Berlusconi pronto a staccare la spina a Monti

Si apre uno spiraglio per la salvezza dell’Italia e la cacciata di “dracula” Monti. Il Cavaliere è pronto a mandare a casa il tecnico “sanguisughe” e ad aprire le porte delle urne. La preoccupazione dei sostenitori del Professore è tutta concentrata su quello che è diventato il vero anello debole della maggioranza “strana”: il PdL. E non è stato un bel segnale per il Governo vedere quei 64 astenuti del PdL, nonostante l’ordine ufficiale di votare no, che non se la sono sentita di andare contro la mozione della Lega Nord. Gente di Berlusconi, come Laura Ravetto o Massimo Corsaro, eletti al Nord, che temono la fine rovinosa dell’alleanza con Bossi. “Qua si va a votare – sbotta l’ex ministro Andrea Ronchi – il 90 per cento di noi non ne può più di questo Governo”.

A preoccuparsi stavolta sono anche gli uomini del Pd e del Terzo Polo. Quelli più impegnati nella difesa del governo tecnico. Come Enrico Letta, che in aula è salito ai banchi del PdL per una serrata conversazione a quattr’occhi con un’altra colomba, Franco Frattini. Per questo anche i centristi hanno iniziato a costruire i primi “firewall”, per evitare che il partito dei falchi berlusconiani travolga tutto e trascini l’Italia al voto. “L’atteggiamento del PdL – spiega il segretario Udc Lorenzo Cesa – ci inizia a preoccupare. Dobbiamo stare attenti e aiutarli a reggere, è interesse di tutti che il PdL ora non esploda”. Per questo, rivela Cesa, l’Udc sta dando una mano al segretario Alfano rendendogli meno difficile “raggiungere un accordo con noi alle amministrative. Un’impresa non impossibile visto che in molti posti già governavamo insieme”. È un modo per allentare la pressione, per abbassare la temperatura interna alla maggioranza che sostiene il governo. E far intravedere al PdL una via d’uscita alternativa, oltre l’alleanza sempre più difficile con Bossi.

Nel PdL, come del resto in Italia, ogni giorno che passa cresce il malcontento nei confronti del Governo Monti. E in tanti iniziano a pensare che proprio il decreto sulle liberalizzazioni, avversato dalle categorie che da sempre hanno guardato al centrodestra, possa essere il terreno ideale per far saltare il banco e andare in campagna elettorale. Aldo Brancher, da sempre il pontiere fra Berlusconi e Bossi, lunedì sera era presente alla cena tra i due leader a via Rovani. E pronostica una svolta a breve. “Berlusconi vede che il decreto Monti colpisce da una parte sola. E i nostri, sul territorio, si devono difendere dall’accusa di votare queste misure impossibili insieme al Pd. Ma pian piano la gente sta iniziando a capire che non era colpa di Berlusconi quello che è accaduto. Bisogna aspettare una quindicina di giorni e poi vediamo”.

Quella “quindicina di giorni”, a cui allude il braccio destro del Cavaliere, porta avanti le lancette della politica a una data chiave per il PdL, ovvero la sentenza del processo Mills. Un processo “politico”, secondo l’ex Premier, che ha voluto inviare un segnale preciso andando in Tribunale invece che a Montecitorio.

“E’ chiaro – osserva Maurizio Lupi – che una condanna che arriva ad un giorno dalla prescrizione significa che anche il collegio dei giudici, oltre alla Procura, si è accanito. E per noi sarebbe una sentenza politica con conseguenze politiche. Perché i giudici non vivono sulla luna”. Insomma, il Cavaliere ha davanti due strade: la prima porta alla rottura con Monti e al voto anticipato. Strada piena di rischi, anche per i sondaggi negativi che danno in costante caduta il suo partito. Ma avrebbe la certezza di mantenere in piedi l’asse del Nord con Bossi, sia alle politiche che alle amministrative. La seconda strada conduce invece alla rottura con il Carroccio e al sostegno a Monti fino alla fine della legislatura. Ma Berlusconi vuole garanzie. “Non posso sostenere un esecutivo con chi vuole mandarmi in galera. Serve un disarmo e il primo passo è la sentenza Mills”. Il secondo passo, spiegano dal PdL, è quello che si aspetta il partito Mediaset. L’azienda non vuole scherzi sul beauty contest che dovrebbe assegnare le frequenze digitali. Il ministro Passera per ora l’ha bloccato, ma l’asta non è stata ancora indetta. Ecco, anche la partita delle frequenze, oltre alla sentenza Mills, è in questi giorni sul tavolo del Cavaliere. Che si è preso “una quindicina di giorni” di attesa. Per capire se staccare la spina. Oppure andare avanti, come ieri, con la maggioranza “strana”.

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