Roma, nuovo sequestro di beni alla Banda della Magliana

I provvedimenti riguardano Ernesto Diotallevi Ernesto, la moglie Carolina Lucarini, dei figli Mario e Leonardo e dei “prestanome” individuati, che fanno seguito a quello messo a segno il 12 novembre scorso. La seconda fase di attività ha consentito al Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale ed al Ros di sottoporre a sequestro il restante 50% del capitale sociale della “C Immobiliare”, con sede a Rimini ed esercente l’attività di “compravendita di beni immobili” nonché l’intero capitale sociale e patrimonio aziendale della “Lampedusa”, con sede a Fiumicino, esercente l’attività di “costruzione di navi ed imbarcazioni” e un’autovettura; ventisette beni mobili, quadri e mobilia d’antiquariato, di notevole valore storico ed artistico. Il tutto per un valore complessivo di stima pari a circa 1 milione di euro.

Ernesto Diotallevi, all’esito degli accertamenti economico-patrimoniali eseguiti, è risultato a capo di una complessa ed insidiosa realtà economico criminale, caratterizzata dall’illecita accumulazione di utilità in valore sproporzionato rispetto ai redditi lecitamente dichiarati. Con specifico riferimento agli ultimi sequestri eseguiti, Diotallevi, capo storico della famigerata “Banda della Magliana”, consorteria nata ed operante in Roma, giunta, nel corso del tempo, a disporre di un tale grado di potenza offensiva da permettersi di spadroneggiare nel territorio della Capitale e del Lazio, è risultato vantare anche una particolare passione per le opere d’arte. Alle pareti e nelle stanze del prestigioso immobile di piazza Fontana di Trevi, già sottoposto a sequestro il 12 novembre scorso, i Finanzieri del Gico ed i Carabinieri del Ros hanno rilevato la presenza di numerose opere d’arte, poi esaminate con l’ausilio anche del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico del Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma. Esame che consentiva di confermare la disponibilità, da parte di Diotallevi, di un vero e proprio tesoro, fatto di opere di Schifano, di Balla e di importanti oggetti di antiquariato.

Secondo gli investigatori il sequestro in esame conferma ancora una volta come la caratura criminale di un soggetto trovi spesso diretta espressione nel reinvestimento degli illeciti proventi accumulati in opere artistiche. Ciò non tanto per esigenze estetiche, quanto soprattutto perché le opere d’arte, non essendo soggette a particolari registrazioni, in molteplici casi sfuggono ai provvedimenti ablativi emessi dall’Autorità Giudiziaria, rilevando la loro presenza solo in una fase successiva, all’atto dell’emissione di specifici provvedimenti che colpiscono l’indiziato di appartenere ad associazioni mafiose ovvero che risulti vivere abitualmente con proventi illeciti.