Genova, un colpo al cuore

tragedia jolly nero

Genova non sarà più la stessa. Il Porto non sarà più lo stesso. I genovesi non saranno più gli stessi. Glielo leggi in faccia, glielo leggi negli occhi. Corso Aurelio Saffi, arteria cittadina con vista sul porto, il mattino dopo, è piena di giornalisti e genovesi. Le telecamere sono tutte puntate là. Dove, fino a questa notte, si ergeva il gioiello di Genova. Le mani dei genovesi sono tutte protese là. Dove, fino a questa notte, c’era qualcosa che tutti, in città, davano per scontato. Cinquanta metri di cemento e vetrate: la torre dei piloti era seconda solo alla Lanterna, anche se era la prima- tra le due- nella quale ti imbattevi entrando in porto. Il profilo di Genova è cambiato in pochi istanti: se l’è portato via un boato. Un rumore che hanno sentito tutti, che ha fatto venire la pelle d’oca a chiunque si trovasse all’interno del varco portuale. Un rumore che gli altri, quelli che hanno appreso la notizia a mezzo stampa, immaginano con orrore dalle foto delle macerie. Molo Giano non ha più la sua cima, la sua torre. Restano macerie, lacrime, dolore, incredulità, cordoglio. E speranza. La speranza di trovare vivi i dispersi che mancano all’appello. Ed è difficile fare un appello ufficiale se l’incidente, il crollo, è avvenuto al momento del cambio turno nella torre piloti. Ed è difficile procedere con le operazioni di soccorso se l’incidente, la tragedia, è avvenuto di notte, sul mare. Perché il destino, alle volte, è davvero bastardo.