“Il ciottolo”, silloge della poetessa di Cutro Angela Caccia

Scrivere della poesia di Angela Caccia perché? Prova di affettuosa amicizia, augurio di ascolto fecondo, null’altro. Perché questa poesia si presenta da sola nella sua chiarità fatta di luce, di suono, di sentimento e talora anche di riflessione.  Modulo di rinnovata originalità nel diffuso conformismo dell’incomprensione. Sono queste le primissime sensazioni che si ricavano dalla lettura della silloge poetica ancora inedita ma sicuramente meritevole di divulgazione a stampa, dopo la prima fortunata esperienza editoriale con Il canto del silenzio edito nel 2004 dall’Istituto di Cultura Italiana di Napoli, perché tanti, tantissimi possano goderla. Sono 30 liriche della raccolta “Il ciottolo” che prende il titolo dall’omonima poesia e che vuol significare, con versi riccamente offerti, la sua voglia di riprendere, dopo il tempo interrotto, il cammino interiore segnato dall’amore e da certa sofferenza che in Angela diventa profonda meditazione e ricerca di verità. È una forte esigenza, la stessa, forse ancor più vigorosa di qualche anno fa quando in uno dei nostri frequenti incontri sulla poesia mi confidò che: “mi sento molto motivata quando scrivo pur nella mia apparente tranquillità o quasi apatia; i versi sono un intenso soddisfacimento e penso anche traduzione dell’io pensante e meditante del mio e dell’altro che mi vive attorno durante la giornata..” Nella lirica Il ciottolo c’è già questo. Leggiamola: “Vivo la mia periferia/ nell’insana nostalgia del centro/ – dice il Cuore.// Mi attraversa il quotidiano / come una pena senza nome/ e pianto i miei passi nel buio/ alla ricerca dell’istante aurorale/ di un boccio di tempo fermato.// Lì si fanno mare i miei rivoli/ e la realtà mostra il suo fodero/ nel cielo caldo di un silenzio/ che zampilla in parole/ forse poesia.// Fuori dall’incanto/ torno un ciottolo assetato di sale.”   Pervenire alla Poesia, per la mia cara amica Angela, è stato un approdo vitale,uno scalo nell’immensità dell’essere. Da bambina a donna, il salto è stato veloce senza che ella si accorgesse, se non in epoca appena matura, di fluire all’unisono con gli umori fluttuanti della vita di provincia. Afferrava ella le varie tappe del vivere comune con sferza satirica, con struggente rimpianto delle cose non avute, non fatte o rimandate. Oggi nella poetessa di Cutro l’analisi tematica diventa più ricca, non solo di contenuti,  offre affreschi paesaggistici di alta valenza, descrizioni, stati di animo, riflessioni. In questo senso posa la mente e raffigura magistralmente la terra madre come in Il calco dei pensieri laddove leggiamo: “M’immergo nella gente mia e/ sono musica anch’io di questo/ vicolo che d’inverno addensa di silenzi./ Qui è il calco dei miei pensieri, morbidi,/ quando un lampione dimenticato/ dondola nel buio…/ Qui il contadino getta il seme e poi/ fa la conta di speranze e delusioni/….Qui, dove si mastica un pane infuocato da / legna d’ulivo e il fumo acre traccia un sentiero/ nel regno della nostalgia, qui è la terra mia….” Angela Caccia scopre se stessa, scava dentro di sé e in una sorte di tuffo nel passato costruisce la pagine sciolte che invece si raccordano tutte ad un cordone ombelicale personale. Ne vien fuori una verità segreta, sillabata con la parola misuratamente emozionata e colorata da delicate tinte. È così nella lirica Per il colore del grano. Leggiamola: “Il tuo Dolore, lo sai, non ha un solo volto,/ il marchio di un solo nome, non è uno/ spillo fra tanti a trafiggere le tue notti./…Così, come il contadino,/ dissoderai per sempre la tua terra inquieta/ e solo per un ricordo/…il colore del grano.”. Sfogliando la silloge e fermando un po’ l’attenzione su altri versi quali Nel mio giardino dove “Stagna una calma sonnolenta/ c’è un respiro sospeso/ come un’attesa antica…”, oppure L’indistinto perché “…Dalle macerie fumanti della notte/ incede lenta l’alba, l’indistinto si fa bordo/ e mi restituisce la strada”, ed altre liriche, il lettore, l’attento lettore, ricava che le pagine poetiche della Caccia prendono sempre avvio da avvenimenti anche se non eccezionali, a volte semplici e quotidiani, ma quasi tutti si concludono, o meglio restano sospesi, in una dimensione interiore e la poetessa accumula i suoi interrogativi, le sue indagini, senza necessariamente voler approdare ad una conclusione e lascia tanto spazio alle voci segrete dell’intelletto. Certamente ripeterò le mie impressioni riportate in una precedente recensione sulla poetica dell’amica Angela, ma non posso esimermi, nel concludere questa nota, dal confermare che la sua poesia risulta, per certi aspetti, alternativa, moderna in un misto di realtà e sogno, i cui versi sono legati indissolubilmente dalla tenerezza espressiva arricchita dalla freschezza dello spirito poetico ed intessuto da una Fede presente e vivace.