Fioretta Mari nella rassegna Maratea Scena

Maratea, terra al confine conla Calabriache segna una cesura tra le due regioni un tempo legate (esistono ancora parecchi tratti delle ferrovie calabro-lucane), è stata teatro di un’altra verità, del  “diario di una diversa”. È la storia della poetessa Alda Merini (scomparsa nel 2009) a prefigurare la diversità.

Storie di esperienze umane e di terre che si incrociano e spiegano le loro identità e diversità forti o tenui, in una sorta di ossimoro che compone un mosaico di sentimenti e di sensibilità che danno vita ad emozioni antiche e presenti, in un filo che unisce le distanze e le condizioni, ma anche gli enigmi che accompagnano le esistenze “diverse”, come la parabola biografica della poetessa Merini, una donna decomposta e quella di colei che l’ha interpretata a Maratea, luogo che fa dei suoi connotati naturali la sua lussureggiante bellezza. È  l’attrice Fioretta Mari che esuberante ed entusiasta, alla fine dello spettacolo, racconta il suo incontro conla Merini.“La conobbi circa 12 anni fa con Milva. Era bravissima nel recitare le sue poesie, ma lei voleva sempre un’attrice accanto. Questo testo è la sua verità. Dice cose che forse nessuno ha mai detto. Lei non ha avuto grandi amori, ma grandi uomini. L’hanno amata in tanti. Ci sono anche molti nomi di politici che non vogliono essere citati. E’ stata sicuramente  una della più grandi poetesse del secolo scorso”.

Dagli inferi ai campi elisi. Alda Merini rappresenta la storia di una “Comedìa” contemporanea vissuta, patita fino in fondo e infine riscattata come l’episodio evangelico della Maddalena che viene perdonata “poiché ha molto amato”. Dall’inferno del manicomio la risalita attraverso la sublimazione con la sua vena mistico-religiosa che segna la fine del suo drammatico itinerario. Una storia in cui si incarna la sua tragica esperienza, un viaggio in cui l’amore carnale è declinato in chiave prima misterica e poi mistica.

Alda Merini, “una donna decomposta” tradotta in spettacolo da Gennaro Colangelo (docente alla Lumsa di Roma e autore dei testi). Uno spettacolo costruito su misura per Fioretta Mari con una drammaturgia tratta dai testi in prosa della poetessa (in particolare “L’altra verità. Diario di una diversa”), allestito nell’ambito della rassegna “Maratea scena” di cui Colangelo è direttore artistico. Per la prima volta le apparizioni dell’attrice sono state contrappuntate dalla danza con l’allestimento coreografico dell’Accademia Tersicore di Polistena a cura di Maria Donata Bellavia (con il coordinamento di Giuseppe Lo Presti e le musiche di Lucia Paradiso e con Francesco Aiello, Elda Cosenza, Martina Fida, Erika Luddeni, Marttina Luddeni, Silvia Marchetta, Maria Mercuri, Antonella Pepè, Erika Piccolo, Giuseppe Arcuri). Si è ricostituita così l’antica “choréia una e trina” (poesia, canto e danza) come espressione di sentimenti e virtù collettive, ma anche strumento di denuncia e lotta sociale. Un connubio voluto per la prima volta dalla Mari a Maratea (corrispondenza lirico-estetica) che si è incastrato con effetti suggestivi nell’atmosfera quasi onirica delle vicende della Merini con gli uomini della sua vita, rievocati dal giovane attore Nicholas Gallo. Una metamorfosi ovidiana che fanno ridiscendere il tempo nei suoi arcani mitici, in cui l’essere umano sperimenta una condizione aurorale di rivelazione del sovrannaturale, attraverso la voce oracolare delle sacerdotesse veggenti, in cui si riconosce la tensione espressiva dei testi della Merini. I paradigmi ipocriti della società del profitto, del conformismo e delle maschere che per anestetizzare e narcotizzare le coscienze e i sentimenti, emargina, omologa e interna i tratti inquietanti e i gesti trasgressivi delle tante Merini che la storia non ha nascosto. Basti rileggersi la “Storia della follia nell’età classica” di Michel Foucault per rendersi conto che molto spesso la follia è un problema culturale e non certo patologico con il quale il potente dispositivo della medicina e dei sistemi economici moderni pretendono di governare le leggi della sua alienazione come quelle della sua guarigione.

A descrivere il tormentato rapporto con gli uomini che segnano la vita della poetessa è lo stesso prof. Colangelo, un legame scandito dai testi della Merini ma anche dalle sue musiche e canzoni predilette. Il talento poetico della Merini viene scoperto a soli 15 anni grazie al critico letterario Giacinto Spagnoletti. La giovane poetessa entra così nella cerchia della critica letteraria Maria Corti che la fece conoscere a Giorgio Manganelli. Dopo Manganelli intrattiene una relazione con Salvatore Quasimodo, ma per il poeta siciliano Alda era delle tante sue amanti. Dopo questi amori giovanili due mariti, che hanno avuto un ruolo importante: Ettore Carniti che sposa per avere una sicurezza economica. Imprenditore nel campo della panificazione pensava di sposare una donna che stesse in panetteria. E’ in questo periodo che comincia a manifestarsi la sua riluttanza alle regole e il rifiuto ad essere rinchiusa in un determinato ruolo. Viene rinchiusa nell’istituto psichiatrico “Paolo Pini” e li subisce i primi elettrochoc. Nel manicomio conosce il sesso nelle forme più brutali sia scelto che subito. Da questo matrimoniola Meriniebbe 4 figli Dopo la morte di Carniti avvia una corrispondenza poetica con un medico di Taranto, Michele Pierri. Si tratta di un incontro di anime. Lui le propone il matrimonio per potersi così dedicare alla poesia. Le uniche relazioni fisiche tra i due erano di carattere spirituale: si stendevano sul letto, si prendevano per mano e si leggevano le loro poesie. I figli di lui si coalizzano contro di lei per paura che lei potesse appropriarsi dell’eredità.La Meriniviene ricoverata in istituto nella città ionica. Qui subisce delle sevizie e trattata come una bestia. Alla morte del marito i figli non vedono l’ora di liberarsi e cosìla Merinitorna a Milano dove ritrova il suo habitat. Nella sua città natale incontra “Titano”. Si tratta di un discendente del grande poeta milanese Carlo Porta. Vive come un mendicante e Alda lo accoglie nelle sua casa. Alla Merini interessava ricevere il calore del maschio. Quando “Titano” muore lei prova un dolore enorme. L’ultima parte della sua vitala Merinidiventa una icona mediatica grazie soprattutto a Vincenzo  Mollica e a Maurizio Costanzo, mentre nel frattempo Maria Corti pubblica per la “Einaudi” un libro sulle sue poesie.La Merinidiventa amatissima presso il pubblico, soprattutto per i giovani che vedono in Lei una icona della trasgressione. Viene candidata più volte al nobel per la letteratura. Questo è il periodo più fecondo della sua vita e sublima il successo con una vena mistica: scrive infatti dei testi dedicati alla Vergine e a San Francesco che la portano in Vaticano e questi suoi testi appaiono in raccolte di poesie religiose.

La notorietà le dà la possibilità di condurre una vita più dissipata da un punto di vista finanziario facendo regali e sperperando il danaro. “Un gesto simbolico era dato dal suo andare a letto con i tacchi”, sottolinea il prof. Colangelo; ma era un modo per trasgredire la cosiddetta normalità”. In questa fase della sua vita si accorge che la sua nemica era rappresentata dalla sua storia. Infatti lei stessa affermava che la ‘Merini l’aveva stufata’. E quindi ha operato un distacco dal mondo grazie alla tendenza mistica e prende le distanze anche dalla sua malattia.

Tra i presenti che hanno assistito allo spettacolo nello scenario di Parco Tarantini, oltre al sindaco dell’amministrazione comunale di Maratea Mario Di Trani, si sottolinea la presenza del vice sindaco del Comune di Polistena (Rc) Marco Policaro.