I racconti silani di nonna Nicoletta di don Pietro Pontieri

  Solo a leggere il titolo potrebbe sembrare un libro anacronistico e comunque lontano dagli interessi culturali e dalle problematiche sociali della nostra quotidianità. E invece non è così. Il perché ce lo spiega lo stesso autore nell’introduzione laddove vien scritto che “ nella società postmoderna appare sempre più evidente il passaggio dalla famiglia nucleare a quella costretta a far da sé e a contare soprattutto sulle proprie forze. La stabilità familiare è minacciata dal sempre più frequente ricorso alla separazione, al divorzio, alla convivenza, all’amore episodico. È questo il frutto avvelenato dell’instabilità affettiva e di una rivoluzione antropologica tuttora in corso. La perdita di ruolo dei genitori…è sotto i nostri occhi.” Per cui scrive ancora l’autore“prescindendo dall’affidamento deliberato dal giudice, un ruolo sempre più importante assolvono i nonni, che spessi colmano il vuoto affettivo…”. È forse sbagliato? Non è proprio vero che noi della civiltà postmoderna, postindustriale, siamo soltanto dei numeri codificati in questa scatola che pur essa non ha un nome se non un minuscolo acronimo “pc”? E allora. Allora può succedere, ed anzi sta già avvenendo, che andremo a perdere la nostra identità, la nostra storia, il nostro passato, il nostro essere, il nostro nome, i nostri genitori, la nostra terra natia. Ed è questo che vuole evitare l’autore di questo libro che ho avuto il gusto di leggere in questi giorni.  E si rivolge soprattutto alle giovani generazioni, non solo di Savelli, non solo della Sila, troppo distratte da consumismo, materialismo e facile edonismo. Insomma ricordare, fare memoria, non mettere una pietra sopra a tutto ciò che comincia ad avere a che fare con l’ieri. E ci aiuta in questo doveroso compito come lo ha già fatto anche nel passato. Per lo stesso nobile scopo: “ricordare per non perdere la memoria”, ci ha lasciato opere speculari, assieme a questa, che meritano di essere rilette, approfondite e perché no aggiornate da ulteriori studi e documenti, che poi è quello che ci chiede umilmente lo stesso scrittore. Stiamo dicendo del libro “I racconti silani di nonna Nicoletta”, fresco di stampa (maggio 2012)  per i tipi dell’Editoriale Progetto 2000 di Cosenza, presentato nei giorni scorsi al Salone del Libro di Torino e che completa la trilogia iniziata con Fiori d’agave del 2007 e Confini del 2009. Questo è il libro della consacrazione della figura dei nonni, del loro insostituibile ruolo non di supplenti ma di attori del vero affetto, di veri educatori. L’autore non poteva essere che Mons. Pietro Pontieri da Savelli, scrittore e giornalista, Canonico e Direttore dell’Ufficio Comunicazioni della Curia diocesana di Crotone – Santa Severina, prolifico autore di numerose e apprezzate pubblicazioni. Quella dell’amico don Pietro è una  produzione fertile, tanto fertile ma mai effimera, che si snoda nel tempo sempre percorrendo una propria individuale visione della realtà che sprona a capire meglio il valore del rapporto con la tradizione che non è disgiungibile dalla geografia esistenziale dello scrittore, dalla sua Sila vissuta. Mi par di poter dire, conoscendolo da anni, che l’opera del Pontieri è essenzialmente unione tra l’urgenza dell’attualità, l’esigenza di rinnovamento e la tradizione non solo regionale; una tradizione non intesa come staticità di situazioni piuttosto un continuo dinamismo di eventi, azioni e sensazioni. Bel lavoro editoriale, davvero, arricchito anche da un  suggestivo catalogo iconografico curato da Franco Pinna e Guy Jaumotte e tra le immagini presenti quelle  più commoventi e che fanno riflettere restano quella impressa a pag. 55: una processione di madri lavoratrici scalze con la pesante cesta in testa ed in braccio figlioletti scarni e quella di pag. 93: la giovane madre che prepara la misera ma tanto ricca pietanza attorno al camino. Forse vado ripetendomi ma non posso esimermi dal dire che siamo davanti ad un viaggio nel tempo che accarezza la memoria. Un viaggio che attraversa la storia, sospesa nel passato, in quel tempo che ancora sa incantare, che racconta la storia dei paesi silani, della gente di montagna, della gente di Calabria insomma. Pagina dopo pagina, ogni angolo assume un volto familiare; emoziona e appassiona e diviene memoria e identità. Scorci di una strada animata, fra giardini ed orti, fra uliveti e stalle, fra vecchie case, luci, meglio candele, e tanta vivacità, quasi un dipinto di quello che è stato e che purtroppo va scomparendo se non è già scomparso in alcuni tratti. Una vera miniera di dati, un interessante itinerario storico – antropologico che, nei tredici racconti che lo compongono, ruota tutto attorno alla fierezza della nonna mai doma, tribolata ma mai sconfitta e sorretta da tanta Fede seppur corretta da pregiudizi; figure, luoghi e personaggi misteriosi come il Papò, la soffitta e la civetta, i tanti spauracchi croce e delizia dei bambini scarni ma sazi di pane duro con olio e zucchero, altro che nutella; personaggi ilari come il mugnaio e i vari e tanti lavori del contadino di montagna; gli animali come pregiudizio e tanto altro ancora. Al postutto Pietro Pontieri risulta essere interprete di un linguaggio artistico, tra poesia e scrittura, da definirsi propedeutico alla riappropriazione di un’identità storica, forse smarrita, ormai, nella babele di una civiltà, se così si può dire, delle immagini e dei disvalori troppo sovrastante e devastante.