Francesco Totti a fianco degli operai della Sigma Tau

Il Pupone si conferma campione sul campo e nella vita e solidarizza con i lavoratori della Sigma Tau. Il loro presidio si è spostato dai cancelli dello stabilimento lungo la via Pontina sino a quelli di Trigoria, il “cuore” della A.S. Roma. L’obiettivo era quello di fermare i pulmann dei giallorossi diretti all’Olimpico, in maniera pacifica, così da sensibilizzare anche il popolo degli sportivi su quanto sta accadendo alle 569 famiglie su cui si è abbattuta la cassaintegrazione. Volevano far ritardare l’inizio della partita, magari far indossare la maglia della Sigma Tau prima del match. Nulla di tutto questo infine è accaduto, ma forse qualcosa di più: la solidarietà di Francesco Totti, sceso dal bus per parlare con gli operai.

Sono i figli dei cassintegrati, spesso marito e moglie che lavorano entrambi presso l’ennessimo colosso farmaceutico che decide di mandare a casa la propria forza lavoro per rispondere così ad una non meglio precisata crisi. Sono i figli di quelle persone che da settimane, notte e giorno, chiedono di non far calare il silenzio sull’unico futuro che vedono possibile: la disoccupazione. E dopo i blocchi della via Pontina, i picchetti, gli scioperi, non rimaneva che inventarsi il blocco della squadra di calcio.

I manifestanti, circa un centinaio, si sono piazzati di fronte all’ingresso del centro sportivo, bloccano il convoglio giallorosso, invocano l’attenzione dei giocatori. Dopo pochi minuti si fa vedere lui, il Capitano. Gli si fa avanti un operaio, e prima delle difficoltà, la professione di fede al contrario. “Io sono della Lazio, ma ti voglio bene uguale”. E prosegue romanissimmo. “Tu’ socero lavora co’ nnoi, lo conosco bene” e Totti annuisce. “Io c’ho ‘na moglie e due figli, fate qualcosa”. Chiede il capitano. “Cosa possiamo fare?”. E l’uomo che lo blocca risponde. “Già che sei sceso sei un grande”. Il leader della Roma si rimette sul bus, incassa applausi, un assaggio del tifo che lo accoglierà allo stadio. Un bel gesto, dimostrazione dell’umanità che gli è riconosciuta: lui, il ragazzo di Porta Metronia, diventato a sua volta una multinazionale, ancora una volta fa parlare di sé fuori dal campo.

L’evento viene subito testimoniato sul profilo fb dove da settimane i dipendenti si scambiano notizie, rabbia, speranze. “Grande il Pupone – scrive un operaio – se riesce a fare qualcosa gli faccio un monumemto davanti al Colosseo”. Scrive un altro, Fabio. “Il capitano conosce la situazione, e sta con noi”. Forse non basterà a cambiare le sorti dei lavoratori, ma nell’Italia dei forconi, degli arrabbiati, dei politici presi a parolacce, può darsi che si debba ripartire da un semplice gesto di solidarietà come quello del giocatore della Roma.