Acque minerali, sull’etichetta Le acque dell’Umbria per promuovere il cuore verde d’Italia

“Il patrimonio idrominerale dell’Umbria è parte integrante del suo territorio e porta sulle tavole delle famiglie italiane la qualità delle sue acque e del suo ambiente, la sua storia e identità. Nonostante la crisi colpisca anche questo settore, c’è un incremento della produzione che dimostra, insieme alla bontà delle acque minerali, quella delle scelte operate per la loro tutela e valorizzazione”. L’assessore all’Ambiente, Silvano Rometti, riassume così i risultati della Relazione sull’utilizzazione delle acque minerali e termali che riporta consuntivi e dati statistici dal 2010 al 2012, illustrata alla Giunta regionale.

Le acque umbre poste in commercio, secondo quanto emerge dalla relazione, sono 19, a fronte delle 317 presenti sul territorio nazionale; sono dieci gli stabilimenti di imbottigliamento (176 quelli sul territorio nazionale), presenti a Gualdo Tadino, San Gemini, Orvieto, Nocera Umbra, Acquasparta, Cerreto di Spoleto, Gubbio, Foligno, Sellano, Massa Martana, Scheggia-Pascelupo. Il patrimonio delle acque minerali si sostanzia in 17 concessioni e dieci operatori del settore.

“Il triennio preso in considerazione – rileva Rometti – si caratterizza per un ulteriore aumento di produzione di acque imbottigliate, in controtendenza rispetto al dato nazionale. Si passa dai circa 1.248 milioni di litri del 2010 a oltre 1.365 milioni di litri del 2012, anno in cui la crescita è stata del 2 per cento. A causa della crisi economica, sono i produttori che si rivolgono al mercato di primo prezzo a incrementare i propri volumi. Le acque posizionate in fascia alta di mercato scontano le difficoltà economiche in cui versano i consumatori che, anche non rinunciano al consumo di acqua minerale, scelgono prodotti più economici”.

“Il 2013 si è rivelato un anno duramente complicato – sottolinea Rometti – Aziende storiche, quali Sanfaustino e Tione, hanno attraversato un periodo di fermo produttivo, superato con l’ingresso di nuovi proprietari, mentre per la Sangemini ci sono importanti manifestazioni di interesse che auspichiamo in tempi brevi si concretizzino definitivamente nel passaggio di proprietà necessario per uscire dalla crisi aziendale. L’Assessorato all’Ambiente, cui spetta la concessione dell’autorizzazione all’utilizzo delle acque minerali sulla base di un piano industriale ed economico – ricorda – segue con particolare attenzione lo stato delle trattative. Tutte le strutture regionali sono impegnate a sostenere lo sviluppo produttivo e occupazionale di queste e delle altre aziende del settore, di grande importanza per l’economia dell’Umbria”.

I riflessi della crisi si sono fatti sentire anche sotto l’aspetto occupazionale: a fronte di una situazione tutto sommato stabile nel triennio esaminato nella relazione, con 361 occupati diretti nel 2010, si è comunque registrata una contrazione degli occupati che sono diminuiti nel complesso di 24 lavoratori. La stima dei lavoratori dell’indotto è di almeno altrettante unità, impiegate nel trasporto, distribuzione e commercializzazione del prodotto, oltre ai lavoratori stagionali assunti con contratto a termine nei periodi di maggior produzione.

Per spronare ripresa e sviluppo, agli investimenti per interventi di tutela e salvaguardia del patrimonio idrominerale e termale, con risorse assegnate ai Comuni, la Regione ha aggiunto interventi mirati per il recupero di sorgenti di acque termali chiuse da anni e due marchi istituzionali, “le acque dell’Umbria” per la promozione delle acque minerali imbottigliate ed “essere bene” per le acque termali. “Puntiamo sulla maggiore promozione delle acque minerali e termali del ‘cuore verde d’Italia’ sull’intero territorio nazionale – afferma Rometti – A questo scopo è stata anche costruita una App per I-phone e I-pad, nell’ambito del progetto di comunicazione ‘Umbria App’, dedicata al settore delle acque minerali e termali. Oltre a spiegare le caratteristiche di ciascuna acqua minerale o termale umbra, consente di individuare i territori in cui queste acque sgorgano e di visitarli in un viaggio virtuale”.

L’uso consapevole del “bene comune” acqua, il rispetto delle risorse del territorio vengono confermati dai dati della relazione triennale: anche nel 2011, anno in cui si è registrato il maggior aumento dei volumi imbottigliati, non c’è stato un incremento sostanziale dei volumi comunque utilizzati, in base ai quali viene pagato il diritto annuo dai concessionari. Le aziende hanno operato per la riduzione degli sprechi, anche ammodernando gli impianti e ottimizzando i processi produttivi.

Quanto alle acque termali, il patrimonio regionale e il suo sfruttamento è rimasto invariato rispetto al 2009. Negli stabilimenti di Fontecchio (Città di Castello) e delle Terme Francescane a Spello, nel 2010 i curandi sono stati 14.908, saliti a quasi 16mila nel 2011. Nel 2012 si è scesi a 15.550, di cui 9806 nelle Terme francescane e 5744 in quelle di Fontecchio, che hanno registrato un forte calo a causa della sospensione dell’attività ricettiva connessa.

Continua ad essere maggiore la presenza nelle terme di Fontecchio di curandi da fuori regione, mentre le Terme francescane fanno registrare anche un discreto numero di presenze dall’estero (29 nel 2010 e 18 nel 2011) sicuramente per la vicinanza ad Assisi e ai luoghi del turismo legati a San Francesco. Alle Terme francescane continua, inoltre, ad essere sostenuto il numero di presenze da fuori regione. Gli utenti umbri tra il 2010 e il 2011 rimangono invariati per lo stabilimento di Fontecchio, mentre mutano con un leggero segno positivo per le Terme francescane.

 Tra quelli che provengono da oltre confine, sono attratti dalle terme umbre soprattutto quanti risiedono nelle regioni limitrofe quali Toscana, Lazio ed Emilia Romagna. Regioni di buona cultura termale che rappresentano un’offerta importante nel settore, si evidenzia nella relazione, a dimostrazione della bontà dei servizi offerti in Umbria.

L’analisi del dato sulle cure effettuate nelle due strutture termali, inoltre, mostra come, nonostante le proprietà e le cure autorizzate siano analoghe, l’attività prevalente delle Terme francescane è quella relativa alle cure inalatorie, mentre a Fontecchio si effettuano pure molte fangoterapie e bagni. Le cure erogate privatamente, fuori dalle convenzioni sanitarie attivate dalle due terme, nel complesso rappresentano più del 29 per cento di quelle totali.

 Anche per il settore termale, nota dolente è quella dei livelli occupazionali: la relazione “fotografa” una diminuzione del personale impiegato nei due stabilimenti che, pur essendo aperti tutto l’anno, registrano il massimo di presenze nel periodo marzo-ottobre. In questi mesi, gli occupati diretti raggiungono un massimo di 35 tra personale medico e paramedico e 30 tra inservienti ed altre figure. A questo personale va aggiunto quello impiegato nelle altre attività connesse: entrambi gli stabilimenti, oltre a fornire le cure termali, sono dotate di strutture ricettive per il soggiorno e la ristorazione, per una vera vacanza all’insegna del “benessere”.

“Oltre a monitorare annualmente l’andamento del settore e a vigilare sull’uso corretto delle acque minerali e termali – conclude Rometti – siamo al fianco di quelle imprese che investono per la valorizzazione di questa risorsa e, con essa, dell’Umbria. Auspichiamo, pertanto, che si giunga rapidamente a una soluzione positiva per le crisi aziendali ancora aperte, in modo da garantire il rilancio delle produzioni e il mantenimento dei posti di lavoro diretti e dell’indotto”.