Ionadi, emigrazione e questione meridionale

Nei giorni scorsi c’è stato un importante incontro-dibattito dal titolo “Emigrazione e questione meridionale” con lo scrittore giornalista Pino Aprile, nell’ambito della III edizione de “Le radici dell’amicizia”. La manifestazione  è stata organizzata dalla Pro Loco della cittadina ed è stata aperta da una mostra fotografica “Ionadesi nel mondo”.

L’incontro-dibattito è stato introdotto dal giornalista  Salvatore Berlingeri, mentre Rosamaria Gullì (vice presidente Pro Loco) ha moderato gli interventi. L’attenzione è stata rivolta alle condizioni storiche del Mezzogiorno dopo l’Unità d’Italia e sui fenomeni che si sono originati a causa delle profonde ferite dell’emigrazione e della depredazione delle risorse economiche da parte dei Savoia che viene colonizzato in modo violento ed espropriato della propria identità e dignità.

Il tema scelto per discutere, sulla base delle ricerche e delle posizioni di Aprile (espresse nel best seller “Terroni” e di recente “Giù al Sud”) ha messo a nudo le dinamiche sociali ed economiche che hanno portato molte generazioni a lasciare la propria terra con tutte le tragiche conseguenze da un punto di vista umano e sociale. Emigrazione e questione meridionale sono profondamente legate. Lo ha spiegato Aprile: “L’emigrazione nel Sud non è mai esistita dall’homo sapiens sapiens; ma dopo l’Unità è iniziata in modo drammatico”. Secondo l’autore di “Terroni” ad aggravare le condizioni difficili del meridione ci pensa il fascismo che porta avanti gli interessi della classe borghese del centro-nord.

Queste condizioni hanno portato ad un vero e proprio esodo: in 90 anni si calcola che siano emigrati ben 20 milioni di meridionali: “Non esiste terra in Europa che aveva subito un salasso del genere”. L’emigrazione colpisce soprattutto i maschi e ciò determina un fenomeno antropologico che a sua volta genera il familismo insito alla ‘ndrangheta. Per natura le donne tendono a difendere la propria prole, mentre per i maschi viene meno la certezza della paternità, che solo attraverso il cosiddetto gesto di Ettore sono riconosciuti come tali, cioè tramite un sistema di reciprocità che permette alla comunità di potersi riconoscere in un determinato ordine superiore condiviso (come viene simboleggiato con l’ostensione di Gesù da parte di Giuseppe o ad Abramo che su ordine di Dio sacrifica il proprio figlio Isacco). “L’uomo, come maschio, è costruttore di regole” ha sottolineato.

(Un’analisi questa discutibile in quanto non ha un fondamento scientifico, anche perché le prime forme di civiltà sono caratterizzate dal matriarcato).

Oggi – lo aveva messo in luce Salvatore Berlingeri nel suo intervento introduttivo – rispetto all’emigrazione dei primi del Novecento e degli anni ’50, in cui andavano via braccia con un distacco traumatico dal proprio paese e dal proprio ambiente, l’emigrazione ha cambiato pelle, perché i giovani che emigrano non perdono il contatto con il proprio paese attraverso le tecnologie digitali. Così il mondo perde le sue frontiere e in ogni luogo ci si trovi si sa cosa succede nel proprio luogo d’origine. “I giovani vivono in un mondo senza spazi e senza tempo. Nella rete non ci sono differenze ma siamo tutti alla pari: o ci stai oppure non esisti attraverso la tecnologia binaria. E’ finita l’emigrazione ed e sono finiti i terroni”, ha spiegato infine Aprile.