Turismo e rendite di posizione, meglio tardi che mai

“Potius sero quam numquam”, ovvero “Meglio tardi che mai” come scrisse lo storico romano Livio nel suo “Ad urbe condita”. L’ho pensato leggendo le intelligenti dichiarazioni rilasciate dal ministro del Turismo Piero Gnudi che, analizzando lo stato del turismo in Italia, ha messo il dito nella piaga affermando che: “L’azione promozionale del nostro Paese è al momento frammentata in molteplici iniziative locali che non riescono a realizzare utili sinergie. Solo facendo squadra, e concentrando le energie su azioni mirate, il turismo potrà contribuire da qui al 2020 al 18% del Pil, vale a dire al 5% in più rispetto alla cifra attuale, dando lavoro a circa 1,6 milioni di persone”. Vero punto dolente le Regioni, cui è stata trasferita la competenza e che, anche in momenti più favorevoli, hanno trattato il settore con sufficienza, limitandosi a sfruttarlo come spot elettorale, mai incidendo realmente e gettando così al vento enormi potenzialità, economiche ed occupazionali. Da quanto tempo lo sosteniamo? Da quanto tempo quanti non hanno ceduto ai voli pindarici del “turismo da bere”, poggiato sul posticcio e sul virtuale indicavano la strada vera da percorrere, quella della ricerca d’elementi che lo caratterizzassero davvero, che sapessero proporlo come elemento trainante per l’economia di un Paese in fase di deindustrializzazione, ma in grado di offrire se stesso, trasformandosi veramente in un’unica, grande proposta turistica? Non era difficile capire che il tentativo di sostituire il turismo delle realtà territoriali con quello delle proposte “mordi e fuggi” e del distacco dalla realtà locale a lungo avrebbe fallito.

Così come non era difficile comprendere che senza una vera, profonda liberalizzazione nel settore era impossibile proseguire sulla strada maestra della crescita, anzi si stava imboccando una strada in profonda controtendenza. Stabilimenti balneari, immutati nel tempo, che passano di mano di padre in figlio ormai da cinque o più generazioni, campeggi che non si ammodernano, hotel incapaci di uscire dai propri confini per proporre iniziative esterne in sinergia col territorio, promozioni limitate ad aree troppo piccole: quante volte sono state sottolineate queste pericolose e nocive realtà?

Ora, nel mezzo di una crisi della quale non s’intravede ancora la via d’uscita, forse s’inizia a ragionare in termini di modernità e di capacità di rigenerazione. Certo è difficile farlo, combattuti tra rendite di posizione che non vogliono cedere nemmeno un metro e difficoltà economiche che impediscono nuovi investimenti. Ma il turismo costituisce la nostra vera, grande risorsa: lo strumento indispensabile per uscire dal tunnel e disegnare una nuova Italia. Nuova anche nell’approccio ai problemi ed in grado di offrire ai giovani speranze di futuro e non solo qualche occupazione mal pagata e di problematica durata. Le difficoltà ci sono, è inutile nasconderselo, ma non possiamo permetterci il lusso di abbandonare l’unica strada che veramente può farci uscire dai terreni paludosi: una strada fatta di sinergia col territorio, d’uscita dal localismo delle promozioni fine a se stesse, della realizzazione, vera e reale, di un sistema d’informazione in grado di offrire e rendere fruibile tutto il Paese. Una proposta che coinvolga gli ottomila e passa comuni che formano l’Italia, esaltandone le peculiarità, ma in grado di “fare sistema” e di rendersi attuale con le esigenze di un mercato che è fatto di mobilità ed ormai fatica ad accettare le staticità sulle quale da anni è invece poggiata la nostra offerta. Ci riusciremo? E’ difficile dirlo perché se a parole tutti sono d’accordo, all’atto pratico, quando si va ad incidere sugli interessi specifici, iniziano a manifestarsi resistenze forti e lobbie agguerrite. Occorre, comunque, imboccare questa strada con decisione, dandosi da fare, con impegno e passione: il futuro delle nuove generazioni poggia per tanta parte sul turismo e sulla sua capacità di fare sinergia con le realtà economiche del Paese, soprattutto con quelle d’eccellenza e sono tante! Crederci vuol dire aver già vinto una grande battaglia!