La tragedia degli istri-veneti in uno spettacolo teatrale al Ristori di Cividale

Si chiama “Istria, terra amata. La cisterna”, di Bruno Carra Nascimbenilo, lo spettacolo che va in scena questo sabato, sabato 24 marzo, alle 20.30, al Teatro comunale “Ristori” di Cividale del Friuli.

Quindici i personaggi in scena per raccontare la storia di una famiglia istriana dal 1939 al 1959.

“L’idea di mettere per iscritto una storia vissuta tanti anni fa in prima persona – spiega Carra – mi è venuta perché nel paese dove abito, Castelfranco Veneto, ho conosciuto un’anziana insegnante elementare che, acuta osservatrice di momenti di vita contadina vissuti in un periodo attorno agli anni 40-50, aveva elaborato delle sceneggiature molto efficaci che, una volta messe in scena da una compagnia dialettale locale, ebbero ed hanno ancora un grande successo di pubblico”.

“La cisterna, che è luogo simbolico di incontro e scontro, diventa ora pubblica piazza nella quale esporre le proprie idee, ora voragine nella quale la guerra ha fatto precipitare le vittime di una storia sottaciuta, contesa, non ancora condivisa. Attorno alla cisterna si discute, ci si confronta fino a far scattare un’ideale riconciliazione”.

La famiglia dalla quale egli prende spunto è la sua, e quindi usa vocaboli caratteristici del luogo ma non solo, i dialoghi si sono realmente intrecciati, non sono inventati.

Carra afferma di risentirli ancora, come in un’eco infinita, salire dal fondo di quel pozzo che è anche saggezza di un popolo.

Cita la zona di Valdibora dove la donne al mattino svuotavano le acque sporche, il barbiere Sponza che nella cittadina istriana era un’istituzione e poi la ricorrenza, molto sentita, della Madonna delle Grazie.

Nella piece teatrale si intuisce che italiani e slavi avrebbero potuto vivere insieme se gli opposti nazionalismi non avessero combinato quello che sappiamo.

Bruno Carra Nascimbeni, rovignese, ha vinto il premio “Tanzella” a Verona nel 2004 per il testo teatrale intitolato “Istria terra amata.La Cisterna”. Successivamente il testo è stato messo in scena dall’Associazione Grado Teatro.

La tragedia della gente istro-veneta

L’acqua dei fiumi della nostra storia nazionale più dolorosa è spesso inquinata da verità stravolte, silenzi interessati e colpevoli rimozioni. Così è stato per la vicenda della gente istriana che dopo il trattato di pace dell’ultimo conflitto mondiale è stata ignorata, svilita, travisata, per oltre mezzo secolo e soltanto da poco è stata ammessa storicamente, politicamente, mediaticamente alla ufficialità del ricordo. È per renderla condivisibile a tutti sul piano dei sentimenti che Bruno Carra, nato a Pola e rovignese di passione ha scritto “Istria terra amata. La cisterna” che la compagnia Grado Teatro, diretta da Tullio Svettini, anche lui istriano e per la regia di Francesco Accomando, porta in teatro”.

Quattro atti

L’affabilità dell’amicizia, le “ciacole”, i ricordi e i progetti della vita semplice, la guerra, la crisi delle coscienze e delle ideologie, l’occupazione titina, le foibe, l’esodo, la frattura fra i tanti che partono e quelli che restano sperando in un sole dell’avvenire che si trasformerà in pulizia etnica. Il ritorno alla casa paterna, ormai in terra straniera, con la speranza che gli odi si plachino e che il passato non si trasformi ancora una volta in amnesia.

Quindici personaggi con le dolci cadenze del dialetto istro-veneto, orgoglioso patrimonio di un’Istria affacciata sul mare che fu, per secoli, della Serenissima, intrecceranno le proprie storie attorno alla cisterna, simbolo, nei cortili delle case di un tempo, dei rapporti umani ma anche, con il suo profondarsi nel terreno carsico, simulacro di forre nelle quali migliaia di militari e civili, mani legate col filo di ferro e de profundis del colpo alla nuca, pagarono anche a guerra finita la loro colpa di essere italiani.