Lucia dagli occhi miracolosi e dispensatrice di doni. La Santa di Siracusa tra fede e folclore nel mondo

Santa Lucia è la santa dagli occhi miracolosi che, secondo talune leggende, lacrimarono piogge di grano per sanare la carestia dei siracusani. Per questo, oltre che protettrice della vista, la si vuole anche dispensatrice di doni, come avviene in Sicilia ed alcune aree del mondo, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre. Ancora oggi, dopo tanti secoli, Lucia resta per tutti noi credenti, la Santa della Luce( non a caso il 13 dicembre è il giorno più corto dell’anno e Crotone la ricorda con l’accensione dei falò un po’ in tutti i quartieri),  nonché l’anticipatrice dei doni natalizi. È in Svezia che Lucia è particolarmente venerata con processioni accompagnate dalle “Lucy”, le adolescenti dal saio bianco, cintura rossa e copricapo addobbato di candele accese, che donano i lussekattor, dolci tipici, proprio come in Sicilia dove si offre la deliziosa cuccia, piatto a base di grano farro, che a Bisignano e ad Acri è detta coccia (dal greco kukkìa = chicchi) che si ottiene facendo bollire del grano, già messo a mollo il giorno prima, con mosto cotto o cioccolato.  Mentre a Siracusa, la sua città dove vi morì 1700 anni orsono, la statua della Santa viene portata a spalla da un’antica corporazione di falegnami con cappello verde e carico di ex voto a forma di occhi. In Svezia non mancano i cantastorie con le loro ballate e per l’occasione l’antica ballata “ Storia di Lucia di Siracusa” che ripercorre  il martirio della Santa con la stessa intensità e devozione che i siracusani le riservano ormai da secoli. Narra, la ballata, della giovane promessa in sposa ad un suo coetaneo e del voto di castità pronunciato sul sepolcro di sant’Agata, della miracolosa guarigione della madre e della decisione di donare tutto ai poveri. E il fidanzato, deluso e respinto, a denunciarla come cristiana (siamo al tempo delle persecuzioni di Diocleziano) e consegnata al martirio. E sul martirio le leggende si intrecciano numerose tra venerazione e orrore. Chi la vuole trascinata da una coppia di buoi cosparsa di pece bollente e costretta sul fuoco ardente; chi sostiene essersi salvata miracolosamente dall’esposizione in un bordello; verso il vero è chi, invece, la ritiene uccisa da una fatale pugnalata alla gola proprio mentre la giovane si strappa gli occhi per non dover guardare il carnefice. E c’è infine la versione dell’automutilazione, forse più romantica: Lucia avrebbe inviato i suoi occhi al promesso sposo, che proprio del suo sguardo si sarebbe innamorato. E del resto, l’iconografia più diffusa ce la mostra mentre porta su un piatto i suoi occhi. È in fondo, questo, il dono dell’amore e della Fede. E per questo Lucia anticipa i doni del Natale e nella fantasia infantile arriva dal cielo come Babbo Natale ma con un carretto siciliano trainato da un asinello. Alla Santa i bambini le scrivono anche letterine con l’elenco dei regali desiderati. Tutta la storia della vita breve di Lucia è un modello. Se la ripercorriamo sulla scorta delle fonti storiche, ma anche tenendo conto delle leggende che la pietà popolare ha rimandato nei secoli, che hanno sempre a che fare con il dono e con gli occhi, come detto sopra, con la purezza e la castità, ne esce una figura che in tanti non conoscono. Lucia visse poco più che vent’anni, dal 283 al 304. Trascorse la sua vita in una terra di gente fiera, nella Siracusa di Eschilo e Pindaro, che Atene guardava con gelosia. Di Lucia sia sa poco per la verità. Sappiamo che nacque in una famiglia ricca , che la madre si chiamava Eutichia, che in quella fine del 200 la colonia di cristiana nella città siciliana era numerosa e attiva. Di qui era passato Paolo, come raccontano gli Atti degli Apostoli, e qui avevano dimorato molti vescovi. Non si sa con precisione se la famiglia di Lucia fosse cristiana, certo è che, come ha lasciato scritto Gregorio Magno e un poema in versi di sant’Adelmo, la madre e la figlia si recarono un giorno a Catania dove era già affermato il culto di sant’Agata, a chiedere una grazia. Infatti la leggenda riferisce che la Santa catanese fece una grazia ad Eutichia guarendola da un male. Lucia, in quei tempi insicuri, non ebbe esitazioni: convinse la madre a donare tutti ai poveri e si consacrò in segreto a Dio, rifiutando un sicuro matrimonio. A denunciarla al prefetto dell’imperatore si dice che fosse stato il suo spasimante deluso. Venne arrestata, ma nessuna tortura riuscì a scalfire il suo esile corpo. Anzi lei stessa si strappò gli occhi e li offrì al prefetto: “portali a colui che li ama tanto”. Venne, infine, uccisa da un colpo di spada alla gola, “dopo aver annunciato profeticamente la fine delle persecuzioni e la diffusione del cristianesimo”, come scrive Alberto Bossio in Famiglia Cristiana. Il corpo della vergine martirizzata venne per un certo tempo nascosto, per preservarlo dalla furia musulmana, finchè i bizantini liberatori della città lo portarono a Costantinopoli come omaggio alla regina cristiana Teodora. Quindi nel 1204 i crociati di Venezia lo portarono nella città lagunare dove è custodito nella chiesa parrocchiale di san Geremia. Per la prima volta, dopo 1700 anni dal martirio, il corpo di Lucia è tornato nella sua Siracusa. È avvenuto il 13 dicembre del 2004 quando, via mare con lave militare “Vega”, è stata portata da Venezia per farvi ritorno, in aereo, dopo alcuni giorni. Sono stati momenti di festa indescrivibile e tantissima commozione per i Siracusani, e non solo, che hanno potuto riabbracciare la “loro” Santa.