Benedetto XVI ha assegnato i titoli di chiese di Roma a cinque dei sei nuovi cardinali

Il Papa ha sottolineato che così diventano membri del clero romano il cui vescovo è il Papa al quale sono chiamati ad offrire una speciale collaborazione ed eventualmente ad eleggerlo in un Conclave. Al cardinale James Michael Harvey, la diaconia di San Pio V a Villa Carpegna, all’indiano Baselios Cleemis Thottunkal il titolo di San Gregorio VII, al nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan quello di San Saturnino, al colombiano Ruben Salazar Gomez il titolo di San Gerardo Maiella e infine al filippino Luis Antonio G. Tagle, quello di San Felice da Cantalice a Centocelle. Il sesto cardinale Bechera Rai non può invece essere annoverato nel presbiterio di Roma in quanto patriarca, cioécapo, di una Chiesa Orientale, quella Maronita del Libano.

Secondo molti teologi orientalisti, la creazione cardinalizia di un patriarca non è coerente con la dignità stessa dei capi delle chiesa non latine in comunione con Roma in quanto non ha senso che il titolo di cardinale, ovvero di di membro del clero romano e in quanto tale elettore del Papa che è vescovo di Roma, sia attribuito a un patriarca che di per sé ha già una dignità maggiore dei membri del Collegio Cardinalizio, pari quasi a quella del Pontefice.

La questione è stata affrontata da Papa Paolo VI, con il motu proprio “Ad purpuratorum patrum”, pubblicato l’11 febbraio 1965, nel quale riconobbe che i patriarchi di rito orientale assunti nel Sacro collegio dei cardinali non appartengono al clero di Roma e, pertanto, non può essere assegnato loro alcun titolo o diaconia. In sostanza dunque essi votano per l’elezione del Papa in quanto rappresentanti di chiese non latine ma ugualmente cattoliche, ma a rigor di logica, se si ammette questo assunto, essi per entrare in Conclave essi non avrebbero bisogno di essere creati cardinali ma basterebbe semplicemente l’elezione dei loro sinodi e la concessione della comunione da parte del Papa. In ogni caso, Paolo VI decise che patriarchi cardinali appartengono all’ordine di vescovi cardinali e, nella gerarchia, si situano immediatamente dopo di loro. Mantengono la loro sede patriarcale e non viene assegnata loro alcuna sede suburbicaria.

Il cardinale Ignace Gabriel I Tappouni, patriarca di Antiochia dei Siri, che era stato creato cardinale presbitero da papa Pio XI nel concistoro del 16 dicembre 1935 rinunciò al titolo dei Santi XII Apostoli e si inserì nell’elenco dei patriarchi cardinali. Il cardinale Gre’goire-Pierre Agagianian, titolare di San Bartolomeo all’Isola, si dimise da patriarca di Cilicia degli Armeni il 25 agosto 1962 e il 22 ottobre 1970 divenne titolare della Sede suburbicaria di Albano. Tutti gli altri cardinali patriarchi che sono entrati nel Collegio cardinalizio dal 1965 in poi non sono stati assegnatari di alcun titolo romano.

“Rivolgendo il nostro animo al Collegio dei padri porporati, riteniamo opportuno – scrisse Paolo VI nel suo motu proprio – stabilire alcune norme, dopodiché venga dato un posto più onorato in seno al medesimo amplissimo Consiglio del Sommo Pontefice ai Patriarchi Orientali assunti nel supremo Senato della Chiesa”.

Le norme fissate da Papa Montini e ancora oggi valide prevedono dunque che i patriarchi orientali chiamati a far parte del Collegio dei cardinali, siano annoverati nell’ordine Episcopale del medesimo Collegio ma che essi, mantenendo la loro sede Patriarcale, non siano insigniti del titolo di alcuna diocesi suburbicaria e nemmeno faranno parte del clero dell’Urbe. “La legge – precisò il motu proprio – riguarda anche quei cardinali che attualmente hanno l’ufficio Patriarcale in Oriente. Perciò questi, lasciato il titolo nell’Urbe, dall’ordine Presbiterale vengono trasferiti di diritto all’ordine Episcopale, e in esso occupano il posto specificato nelle norme che seguono”.

Nel Collegio dei cardinali il decano e il subdecano, attualmente il cardinali Angelo Sodano e Roger Etchegaray, occupano nell’ordine i primi posti; li seguono immediatamente gli altri cardinali vescovi, che presiedono le diocesi suburbicarie o che da esse assumono il titolo in quanto “sono sempre state unite in modo speciale alla Città di Roma, sede del nostro episcopato, e in un certo modo costituirono con essa un tutt’uno”. “Nell’ordine Episcopale del medesimo sacro Collegio occupano poi un posto singolare – conclude il documento – come si conviene alla loro dignità, i cardinali patriarchi d’Oriente, tenuto conto del tempo e dell’ordinanza secondo i quali ciascuno e’ stato annoverato nel numero dei Padri Porporati” .