Domani la Chiesa ricorda Nilo di Rossano Calabro, il Santo venerato da cattolici ed ortodossi

Nato nel910 aRossano Calabro, col nome di battesimo Nicola, Nilo, appartenente ai Malena  una famiglia molto in vista nella cittadina ionica, dimostrò già dall’infanzia una certa propensione per la vita monastica che non concretizzò da subito. Anzi. Fu uomo di mondo, prese moglie non mancando talvolta di infedeltà.

Come molti altri santi, anche Nilo attraversò un periodo di smarrimento, ma la morte della moglie lo fece rientrare in se stesso.

Del matrimonio di Nilo, ha scritto Gaetano Passatelli (“Nilo di Rossano” – Ed. Laruffa, Reggio Cal. 1990) che il santo rossanese era appunto sposato con una donna dalla quale aveva avuto anche una figlia e che ricordò addirittura sul punto di morte. Morta la donna, Nilo si ritirò a vita monastica all’età di 30 anni. Questo evento, però, non ha avuto un inizio facile, proprio per Nilo non era per nulla possibile. Scrive il tante volte citato B. Sodaro: “ [Nilo] era uno dei decurioni della città di Rossano e, come tale, responsabile delle imposte sulla sua persona e sui suoi beni. L’onore del decurionato era una dura schiavitù, alla quale non si giungeva a sottrarsi e le autorità imperiali non solamente non permettevano di abbandonarlo, ma obbligavano a rimanervi colui che tentasse di sfuggirne, sia pure rivestendo l’abito ecclesiastico, essendo obbligato con forza a rimanere in ufficio”.

Così Nilo, essendo ormai forte l’attrazione alla vita eremitica, non potendo entrare in uno dei tanti cenobi della sua Rossano, si decise a fuggire a Palmi nel monastero del Mercurion e fu qui che prese il nome di Nilo. In questo monastero, dietro gli insegnamenti di san Fantino, fu tale il suo livello di obbedienza, umiltà, mortificazione e contemplazione, da essere accostato a san Paolo.

Dopo alcuni anni seguiti da tante angherie, finalmente fece ritorno a Rossano stabilendosi nel famoso monastero di Santa Maria del Patir assumendone la direzione.

Non fu certo agevole la sua vita monastica. Ci riferisce il Fiore che, spesso il diavolo gli faceva ricordare la sua giovinezza alquanto allegra e così il Santo era costretto a mortificare le sue carni, chiedere perdono a Dio e soprattutto fargli allontanare quei ricordi che lo potevano indurre in tentazione; addirittura un giorno il Signore crocifisso staccò la sua destra dalla croce per benedirlo tre volte.

Comunque visse in tanta santità da essere cercato e pregato da tutti. Non solo. Visse molto tempo alla maniera dei vecchi padri del deserto: nella solitudine arrivando a dormire anche una sola ora in tutta la giornata cibandosi di continue orazioni e bacche selvatiche. Si ritenne sempre un uomo umile ed indegno di indossare il sacro saio e quando morì il vescovo di Rossano,  tutto il popolo e il clero rossanese lo invocava a gran voce ad occupare quella sede episcopale ma Nilo non solo rifiutò ma fuggì per nascondersi nelle campagne circostanti, ritornando in convento soltanto quandola Chiesaaveva provveduto a nominare il nuovo vescovo.

Verso gli ultimi anni di vita volle recarsi in pellegrinaggio a Roma e qui ricevette gli onori dal papa Gregorio V e dall’imperatore Ottone III.  Fu in questa circostanza che, secondo quanto alcuni studiosi narrano, cerco di intercedere presso il Papa e Ottone a favore del deposto antipapa Giovanni, il suo concittadino Giuseppe Dilagato, sottoposto ad orrende punizioni e finito con gli occhi strappati  e naso e lingua tagliati. Insomma la preghiera di Nilo non ebbe successo per cui predisse prossima la fine per Gregorio V (morto l’anno dopo) e per l’imperatore che morì dopo quattro anni ma ad appena 23 anni.

In quel tempo si fermò nei pressi della vicina Frascati e vi fondò quel gran monastero di Grottaferrata rimasto oggila Casa Madredel moderno Basilianesimo. E fu qui che trovò la morte il 26 settembre, per alcuni dell’anno 1000 e per altri del 1004. È qui che è sepolto e precisamente a Muscolo sopra Frascati, dove i momenti più importanti della sua vita sono ricordati dagli affreschi del Domenichino. Nilo da Rossano è certamente uno dei pochissimi santi venerati sia dai cattolici che dagli ortodossi ed ancora oggi i suoi monaci di Grottaferrata, pur conservando il rito bizantino, restano fedeli alla Chiesa di Roma.

Domani Rossano, la città bizantina gelosa custode del Codex Purpureus, dedicherà solenni celebrazioni al “suo” Santo Patrono. Il clou delle manifestazioni storico – religiose sarà la rievocazione storico – teatrale itinerante della vita del Santo.