Terroristi curdi scattano le manette in Italia

Nel mirino della Polizia di Stato appartenenti all’organizzazione curda Pkk. Agenti delle Digos di diverse città italiane hanno eseguito una serie di provvedimenti nei confronti di soggetti che avevano il compito di riscuotere, attraverso le estorsioni, una sorta di “tassa rivoluzionaria” tra gli immigrati curdi in Italia.

L’indagine, coordinata anche per i suoi profili internazionali dall’Antiterrorismo italiano guidato dal prefetto Stefano Berrettoni, ha preso il via da un pestaggio avvenuto mesi fa nei confronti di un cittadino turco titolare di una rivendita di kebab in provincia di Venezia.

Le indagini della Digos, coordinata dalla procura distrettuale di Venezia, hanno permesso di accertare la matrice politica della vicenda, consentendo così di scoprire una vera e propria attività di estorsione messa in atto dagli appartenenti alla cellula che, su mandato del Partito dei lavoratori curdi (incluso nelle liste terroristiche dell’Ue), riscuotevano la “tassa” tra gli immigrati di etnia curda residenti nel nord Italia. Tassa che serviva a finanziare le attività del Pkk.

Oltre agli agenti della Digos di Venezia, hanno operato quelli di Roma, Modena, Padova, Udine e Pesaro. Gli indagati sono accusati a vario titolo di concorso in tentativo di estorsione e lesioni gravi, commesse con l’aggravante della finalità di terrorismo.

Gli arresti di oggi si inseriscono in un’attività pianificata da parte della Direzione centrale Antiterrorismo della Polizia nei confronti delle organizzazioni terroristiche di matrice etnico-indipendentista. L’operazione della Digos di Venezia, infatti, segue quella della polizia di Terni lo scorso 21 febbraio quando è stata smantellata una rete di supporto all’organizzazione terroristica turco-curda Hezbollah con l’arresto di 9 persone che favorivano l’immigrazione clandestina.

Nel febbraio del 2010 proprio la Digos di Venezia aveva concluso un’indagine che aveva portato ad una serie di arresti sempre nei confronti di appartenenti al Pkk. In quell’occasione, la Polizia scoprì una struttura che aveva il compito di reclutare, indottrinare e addestrare giovani immigrati che sarebbero poi tornati in patria per combattere contro lo Stato. Con l’indagine conclusa oggi, invece, gli investigatori sono convinti di aver scoperto il meccanismo di raccolta fondi con cui l’organizzazione si finanziava: un meccanismo basato, anche, sulla violenza e sulle estorsioni.