di approfondimento, i progetti culturali innovativi e di grande respiro come “Memory Sharing”, l’istituzione della giornata del ricordo della firma delle leggi razziali, un percorso non rituale dei “luoghi della memoria”, le tante iniziative provenienti dalle associazioni, in particolare da quelle partigiane e degli ex deportati, che fortunatamente possono ancora mettere a profitto la vitalità dei protagonisti, dei testimoni di una storia, e che si sono arricchite della presenza di giovani.

Lavorare sulla memoria e sui valori vuol dire anche combattere disvalori che vengono generati da una società ingiusta e arida e da un mondo che cambia a vertiginosa velocità, rendendo più visibili le diseguaglianze. Velocità che travolge, che non lascia tempo a spiegazioni, a ragionamenti. Vuol dire combattere gli egoismi, i miti effimeri del consumismo, le prepotenze ostentate, la violenza che è nel linguaggio e nelle immagini e poi anche nei gesti. Nei giorni scorsi la città di Pisa è stata teatro di un tragico e tristissimo episodio di violenza, di pura brutalità, di cui è rimasto vittima un giovane padre di famiglia di nazionalità bengalese, Zakir Hossain, aggredito e ucciso alla fine del suo turno di lavoro.Ci è stato di conforto solo aver visto, anche in questa occasione, la reazione della comunità pisana, l’adesione ai principi di pace e civile convivenza, gridati dalla Comunità Bengalese e dalle altre comunità, il rifiuto della violenza. Lo abbiamo visto anche nella concreta vicinanza alla comunità bengalese e alla famiglia della vittima.

Anche e soprattutto in momenti come questi deve manifestarsi, deve fruttare, il paziente lavoro fatto da tanti con cui si tengono vive le ragioni che danno coesione ad una società. E deve risvegliarsi la capacità di porsi domande scomode, che inquietano, e l’impegno di dare risposte difficili. La nostra società, tutta quanta, quella italiana e quella europea, è attraversata da una profonda crisi economica di cui fanno le spese soprattutto i giovani che hanno sempre maggiori difficoltà a inserirsi nel lavoro, ma anche un grandissimo numero di famiglie che subiscono fenomeni di impoverimento e di smarrimento.

La crisi lavora nel profondo, erode certezze e relazioni, produce sfiducia, allenta il legame tra la cittadinanza e le istituzioni, in Europa, come si vede, favorisce il sorgere i movimenti populisti quando non apertamente antidemocratici, che riecheggiano apertamente nostalgie nefaste e disvalori, razzismi e violenze, separatismi e distinzioni etniche o di religione. Ciò ci spinge a cogliere l’attualità e il vigore di una costituzione come la nostra, nata dalla resistenza e dalla lotta di liberazione, che ci esorta a costruire una società libera e coesa, tanto più libera quanto più inclusiva e solidale. A farla vivere e a rinnovarla dove va rinnovata. Perché oggi siamo ancora forti per farlo e domani forse non lo saremmo più.

Oggi cogliamo, dunque, l’attualità di un grande moto nazionale di risorgimento, di liberazione e ricostruzione a cui dobbiamo ispirarci per tracciare la via della ripresa, per rinnovare le istituzioni repubblicane, rendendole più efficaci e più vicine ai cittadini. Dobbiamo anche lo scenario che sta di fronte a noi. È sempre più evidente, infatti, che la dimensione di futuro alla quale fare riferimento è quella europea. L’Italia ha compiuto sforzi rilevanti e grandi passi per difendere e rilanciarsi questa dimensione. Ma molto resta da fare. Lo sappiamo. Non dobbiamo cedere, per raccogliere i frutti dei sacrifici e per invertire una spirale perversa di restrittive, anche necessarie a ristabilire certi equilibri, ma insufficienti a rilanciare la crescita, a promuovere sviluppo e occupazione.

Lavoro, giustizia sociale, istituzioni che funzionino meglio, dalla parte dei cittadini, dell’economia, delle imprese: dobbiamo rinnovare il senso dell’adesione all’Europa che fu di molti padri della nostra patria. Non è banale ricordare che alcune più importanti elaborazioni sull’idea di Europa – pensiamo ad Altiero Spinelli – nacquero nella restrizione del confino e del carcere, mentre parte dell’Europa era oppressa da regimi totalitari. Nacquero conto la guerra e per la libertà.L’Europa oggi è più grande, ma è diventata anche più piccola in uno scenario globalizzato in cui ormai vi sono nuovi protagonisti della scena mondiale. Potrà recuperare ruolo e prestigio, prosperità e benessere se saprà pensarsi in modo nuovo, lanciando sul futuro uno sguardo lungo e lungimirante, coraggioso. Di nuovo occorre essere audaci, consapevoli che non vi è alternativa al declino degli stati e del continente senza unità e ruolo dell’Europa. Affrontando le grandi questioni all’ordine del giorno e tornando a pensare in grande, possiamo davvero essere degni dell’esempio che i protagonisti della Resistenza e i padri costituenti ci hanno lasciato.

In questo modo la commozione e la gratitudine che si rinnova in noi, ogni volta, ogni 25 Aprile, nel ricordo dei caduti della Resistenza, delle tante nostre vittime, anche civili, potrà alimentare sentimenti di fiducia, coesione e di impegno. Ricordo chi si è sacrificato per la Liberazione con le parole di Arrigo Boldrini, il grande comandante partigiano e per lungo tempo presidente dell’ANPI: «Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro».