Scattano nuova Irap e norme fiscali

Più flessibile l’accesso delle imprese ai regimi opzionali, come il consolidato fiscale o l’Iva di gruppo. Oggi un semplice ritardo nella comunicazione della scelta all’amministrazione, anche se è tutto in regola, impedisce la definizione della pratica. Domani il fisco sarà più tollerante con i ritardatari, e un po’ meno esigente nei confronti degli altri contribuenti. Per l’adesione ad alcuni altri regimi speciali, come la tonnage tax o il calcolo dell’Irap, basterà provvedere in dichiarazione dei redditi, senza dover comunicare nulla all’Agenzia delle Entrate.

Tra le novità interessanti per i contribuenti che hanno debiti fiscali di modestissima entità e magari noie procedurali enormi per assolverli. Possono tirare un sospiro di sollievo. Con il decreto per la semplificazione tributaria, atteso in Consiglio dei Ministri, il Governo dovrebbe raddoppiare il limite al di sotto del quale l’amministrazione non darà corso alla riscossione dei crediti dovuti allo Stato o agli enti locali, portandolo a 30 euro per “ciascun tributo” e per “ciascuna annualità d’imposta” (ma con una clausola anti furbi). Nel decreto, inoltre, dovrebbe esserci una norma che consentirebbe alle imprese che hanno debiti fiscali scaduti, ma per i quali è stato concordato un piano di rateizzazione, di rientrare in ballo negli appalti e nelle commesse pubbliche. Mentre dovrebbero cadere alcune incombenze da parte dei contribuenti, come l’indicazione del domicilio fiscale negli atti destinati all’amministrazione.

Il testo definitivo del provvedimento deve ancora essere messo a punto dal ministero dell’Economia, ma si annuncia corposo. Le misure del pacchetto riguarderanno sia i cittadini che le imprese e il decreto, sottolineano a via XX settembre, non avrà impatto sul bilancio pubblico. La maggior parte degli interventi punta a rimuovere gli ostacoli inutili all’attività delle imprese, e come il decreto sulla semplificazione che il Governo approverà oggi, a ridurne gli oneri amministrativi. Eventuali misure che avessero effetti finanziari, assicurano al Tesoro, sarebbero comunque compensate all’interno dello stesso provvedimento.

L’aumento della soglia di franchigia fiscale, una specie di “bonus evasione”, era scontato. Il tetto, fissato a 16,53 euro, non veniva ritoccato da tredici anni, dava luogo ad un contenzioso inutile, anzi costoso. E comunque noioso, sia per i contribuenti che l’amministrazione fiscale. Tanto più che per gli agenti della riscossione l’esazione di crediti fiscali da 20 o 25 euro era diventata un’attività in perdita: costava più andarseli a prendere dai contribuenti, che cancellarli. Ora il limite raddoppia e dal primo luglio del 2012 l’Agenzia delle Entrate non procederà più “all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali, qualora l’ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, non superi, per ciascun credito, l’importo di euro 30, con riferimento ad ogni periodo d’imposta”. I furbi, però, stiano attenti. L’abitudine a non pagare mai le tasse di pochi euro sarà da ora in poi sanzionata, perché la franchigia non verrà riconosciuta a chi dovesse violare ripetutamente e per il medesimo tributo gli obblighi di versamento.

Nel decreto dovrebbe essere inserita anche una norma che permetterebbe alle imprese che hanno avuto problemi con il fisco, ma che comunque hanno pagato e stanno pagando le tasse, di rientrare nel giro degli appalti e dei contratti pubblici. Oggi chi ha un debito fiscale accertato e scaduto è tagliato fuori, perché viene considerata una violazione grave e risulta nella certificazione dei carichi pendenti che le imprese devono ottenere per partecipare alle gare. Il decreto stabilisce invece che il fisco possa concedere il suo nulla osta quando quel debito, anche se formalmente scaduto, è stato oggetto di un accordo di rateizzazione e si è in regola con il pagamento delle rate. Una parte del provvedimento riguarda la semplificazione degli obblighi e delle procedure di comunicazione dei cittadini e delle imprese con l’amministrazione delle Finanze. Tra le norme che sono al vaglio dei tecnici ce n’è una, ad esempio, che eliminerebbe l’obbligo di indicare il domicilio fiscale negli atti che vengono portati a conoscenza o che sono indirizzati al fisco, come l’atto di compravendita di una casa. Per le persone fisiche il domicilio fiscale, che determina l’ufficio tributario territorialmente competente, coincide con la residenza anagrafica, ma per le imprese può valere la sede legale, indipendentemente da quella operativa. Si possono creare confusioni, ad esempio nel caso delle procedure di concordato dove è necessario sapere quale ufficio territoriale deve ricevere le istanze dei creditori, che la norma risolverebbe eliminando l’obbligo di indicare questo dato nella consapevolezza che l’informazione è comunque generalmente conosciuta dal fisco.