Marò, gli indiani non vogliono rimandarli in Italia

Ormai è chiaro. L’Italia ha dimostrato tutta la sua “debolezza” internazionale e con il caso India ha toccato il “fondo”. Ancora un altro rinvio, questa volta inaspettato, per la battaglia giudiziaria tra Italia e stato del Kerala sulla giurisdizione del caso che coinvolge i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone accusati di aver ucciso lo scorso 15 febbraio due pescatori indiani scambiandoli per pirati.

L’Alta Corte del Kerala, che ha sede a Kochi, ha deciso di aggiornare a venerdì la seduta in cui avrebbe dovuto decidere sul ricorso per permettere agli italiani di ottemperare a un “vizio di forma”, come l’hanno chiamato fonti italiani che seguono la causa. Il giudice ha ritenuto irregolare la domanda di petizione firmata dai due marò e da un rappresentante del governo italiano in cui si chiedeva di annullare la denuncia presentata dai famigliari delle due vittime per “eccezione di giurisdizione”.

“E’ segno che vi sono delle questioni procedurali che sono valutate molto attentamente”, ha commentato il ministro degli Esteri Giulio Terzi. Per il tanto atteso verdetto, da cui dipende la sorte dei due militari incarcerati a Trivadrum, ci saranno quindi ancora altri tre giorni di suspense.

Nulla di fatto anche per la partenza della petroliera Enrica Lexie (con a bordo l’equipaggio composto da 5 italiani e 19 indiani, più quattro marò dell’unità anti pirateria) che dopo aver ricevuto un’importante “clearance” da un dipartimento del ministero della Navigazione, aspetta impaziente l’ok per riprendere il largo. La causa intentata dall’armatore, la società di navigazione Fratelli d’Amato, sarà esaminata nella stessa aula dell’Alta Corte. Il rinvio è stato inatteso per il team legale italiano anche perchè causato da una questione puramente formale. Il giudice P.S. Gopinathan ha chiesto all’avvocato degli italiani di ripresentare una domanda firmata dai due marò in quanto quella depositata circa un mese fa era “viziata da un difetto”.