Viterbo, pane e acqua all’arsenico

Dati sconvolgenti dell’Iss, l’Istituto Superiore di Sanità, che ha condotto uno studio, in collaborazione con gli Ordini dei medici, per monitorare lo stato di salute dei residenti di 5 comuni della provincia di Latina, Roma e delle aree del viterbese (16 comuni). Tutte zone interessate dal problema dell’eccessiva presenza di arsenico nelle acque pubbliche. A inizio gennaio erano scattate le ordinanze dei sindaci e i divieti per i cittadini di utilizzare l’acqua dei rubinetti. Persa la corsa contro il tempo per la creazione di dearsinificatori e la messa a norma degli acquedotti, agli abitanti non è rimasto altro che rifornirsi quotidianamente alle fontanelle non fuorilegge.

A Viterbo e provincia, secondo l’Iss, la concentrazione della sostanza nell’organismo dei residenti è oltre il doppio rispetto a quella nella popolazione generale. Maggiori concentrazioni sono state rilevate anche nei bambini. Le analisi sono state condotte su campioni di unghie e urine di 269 soggetti sani (da 1 a 88 anni di età) residenti nelle aree a rischio. Nei viterbesi, la concentrazione della sostanza nelle unghie è risultata pari a 200 nanogrammi per grammo contro gli 82 nanogrammi di un gruppo di controllo nella popolazione generale. Livelli alti anche nelle urine, ma solo dei soggetti che usano l’acqua sia per bere che per cucinare: 20 microgrammi per litro contro i 15 microgrammi come livello atteso più elevato nella popolazione generale.

La salute dei cittadini però non è stata messa a rischio solo dall’acqua. Le analisi dell’Iss rivelano alte concentrazioni della sostanza pericolosa anche nella catena alimentare, con livelli superiori ai limiti di legge nel pane prodotto nell’area del viterbese. Ulteriori esami sono in corso su vari tipi di prodotti alimentari, ma dai dati preliminari emergono alti livelli di arsenico nel pane superiore a quello di aree con livelli di fondo, mentre sono in corso le analisi di ortaggi coltivati in tali aree.

Mentre tra Viterbo, Civitavecchia e Latina si corre ai ripari con i dearsinificatori, i cittadini hanno già preparato ricorsi e richieste di risarcimento. Sui rischi per la salute derivanti dall’utilizzo di cibi tossici, il Codacons chiede alle Asl territoriali di intervenire, disponendo la chiusura di quegli esercizi commerciali costretti ad utilizzare acque contaminate per la produzione di alimenti.